mercoledì 27 novembre 2013

Ci sono sempre soldi per...i dischi!



Intervsita a Daria Tomasini
novembre 2013
di Cristiano Pellizzaro


Potrebbe sembrare banale e scontato, ma anche la ricerca di un vecchio vinile richiede conoscenza e altrettanta pazienza. Bisogna sapersi muovere nell’ambiente e tenere sempre gli occhi aperti per evitare di inciampare in falsi d’autore oppure di cadere nei tranelli dalle immancabili volpi del settore.
Daria Tomasini, un’esploratrice esperta nel mondo dei dischi, con invidiabile passione e sacrificio si avventura in tutta Europa per selezionare gioielli vinilici d’autentica fattura, mettendo a disposizione la sua conoscenza anche ai nuovi, giovani e inesperti utenti del mercato.
Insegnante di giorno ed attenta catalogatrice di dischi per passione per il resto della giornata, occupa il tempo libero con il ballo del Tango, ma quando si tratta di partecipare ad una fiera del disco, non se ne fa sfuggire una, mettendo in mostra i suoi gioielli di rara reperibilità.
L’ho incontrata in occasione della prossima Fiera del Disco del 8 dicembre al Palasport di Chiarbola di Trieste, e le ho posto alcune domande riguardanti la sua attività.

Cristiano Pellizzaro: Allora Daria, che cosa significa essere un espositore di dischi alle fiere e offrire un prodotto in vendita?
Daria Tomasini: Prima di tutto dobbiamo chiarire e spiegare che ci sono gli espositori-venditori e gli espositori-collezionisti. Essere un venditore vuol dire comprare dischi da poter rivendere ai visitatori delle fiere. Essere un collezionista, invece, è un discorso ben diverso e complicato che va oltre alla semplice vendita. Si tratta sempre di una ricerca ma di pezzi rari in questo caso, con uno studio legato non solo alla musica, ma anche all’editoria musicale. In quest’ultima situazione si può intendere l’attività semplicemente come scambio, sia in moneta sia in materiali, in altre parole dischi altrettanto rari.

C.P.: Un collezionista va molto più nello specifico allora. Lo possiamo definire quindi un ricercatore archeologico?
D.T.: Non siamo proprio a livello di “preistoria della musica”, ma se consideriamo che per molte band e nomi degli anni ’60-’70 non è facile reperire del materiale, allora direi proprio di sì. E’ sempre più difficile trovare i dischi di quel periodo.
Starei anche attenta ad adoperare il termine compra/vendita in quest’ambito, tornando per un attimo alla domanda precedente, perché è limitante. C’è sempre una ricerca fatta con molta passione alla base dell’operato. Si diventa collezionisti, quando si fa il salto di qualità, iniziando a ricercare i pezzi rari e da collezione. A questo punto si va ben oltre alla semplice passione per la musica.

C.P.: E tu invece? Sei più venditrice o collezionista? Come hai iniziato?
D.T.: Ho cominciato frequentando le fiere di musica come semplice appassionata, ricercando quello che volevo ascoltare. Poi sono diventata una collezionista, tuffandomi nelle ricerche approfondite, e poiché la faccenda mi coinvolgeva, allora ho iniziato a prendere una quantità enorme di materiale da portare alle fiere per scambiare e rivendere. Le cose si sono sviluppate di conseguenza.
La prima fiera alla quale ho partecipato, era quella di Pordenone tanti anni fa, più di 20; avevo un banchetto di un solo metro. Qualche tempo dopo ho aperto un negozio a Udine per quanto mi ero immersa nell’attività. La mia però era un’attività commerciale diversa da un semplice smercio di articoli e titoli. Ricercavo cose anomale, anche su richiesta, e le proponevo ai miei clienti. Si trattava di un negozio specializzato.

C.P.: Il tuo negozio, lo sviluppo della tua passione: Life on Mars. Si trovava a Udine ed era un riferimento in Regione.
D.T.: Eravamo in due soci. Rilevammo un’attività già esistente che non trattava vinili però. Quello precedente al nostro era un negozio di musica non specializzato e noi lo trasformammo in un negozio per collezionisti. E’ stata un’evoluzione avventurosa, a metà degli anni ’90, periodo in cui il mercato del disco iniziava ad entrare in crisi. Però per la proposta dei vinili d’epoca, la gente iniziava ad essere interessata in modo particolare. Il mercato del cd era un discorso diverso invece. Tornando a noi, tutto è filato liscio sino all’avvento di e-Bay. A quel punto il mercato si è globalizzato e la gente poteva reperire autonomamente il materiale che desiderava con maggior facilità. La stessa cosa poi è accaduta con i cd quando si è aperta l’era del digitale: scaricare file era diventato molto semplice e, grazie ad internet, le ricerche avvenivano in tutto il mondo con estrema facilità.
Per questo motivo definisco avventuroso Life on Mars (il nome del mio negozio), perché il periodo in cui abbiamo iniziato questa attività era particolare e riservava delle incognite che si sono rivelate sfavorevoli.

C.P.: Che cosa intendevi poco fa dicendo che per il mercato del cd era diverso?
D.T.: Il mercato della musica è andato in crisi fino ad implodere. I negozi musicali in genere, di vinile e di cd, oggi non esistono quasi più e a quel tempo stavano già scomparendo. Solo i collezionisti cercavano ancora i supporti originali ma la gente comune aveva cominciato a non frequentare più i negozi. Per tenersi informati sulle nuove uscite preferivano scaricare file e si accontentavano di un semplice ascolto al computer senza possedere il disco originale.


C.P.: Dopo il negozio….? Che cosa è successo?
D.T. Ho cominciato a girare nelle fiere specializzate del settore in tutta Italia per cercare io stessa i clienti. Il nome Life on Mars non ha mai cessato di esistere, è rimasto come un simbolo, un’identificazione. Come insegna della mia attività avevo scelto questo titolo da un brano di David Bowie, artista che io venero, per richiamare un determinato tipo di appassionati, mentre per tanti questo nome , “vita su Marte”, stuzzicava una curiosità tale da entrare in negozio o da fermarsi al mio stand per capire il tipo di prodotto offerto.


C.P.: Data la particolarità dell’offerta da te proposta verso i clienti, sia per quanto riguarda le fiere che il negozio, sei orientata verso generi o artisti nello specifico?
D.T.: In negozio trovavi di tutto. Ovviamente i generi che conoscevamo meglio erano presi maggiormente in considerazione. Poi tenendo conto della richiesta del mercato in Regione,  stavamo attenti a quello che la gente ricercava; si faceva il possibile per accontentare tutti, proponendo tutti i generi musicali.
Quando ho iniziato a viaggiare nelle diverse realtà collezionistiche italiane le cose sono cambiate. Bologna, Genova e Milano erano piazze con un pubblico molto più attento ed esigente. Il mio “banchetto” non poteva essere troppo generico. I Genovesi, per esempio, sono maggiormente appassionati di cantautori, i Bolognesi per la new wave e la dance, ecc. Ogni città aveva la sua tradizione musicale. Ho deciso di specializzarmi anche confrontandomi con i miei colleghi. Tutti gli altri espositori erano specializzati in un loro singolo settore e io non potevo essere da meno. Decisi di orientarmi verso quello che conoscevo meglio ovvero indie rock anni ’90 e new wave anni’80. Ritornata qui in Regione, sapendo che mi aspettava un pubblico molto eterogeneo, ho ripreso ad offrire di tutto.


C.P.: Mi hai raccontato di questa tua esperienza in giro nelle diverse piazze italiane, dove richiedevano articoli e generi diversi, invece qui da noi che cosa succede? Che tipo di appassionato troviamo?
D.T.: La nostra regione è poco popolata e questo è il nostro punto debole. Ci sono pochi appassionati di musica e comunque molto eterogenei fra loro, anche se partecipano a tutte le manifestazioni del genere con molto interesse. E’ un po’ dura dal mio punto di vista perché bisogna accontentare tutti e offrire sempre cose nuove e il giro rimane comunque circoscritto, non è facile incontrare nuovi appassionati. Trieste, per esempio ha un bacino d’utenza davvero piccolo ed è anche una zona di confine. Vedi qualche Sloveno alla fiera, ma nulla più. Non ne conosco di collezionisti provenienti da oltre confine; ce ne saranno sicuramente ma non da influenzare il giro di Trieste. Per non parlare degli Austriaci. Quelli proprio non li vedi.

C.P.: Torniamo a te. Guardando il tuo banchetto ad una fiera, ho notato due band in particolare che mi hanno colpito per i pezzi e i prezzi: Queen e Cure.
D.T.: I Queen sono uno dei nomi più collezionati al mondo. Il mio interesse verso di loro è partito in automatico durante la ricerca delle loro cose. Ho avuto la fortuna, poi,  di entrare in possesso di un’intera collezione trovata da un privato. Non capita spesso di incontrare collezionisti che si liberano dei loro tesori. Ma è proprio in casi come questi, quando hai materiale interessante, che attiri al tuo stand altri appassionati dello stesso gruppo che ti offrono degli scambi con titoli altrettanto interessanti e perciò la tua selezione di titoli diventa sempre più importante.
Per i Cure è accaduta la stesa cosa. Ho comprato all’estero tra l’Inghilterra e l’ Olanda dell’ ottimo materiale e con lo stesso criterio ho trovato altri pezzi interessanti. Il gioco è sempre lo stesso: “Mi manca quel pezzo, se me lo recuperi….tac, preso! ..se vuoi in cambio avrei..”
Se hai una bella collezione di un gruppo, proponendo altro e non solo le solite stampe, gli intenditori capiscono che non possiedi quelle cose così per caso, ma che sei un conoscitore del genere e non ti improvvisi venditore di dischi. Questo è quello che cerco di fare da sempre,  offrire pochi prodotti ma di alta qualità.
Anche per la new wave, ho sempre cercato di recuperare quello che penso sia indispensabile da avere in una discografia investendo molte risorse. Alcuni titoli molto richiesti come The Modern Dance dei Pere Ubu, Marquee Moon dei Television, Entertainment! dei Gang of four, oppure Jeopardy dei The Sound non sono più tanto facili da trovare nelle loro stampe originali, e se li trovi, purtroppo non li paghi a buon mercato. Ma li considero buoni investimenti e poi i pezzi rari vanno scovati fuori ad ogni costo, non ti arrivano quasi mai per caso.
Per questo all’inizio di questa intervista ti dicevo che prima di rivendere un disco da parte mia c’è una ricerca collezionistica.
Se vuoi vendere un genere devi avere i pezzi giusti. Un ragazzo o una ragazza che si avvicinassero a questo mondo con la voglia di ampliare la propria discoteca personale con dei pezzi rari magari da me riescono a trovare qualche titolo in stampa originale e, ti assicuro, non è sempre così facile, perché ormai i dischi importanti da possedere sono sempre meno reperibili. Le buone copie stanno scarseggiando e quelle poche che trovi non sono alla portata di tutti.

C.P.: Hai nominato l’Inghilterra e Utrecht come mete dei tuoi viaggi vinilici…
D.T.: Sì, come accennato prima, i dischi non ti capitano per caso, vanno perciò “scovati”. L’Inghilterra è la patria di tutti i “vinilofili” Ho girato molte fiere in quel Paese. Ricordo soprattutto quelle di Brighton e Reding. Ho imparato molto dal mercato inglese, il disco rimane sempre il loro prodotto nazionale per eccellenza. Da noi è il mercato della moda che la fa da padrone, in Inghilterra, invece, negli anni d’oro hanno esportato molta musica e influenzato così molte correnti giovanili..
..mi è capitato lassù di conoscere anche collezionisti privati e di aver visto in vendita titoli da capogiro nelle loro collezioni.. altri livelli!

C.P.: Però anche al tuo banchetto  ho visto cose interessanti.
D.T.: Un pezzo come il primo singolo 7” (45 giri) in acetato dei Sex Pistols, per esempio, non lo trovi ad un banchetto alle fiere. Può capitare, ma è difficile. E’ più facile che sia un privato a venderlo non lo vedi esposto in uno stand.

C.P.: Ti ho portato fuori strada. Utrecht?
D.T.: Sì, è una fiera grandiosa! Tutti i collezionisti d’Europa ci sono stati lì almeno una volta. Trovi stand da tutto il mondo. E’ importante partecipare per capire come si muove il mercato, quali sono le tendenze e quali generi hanno più richiesta.
Non nego, però, che la crisi internazionale ha colpito anche questo mondo. Oltre ai molti venditori con banchi specializzati, ho trovato anche quelli che preferiscono smerciare tanto materiale di scarso valore a poco prezzo non curandosi tanto della qualità dei prodotti. Più quantità e meno qualità, alle volte bisogna stare all’ erta!

C.P.: Oltre la crisi, che cosa ha colpito il mercato?
D.T: In tanti anni di esperienza ne ho viste molte.. Quello che ritengo pericoloso per il mercato è la mancanza di competenza da parte di alcuni standisti, per lo più improvvisati, che ti offrono dei prodotti completamente al di fuori di ogni valutazione possibile o, inversamente, che deprezzano titoli importanti. Per non parlare poi di alcune stampe non ufficiali di titoli molto rari a prezzi ridicoli che circolano nelle mostre..
 Chiunque venga a visitare una fiera in questo modo potrebbe avere la sensazione di essere in un bazar e non in un luogo dove poter approfondire le proprie conoscenze sul settore.

 
 Daria Tomasini e Maurizio Giugovaz (curatore della fiera di Trieste),  all'edizione del 2012.


C.P.: Spiegati meglio con sta storia.
D.T: Sto parlando della professionalità e dei prodotti offerti con una certa competenza che dovrebbero essere una caratteristica fondamentale per distinguere una fiera specializzata del disco  da un bazar.

C.P.: Abbiamo parlato dell’acquisto dei dischi, ma non del loro restauro, perché anche quando un disco viene comprato, non sempre è bello da vedere e tenuto in ordine. Qualche sistemazione bisogna dargliela.
D.T.: Certo, vanno controllati. Per prima cosa, la copertina va pulita e restaurata dove possibile. Il vinile invece va lavato con prodotti speciali o con acqua distillata. Al momento dell’acquisto non sempre si notano dei difetti. Perciò è preferibile ascoltare sempre un disco. Io lo faccio spesso prima di metterne uno in vendita. Di ritorno dalla mia ultima trasferta ad Utrecht ho impiegato due mesi per ascoltare tutto il materiale con attenzione. Durante questi ascolti ho trovato alcuni dischi con difetti di suono e perciò in qualche caso sono stata costretta a non inserire l’articolo nella lista di vendita. Fa parte della mia filosofia di vendita, non mi piace rifilare dei dischi rovinati. Se capita, non l’ho fatto certo con intenzione!

C.P.: E per i prezzi? Come si fa a stabilirli? C’è una borsa del vinile oppure ci si affida alla rete come per esempio eBay o Discogs?
D.T.: Esatto, in rete trovi tutto. Ci sono anche delle guide e riviste specializzate in carta stampata. Ogni nazione ne possiede una. In Inghilterra c’è Record Collectors, in Italia esiste Raro!.  Proprio questa rivista pubblica una guida per la discografia italiana, con una lista molto ben dettagliata con le valutazioni per ogni titolo citato.
Poi ci sono le guide on-line, aggiornate da specialisti. Ma quello che conta di più è l’esperienza.. Ogni venditore dopo tanti anni ormai sa a quanto può rivendere un determinato titolo considerata la richiesta, le mode e la piazza dove  va ad esporre..

C.P.: Quanto influisce sul prezzo di vendita lo stato in cui versa un disco? Chiaro che se un disco è rovinato non lo vai nemmeno a prendere.
D.T.: Quando fai una valutazione, ci sono due voci; una per la copertina e l’altra per il disco. Entrambe influiscono al 50%. Se poi cover e disco sono tenuti male….beh il prezzo scende molto. Tutti noi espositori adoperiamo questi metodi e scale di valutazione. Se vedo al mio banco dei possibili compratori, giovani e nuovi all’ambiente, cerco di spiegare bene queste cose. Perdo tempo volentieri a raccontare le caratteristiche di un disco (edizione, qualità, stato di reperibilità), più professionalmente possibile. Magari l’avventore non mi comprerà nulla in quel momento, ma va via con delle nozioni in più e la volta dopo tornerà da me, ne sono sicura! La gente non è scema, sa riconoscere un venditore serio, modestamente!

C.P.: Il disco più incredibile o più raro che ti è passato per le mani, oppure quello che stai ancora cercando.
D.T.: Anni fa possedevo il primo singolo singolo 7” (45 giri) dei Joy Division, An Ideal for living anche questo  conquistato con uno scambio e qualche soldo vicino. Appena lo vidi, pensai che poteva essere un’ attrazione per i miei visitatori. E’ stato un investimento. Era un pezzo molto ricercato, stampato nel 1978 solo in 1000 pezzi con la copertina apribile a poster. Incredibile. E’ roba per la quale i prezzi schizzano alle stelle alle aste on-line e io lo esponevo al mio banco con orgoglio. Tutti i visitatori che si avvicinavano chiedevano stupiti se era quello originale, così sulla copertina avevo aggiunto un biglietto con scritto “Credete ai vostri occhi!”. Bella storia, ma vista la rarità del pezzo è sparito subito. L’ho scambiato con un altro espositore.
Il concetto del collezionismo è proprio questo: lo scambio. Anche ad Utrecht se vuoi ti puoi presentare con la tua borsa e proporre degli scambi. Ad ogni pezzo corrisponde un valore e ad altrettanti pezzi di pari valore.
È un po’ come giocare con le figurine, ti ricordi? Ce l’ho, manca.. se io ti do questa, tu cosa mi dai?


C.P.: E’ possibile vivere facendo le fiere?
D.T.: Sì, perché no? Se decidi di farlo per mestiere certo che puoi. Significa sacrificio però. Devi essere sempre in viaggio ogni weekend sia in Italia che all’estero.
Ce ne sono tanti che hanno scelto questo tipo di attività.. la vita che ti prospetta da questa scelta è molto “avventurosa”.
Io lo faccio per passione nel tempo libero ed è comunque molto impegnativo. Ma lo faccio con piacere sacrificando alle volte  anche le mie vacanze, se lo vuoi sapere.. perché molti viaggi li dedico alla ricerca dei dischi.
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C.P.: Dove vorresti arrivare con questa tua passione? 
D.T.: La mia è una grande passione che riesco a coltivare nel tempo libero. Sono ormai più di 20 anni che mi dedico al collezionismo musicale. Penso di aver raggiunto un’ esperienza tale da considerarla una vera e propria professione. Cerco di fare sempre del mio meglio aggiornandomi per offrire ai miei clienti collezionisti un servizio adeguato. Spero di riuscire a farlo sempre con lo stesso entusiasmo. L’odore del vinile e del cartone dei dischi , anche se dopo tanti anni potrebbe sembrare nauseabondo, mi attira come Poldo veniva attirato dagli hamburger.. quando comincio a guardare nelle casse a qualche fiera e trovo un titolo interessante la cosa mi rende davvero felice.. penso subito al cliente che potrebbe esserne interessato e alla sua  faccia contenta nel vedersi materializzato l’ultimo pezzo per la sua collezione.. allora lo compro  subito. Lo faccio sì per una questione commerciale, ma principalmente per vedere contento il cliente. Questo è il mio principio di lavoro da quando ho iniziato a frequentare le fiere e i mercati. La soddisfazione di vendere un disco ad un cliente va ben oltre la questione economica. Per me non si tratta, infatti,  di vendere un pezzo di plastica dentro ad una busta di carta colorata. Uno che compra un disco in particolare lo fa con un criterio preciso e la consapevolezza di cosa va cercando. Perché quel disco magari rappresenta un episodio della sua vita al quale è legato.
Vendendogli quel disco è come fargli suscitare dei ricordi, procurargli delle emozioni particolari che ha vissuto ascoltando proprio quello. Una cosa che non si può quantificare, penso.. ed è quello che caratterizza tutti i mercati del collezionismo in genere. I filatelici, numismatici, noi “vinilofili”, quelli che collezionano  libri e fumetti sono feticisti e alle volte ti sembra incredibile che uno possa appassionarsi così ad un oggetto inanimato, ma non è l’oggetto in sé che ha valore.. è quello che rappresenta.
Quindi, se vogliamo vedere il tutto sotto una sfera “romantica”, commerciare in dischi è un po’ come commerciare sogni.
Quando torno dalle fiere immagino sempre dove sono andati a finire i miei dischi venduti: a casa del loro compratore, certo. Dopo una giornata di ricerche si siederà sul divano, accenderà lo stereo, ascolterà i suoi dischi e con una birretta in mano si rilasserà proprio lì, immerso nei suoi ricordi.

Per ogni curiosità potete contattare Daria all’indirizzo: life.on.mars.dischi@gmail.com

sabato 26 ottobre 2013

…e che il Metallo sia sempre con voi!




Intervista a Massimo “Maxx” Barzelatto - Novembre 2013
di Cristiano Pellizzaro

Le immagini, dove indicato, sono state realizzate da Fabia Rosso,
che si ringrazia per il metariale concesso.



Capitoli:
1-Metallo atto I°
2-Scorribande in terre straniere
3-Rock in Rio…Ospo!
4-Le avventure di reporter(M)axx
5-The Rock Brothers
6-Rock On!...e che il Metallo sia sempre con voi!
7-La Rock family
8-Il sogno del corsaro

Speaker radiofonico, reporter, procacciatore di artisti, promoter di eventi, ma prima di tutto globetrotter dei concerti; e non serve essere un polipo per gestire tutte queste sue attività allo stesso tempo. Massimo Barzelatto è un simpatico personaggio con tante cose curiose da raccontare. In primo luogo è un amante della musica in modo estremo, quasi da fanatico, e tutt’ora è un corsaro che solca tutti i mari pur di appagare la sua sete di musica, con l’unica differenza che ad aspettarlo in ogni porto non ci sono donne ma tanti amici conosciuti lungo la strada. Perché Massimo, o meglio “Maxx double X” come si presenta alla gente, è una bomba di energia e simpatia.
Inutile fargli domande, sarebbero superflue, e soprattutto andare a studiare un’intervista ad hoc per scoprire il vero personaggio non darebbe la possibilità a Maxx di descriversi com’è veramente. Quindi ho acceso il microfono è semplicemente gli ho detto …dunque Maxx, presentati tu!

1-Metallo atto I°
Orpo, è davvero difficile da fare, potrei iniziare spiegando il mio nome d’arte ovvero Maxx “double x”, come mi presento agli artisti che incontro in giro per il mondo; la doppia “X” rappresenta l’aspetto Glam e un po’ Poser che c’è in me. Musicalmente, se così possiamo dire, sono nato nel 1981, nel periodo in cui frequentavo la scuola media. Era l’anno del concerto degli Iron Maiden a Gorizia, e in un negozio di dischi in via Udine stavano pubblicizzando l’evento. Non sapevo chi fossero i Maiden. Possedevo sì della musica ma era del tutto diversa da quella che poi mi rapì. Avevo delle ottime cose come Police, Dire Straits e Genesis. Per la mia età ero particolare come gusti musicali rispetto ai miei coetanei.
Oggi è molto più facile avere un po’ di tutto quello che si vorrebbe scoprire, ma nei bellissimi anni ‘80 non era facile trovare le informazioni che si cercavano, e tanto meno lo era per il materiale desiderato. Per non parlare di Heavy Metal, per il quale venivi addirittura tu stesso, ascoltatore, considerato un anticristo; mia madre non ha mai sopportato i poster che appendevo in camera mia, ed era convinta, o meglio sperava, che un giorno questa mia passione sarebbe svanita. Tra le altre cose possedevo anche un poster di Bob Marley, dopo che un mio cugino che era stato in Giamaica.
Ma torniamo a noi, gli Iron Maiden quindi. In questo negozio appena citato avevano esposta la copertina di Killers, realizzata da Derek Riggs, che ritraeva Eddie con l’ascia. Non sapevo nemmeno la pronuncia corretta del nome della band, pronunciavo il loro nome come stavano scritte le lettere. Così io e mio fratello decidemmo di comprare questo disco che non appena messo sul piatto dell’impianto stereo, alle nostre orecchie, ci sembrò inascoltabile. E così fu per i primi dieci tentativi. Poi fortunatamente lo abbiamo ascoltato in modo molto più approfondito, anche leggendo e capendo i testi. A quel punto iniziammo ad apprezzare veramente quel vinile e ce ne siamo innamorati; così mi si è aperto un mondo e ho scoperto Deep Purple, Whitesnake, Europe e tanti altri. Dato il periodo, (i mitici anni ’80!!), mi sono avvicinato a tutta la scena di Los Angeles, quindi Motley Crue, L.A. Guns, Dokken; quante notti io e mio fratello svegli fino all’una a guardare Tele Barbara da un piccolo televisore in bianco e nero. L’emittente che molti si ricorderanno, trasmetteva un programma dal titolo Headbanger’s Ball  che mandava in onda videoclip e trattava tutte le novità del momento, tutte in salsa Hard-Rock (altro che la programmazione odierna di MTV …)
Non soddisfatti, iniziammo ad abbonarci a riviste tedesche come Metal Hammer,e per di più senza conoscere una parola di tedesco; con tanta pazienza ci mettevamo a fare le traduzioni con un vocabolario, parola per parola “…Wer Zum Taufel!”. Impossibile a farcela, ma eravamo comunque aggiornati su tutto quello che accadeva in quell’ambiente a noi nuovo. Di pari passo ordinavamo dischi a cottimo tramite amici o parenti milanesi come mio cugino e mia zia che non appena arrivavano a farci visita ci portavano borse piene di cassette e vinili che spaziavano dai Carnivore, ai Bon Jovi, dagli Assassin, agli Anthrax e ai Testament. Stavamo iniziando ad allargare le nostre vedute dal thrash tedesco all’Hard Rock del Sunset Strip. Tra le band appena citate, I Testament è stata la prima per la quale mi sono iscritto ad un fanclub. Ero addirittura uno dei primi, possiedo ancora la tessera n.67! Poi arrivarono le tessere degli Helloween, dei Queensryche, dei Pink Cream’69 e dei Dream Theater…
Non si può dire che io sia un appassionato di growl. Oggi è una tecnica molto diffusa, ma ai miei tempi non lo era per niente. Anche gli Amaranthe, band svedese super commerciale lo adopera, e oggidì in Svezia, la musica con questo tipo di cantato è considerata allo stesso modo della musica Pop; i ragazzini svedesi già alle elementari ascoltano questi generi qui…[risate]
Se ci penso a quanto oggi sia diffuso il Metal, mi pare addirittura impossibile. I Metallica a Udine che riempiono lo stadio? E chi se lo sarebbe mai aspettato? Anche il mio vicino di casa sarà andato allo stadio Friuli in quella giornata di maggio del 2012. E io i Metallica li ho visti a Padova al Palasport nel settembre del 1988 assieme ad altri 150 spettatori. Me li son goduti a distanza davvero ridotta. Già all’epoca erano un sogno che si realizzava per me, e il giorno successivo andai dal parrucchiere per farmi i capelli lunghi e biondi mentre avevo i capelli corti e scuri! Però alla maturità mi presentai con un tentativo di acconciatura simile a Bobby Ellsworth degli Overkill, quindi con capelli lunghi e improbabili riccioli. Non ti dico cosa mi ha detto la professoressa di italiano.
Eh…belli quegli anni! Li ho rivalutati. Solo il decennio dopo si è portato via tutto, causa anche del Grunge che come genere ho sopportato molto poco anche se dei Pearl Jam e dei Soundgarden, possiedo tutti i loro lavori. Ma per quanto riguarda quello che ascoltavo io, ovvero il Metal, questo genere lo ha rovinato.
Fortunatamente nello stesso periodo però è nato il Prog Metal, quindi Dream Theater, Fates Warning, Symphony X e Queensryche tanto per fare degli esempi, e nel 1995 si è aperta una nuova era per un nuovo genere dove imperversavano i tempi dispari. Proprio così mi sono innamorato della batteria che ho iniziato a studiare. Pensa un po' l'idea mi è venuta abitando in condominio. Chiedevo al mio maestro, che insegnava con gli spartiti di Tullio De Piscopo, di insegnarmi la doppia cassa di Dave Lombardo degli Slayer. Faceva delle facce assurde quando glielo chiedevo. Ma erano cose troppo avanti per quel periodo.


2-Scorribande in terre straniere

Poi ho iniziato ad andare a vedere dei concerti. Chiara e diretta conseguenza di questa mia passione che si andava formando e consolidando. Trasferte, trasferte e ancora trasferte. Una volta per poter assistere a qualche concerto si andava sempre a Milano, dove dormivamo a casa di mio cugino oppure a casa di amici dove ne avevamo se la piazza era diversa da quella lombarda. Se non potevamo avvalerci di alcun appoggio, come Modena dove andavamo per poter assistere al Gods of Metal, allora facevamo i saccopelisti, con cuffie e walkman. Di quel periodo ricordo gli Helloween  con il disco Keeper of the seven keys. Uno di quei capolavori che ho riscoperto di recente dopo tanti anni.
Poi abbiamo iniziato ad intraprendere le trasferte anche fuori dai confini nazionali, e per noi che eravamo ancora studenti e quindi senza soldi, ti puoi immaginare quanto erano difficili. Nel 1987 mi comprai allora la mia prima macchina, un’Autobianchi A112 per andare a Monaco di Baviera a vedere Atomkraft, Angel Steel e Nuclear Assault. Partimmo da Trieste senza biglietti, senza nemmeno conoscere una parola di tedesco, alla ricerca del luogo del concerto: una falegnameria.
In quell’occasione vidi uno stage diving per la prima volta in vita mia.

Durante il viaggio di andata, al confine austriaco, quando il doganiere vide dei giovani capelloni con magliette, jeans attillati e macchina scassata, chiese cosa andassimo a fare in Germania. Saputo che andavamo ad un concerto ci chiese se l’artista fosse forse Madonna, ma noi rispondemmo Nuclear Assault, e lui quasi come se non avesse sentito bene rispose “Was?” Ci fece scendere, aprire il bagagliaio e trovando solo casse di birra e nessuno zaino con vestiti di ricambio, ci face rimanere un po’ con lui a fargli compagnia. Chissà perché…?

Giunti a destinazione nel pomeriggio, fuori dalla falegnameria che avrebbe dovuto ospitare l’evento, chiedemmo informazioni per l’acquisto dei biglietti al primo che passava, nella speranza potesse sapere qualcosa di utile. Ovviamente non sapevamo niente della persona alla quale decidemmo di chiedere informazioni, e si trattava Danny Lilker bassista dei Nuclear Assault, che si sarebbero esibiti nel corso della serata, e più tardi nella sua carriera con gli Anthrax. Ci autografò i jeans e una volta saputo che eravamo italiani scrisse hang the Pope, let’s go to the Vatican (testo dalla loro canzone : “impicchiamo il Papa, andiamo in Vaticano”…). Rientrato a casa, davanti alla curiosità di mia madre per le scritte sui pantaloni, glissai dicendole che siccome eravamo italiani, Lilker ci invidiava perché nel nostro paese avevamo il Papa, in quanto anche lui stesso lo adorava. Dovetti anche gettare la macchina al ritorno da quella trasferta. Già era vecchia decrepita di suo, e dopo quel viaggio aveva il motore completamente fuso. Poco male, era costata solo 600mila lire, (duecentomila lire meno dello stereo e del subwoofer di cui l’avevamo equipaggiata!...)
Con gli anni ’90 si iniziarono a vedere sempre meno concerti. Come detto prima, l’arrivo del Grunge cambiò le cose e gruppi come i Dokken, si adattarono alle regole del commercio che la musica aveva adottato in quel momento. Per un bel po’ avevo temuto che fosse tutto finito.
Per fortuna, anche se ci sono voluti diversi anni, con gli anni 2000 ci sono state un sacco di novità grazie alle quali ho potuto respirare nuovamente, e nel 2006 c’è stata la svolta col concerto dei Kamelot a Oslo, che avevo già visto nel 1999 a Brescia in una parrocchia. L’idea era stata lanciata da Romano, un vecchio amico da anni ora trasferitosi a Milano, tutt’ora collaboratore della rivista Metal Maniac, e ribattezzato Romanowar per la sua passione verso il genere Metal e per la band più “metallona“ (i Manowar) che esista!
Viaggio con volo low cost, destinazione Oslo per poter assistere all’esibizione live che prevedeva una registrazione video completa da commercializzare. Volevamo quindi dare nell’occhio e decidemmo di stampare su delle magliette bianche, le foto che avevamo fatto con la band a Brescia ed agli altri concerti visti negli anni precedenti. Impossibile non individuarci in mezzo ad un esercito di magliette nere. Come se non bastasse, in mezzo alla folla decidemmo di intonare un coretto da stadio inneggiante la nostra provenienza da Trieste. Bingo! La gente si innamora del nostro motto, la videocamera ci inquadra un’infinità di volte e la band vuole conoscerci. Da quel momento è partita la mia amicizia con i Kamelot, un rapporto molto solido che dura ancora oggi, tant’è che il prossimo 21 novembre li faremo suonare proprio qui a Trieste, al Teatro Miela. Dopo tanti anni sono riuscito finalmente ad organizzare un loro spettacolo nella nostra città. Era una promessa che ci eravamo già fatti dieci anni fa: un loro concerto a Trieste!
Poi ci sono i festival, ai quali presenzio assiduamente. Sono alla decima partecipazione al festival di Balingen nella Foresta Nera, in Germania, dove 15000 persone molto socievoli ti fermano per scambiare quattro chiacchiere e fare conoscenza. Non è nemmeno difficile poter assistere ad un concerto dalle prime file. Al contrario di quanto accade qui a noi, dove la gente si attacca alle transenne e non le molla più senza nemmeno sapere chi sta suonando, i tedeschi hanno un concetto di concerto ben diverso dal nostro e sono molto più ordinati.
Poi c’è lo Sweden Rock Festival, che si svolge a giugno. Partito soltanto come Rock Festival con un’impronta basata su sonorità più vintage/Rock anni ’70, negli anni ha svoltato per un orientamento musicale decisamente più Metal. L’organizzazione è ineccepibile, l’atmosfera è fantastica, la mentalità e aperta e socievole. Tutto tipicamente secondo lo “stile svedese”. Se non fosse per il clima, andrei subito a vivere in Svezia. Allo Sweden trovi famiglie intere che partecipano al festival per tutta la sua durata. E tutti cantano i testi a memoria. Altro che noi italiani. Ci vado già da sette anni e lì ho potuto conoscere un sacco di gente e di band. Ho scritto un reportage di 24 pagine, per “Flash”, la rivista metal con la quale collaboro, dando spazio a tutti e cinque i palchi sui quali si svolge la manifestazione, e commentando anche gli spettacoli secondari. In questo festival ho scoperto la nuova California. Ovvero, quello che accadeva negli anni ’80 sul versante Ovest degli Usa, ora accade in Svezia. Grazie a questo evento sono riuscito ad aprirmi una strada per poter accedere ai backstage, fare interviste e conoscere artisti e gente del settore.
Ormai organizzo le mie ferie estive sulla base delle date di questi due festival ai quali cerco di non mancare mai.
Sono stato anche negli Usa, ad Atlanta, al ProgPower Festival.
Ci sarebbero ancora tante cose da raccontare, come quella volta del tour finlandese degli svedesi Seventh Wonder. Ero con loro nello stesso furgoncino che li scorrazzava in giro per le varie date. Era inverno e guidavamo a 15°C sotto lo zero, su strade completamente ghiacciate.
Oppure quella volta a Oslo per ascoltare in anteprima Nine, dei Circus Maximus. Ci hanno ospitati in un teatrino da 9 posti soltanto e adibito appositamente per queste cose, dove le poltrone sono predisposte con il vassoio per riporre le cibarie da un lato e le bibite dall’altro, mentre ascolti la musica ad altissimo volume ma ad una qualità di pulizia del suono davvero sorprendente. Sono passati a Trieste per il tour promozionale di queste nuove tracce lo scorso 24 settembre. Ho ovviamente dato loro una mano ad organizzare il loro mini tour italiano.

3-Rock in Rio…Ospo!
Siccome da cosa nasce cosa, data mia conoscenza ed esperienza, e la necessità dell’Associazione Trieste Is Rock di poter organizzare eventi, è nata la nostra collaborazione, iniziata con il concerto degli L.A. Guns.
Prima di partire con loro però posso vantare un precedente in solitaria se così possiamo chiamarlo. Ti ricordi di Mike Tramp, quello dei White Lion? Novembre 2006, Rock in Rio Ospo? I White Lion, sono un'altra mia passione musicale degli anni ’80; un mito per me. Un danese biondo trasferitosi a New York prima, poi a Los Angeles, che riesce a fare successo.
Nel 2003, sempre io e mio fratello Manuel decidiamo di andare a vedere una delle tappe di Tramp in giro per l’Europa. Scegliamo Monaco di Baviera (approfittando del concomitante baraccone dell’Oktoberfest) dove avrebbe suonato in due serate consecutive. Si trattava del suo tour da solista. Riusciamo ad incontrarlo, a scambiarci le mail e ad entrare in confidenza (potere delle birre!?!?) a tal punto da convincerlo senza troppe chiacchiere a venir a suonare da noi per quell’evento che poi sarebbe divenuto appunto il primo “Rock In Rio Ospo”.
Bell’idea che avevo avuto! Senza aver mai organizzato niente, mi lancia allo sbaraglio per organizzare un concerto. Spesi un sacco di soldi tra pubblicità, poster, permessi e tante altre cose. Avrei potuto spendere molto meno se solo avessi conosciuto il modo giusto per potermi muovere.
Il concerto si sarebbe svolto al Teatro Verdi di Muggia, lo stesso dove ricordavo essersi esibiti solamente i Nirvana il 16 novembre del 1991; tra le altre cose quella storica data fu organizzata da “Johnathan Vanderbilt”, mio vicino di casa e del quale manteniamo l’anonimato.
Penso sia opportuno ricordare a questo punto gli sfoghi dei nostri genitori, disperati per la nostra passione musicale che non vedevano di buon occhio e temevano ci avrebbe portato alla rovina.
Il padre di Johnathan: “Mio figlio, capellone e ascolta la musica del diavolo!”
Mio padre: “Anche i miei figli purtroppo…”
E il padre di Johnathan ancora: “Almeno i tuoi non butteranno via soldi. Il mio compra dischi e spende soldi senza una pausa.”
Nuovamente mio padre: “I miei non sono da meno e vanno anche a vedere concerti in giro per il mondo!”
Il padre di Johnathan disperato: “Purtroppo anche il mio, e pensa che ora si è messo addirittura in testa di organizzare concerti. Ha chiamato una band americana per la quale stiamo spendendo un sacco di soldi. Non  verrà nessuno a vederli”.
E stava parlando dei Nirvana!


Lo stesso timore ce l’avevo ovviamente anch’io. Quanta gente sarebbe venuta a vedere il concerto dei White Lion? Booohhh....? Per fortuna tutto è filato liscio grazie anche agli amici (Marco Liziero Luca BonJovi e il mitico Ragno, su tutti!) che mi hanno dato le dritte giuste per mettere assieme i pezzi del puzzle e tirare su un evento dall’autentico sapore genuino, realizzato da una macchina a gestione familiare che non solo Tramp se ne ricorda tutt’ora ma anche i suoi musicisti ed i presenti a quella mitica serata. Mi arrivano ogni anno, puntuali, gli auguri di Natale da parte loro. Fu un successo quel concerto a Muggia. 480 spettatori paganti che comunque non bastarono per coprire le spese.
Oggidì conosco molti più metodi per evitare le trappole dispendiose in cui son caduto quella volta e che mi hanno fatto spendere abbondantemente. Ma l’evento è stato comunque indimenticabile. Abbiamo addirittura preparato una torta per il compleanno della moglie di Tramp che proprio quel giorno compiva gli anni e le abbiamo suonato Tanti Auguri con il pianoforte spegnendo tutte le luci del ristorante (pasta con l’astice…servizio di prima qualità). Si è potuto vedere il loro lato umano e semplice, anche se sono delle super star. Sono rimasti piacevolmente sorpresi. Solitamente queste persone si trovano davanti al consueto servizio di catering dove al termine di un semplice rinfresco segue sempre la fredda consegna del cachet e tanti saluti. Mike Tramp e la moglie, una bellissima modella indonesiana adorata nel suo paese d’origine, sono trattati come degli dei in oriente, e durante la fase del loro tour in quelle zone dovevano girare scortati, mentre qui come gente comune hanno trovato un’accoglienza da gruppo di amici.
Lo stesso trattamento è stato riservato, recentemente, anche ai membri dei Mr.Big (Eric Martin e Paul Gilbert), nei loro passaggi in città. Li abbiamo fatti stare bene.
Se penso che per i White Lion siano venuti spettatori dall’Ungheria e dalla Toscana, non mi pare possibile. Quella è stata la scintilla che ha acceso la miccia, e mi son messo ad organizzare eventi chiaramente alla mia portata.
I successivi eventi furono Circus Maximus e Seventh Wonder in un locale di Ronchi, dove purtroppo il titolare non offriva più di una pastasciutta e storceva il naso per pagare i musicisti. E’ anche vero che in quelle occasioni non riuscivamo ad andare oltre ai 150 spettatori paganti e questo mi rendeva la vita difficile. Anche perché a mala pena riuscivamo a coprire le spese.
Quella volta le cose si fermarono lì, ma potevo vantare di essere entrato nel giro perché continuando ad andare assiduamente in Scandinavia a vedere concerti e festival organizzati come si deve. Per esempio a Lillehammer in mezzo alla foresta, ero riuscito a prendere i contatti con gli stessi promoter.
Anni dopo, sono entrato a far parte dell’associazione Trieste is Rock, un collettivo adatto per organizzare questo tipo di eventi, non solo perché siamo in tanti e tutti volontari, ma anche perché nel gruppo militano tante persone che sanno come muoversi in diversi ambienti quali Siae, Enpals, burocrazia varia, certificati e contratti.
Nell’organizzare concerti cerchiamo sempre di regalare emozioni sia alle band sia al pubblico dando la possibilità agli spettatori di incontrare i loro idoli. Il Firefest Nottingham, ne è un buon esempio di quello che voglio dire. C’è uno spirito familiare, quasi da comunità. Si cerca di far avvicinare l’artista al pubblico.
Come associazione invece non organizziamo spettacoli secondo il concetto delle grosse società, ma secondo lo spirito svedese che offre uno spazio anche alle band locali per farsi notare. E ce ne sono molte in città.
Creiamo così degli eventi per far conoscere talenti cittadini agli altri cittadini; occasioni in cui gli artisti locali possono vendere i loro lavori o i propri gadget. Per fare questo è nata una sorta di collaborazione con locali e teatri triestini come vetrina, scelti a seconda del tipo di musica e da quanta gente si stima possa partecipare.
Sarebbe davvero bello che molto più pubblico partecipasse alle varie serate per creare un bel gruppo. Non principalmente per avere pubblico pagante che ammetto non guasterebbe perché ci permetterebbe di poter investire e crescere, ma se riuscissimo a centrare il nostro obbiettivo che è quello di portare un bel po’ di persone ai prossimi eventi, beh, in tal caso avremmo tutte le carte in regole per fare numeri davvero grossi nel 2014…non so se mi spiego.
Già così con l’Halloween Party di alcuni giorni fa abbiamo portato in città i mitici HAREM SCAREM, mai passati in Italia in 25 anni!! Che serata!! E il pubblico di oltre confine è molto attento a queste cose; noi lo sappiamo e puntiamo molto su di loro e non solo, perchè oltre agli amici slvoeni e croati, per la serata del 31 ottobre era presente mezzo Friuli, un gruppo di Veronesi, una famiglia siciliana da Pelermo, gente da Mestre, Padova, Firenze e Modena!!!...insomma dovremmo inziare a preoccuparci e cambiare il nostro "monicker"....Trieste non basta più !?!?
Certo è che se le cose funzionassero come nei paesi del Nord, dove esistono degli aiuti governativi, sarebbe molto più semplice fare serate. Mi spiego meglio, per il mini tour dei Circus Maximus che ho organizzato di recente in Italia, la band mi ha chiesto di preparargli una semplice dichiarazione con la quale confermavo di avergli procurato quattro date nel nostro paese. Niente di ufficiale come potrebbe essere un contratto, eppure quella semplice attestazione a loro serve per ottenere dal governo Norvegese un finanziamento (parliamo di migliaia di euro!), in quanto “rappresentanti della Norvegia nel mondo”, hanno la possibilità di ricevere un finanziamento. Quindi attestazione su carta semplice, presentazione al ministero della cultura (una bella ragazza di nemmeno trent’anni), approvazione e lo stato finanzia nel giro di poche settimane. Proprio come da noi.
Con questa cifra la band potrà pagare aerei, pernottamenti, trasferimenti e altre spese. Non sarà tutto coperto con la cifra erogata, ma li aiuterà non poco. Anche perché a loro non ho potuto garantire un ingaggio stabile per le quattro date che gli ho promesso. Sono una band di nicchia e hanno un seguito molto ristretto, quindi si stabilirà di volta in volta il compenso per ogni singola serata sulla base del pubblico pagante.
Inoltre con la trasmissione a Radio City Trieste, di cui parleremo dopo, le cose sono molto più facili da promuovere perché non ci ascoltano solamente in tutta Italia ma abbiamo un nutrito seguito di amici appassionati anche fuori dai confini nazionali. Pensa che per i Kamelot a Trieste il 21 novembre prossimo, ci sono diversi ascoltatori, oramai amici, dalla Germania, dalla Bulgaria e dalla Francia che ci hanno chiesto un aiuto per trovare degli alloggi in città per quanto verranno a vedere il concerto! Lo stesso è accaduto per degli svedesi che ascoltandoci si sono talmente tanto incuriositi di Trieste che dopo svariate ricerche su internet hanno deciso di passare le loro vacanze estive proprio qui da noi. A pensarci bene quasi quasi mi propongo come assessore alla promozione turistica della città di Trieste. A parte gli scherzi, queste sono delle belle soddisfazioni che mi danno un enorme forza per andare avanti.

4-Le avventure di reporter(M)axx
Da questa innata passione per la musica, è nata la mia pluriennale collaborazione con Flash, magazine una volta reperibile in edicola, poi purtroppo causa il fallimento dell’editore, è diventata una rivista solamente web. In Italia non siamo ancora pronti alla diffusione delle notizie esclusivamente via internet; non è una cosa entrata ancora nella nostra cultura.
Tutto è iniziato quasi per gioco con il reportage di un concerto dei Kamelot svoltosi all’estero. Era la prima volta che qualcuno proponeva alla redazione di pubblicare la recensione di un concerto avvenuto fuori dai confini nazionali. Successivamente, sempre per loro abbiamo realizzato in maniera continuativa i reportage di tutti i Festival e dei concerti italiani (e non) a cui assistevo.
Questa nostra collaborazione prosegue tutt’ora a tutto spiano e le cose girano per il verso giusto. Ottengo accrediti, pass e accessi ai backstage per interviste. Ovviamente il tutto senza vedere un soldo…lavoro per la sola gloria. Questa è un'altra nota dolente di come funzionano le cose nel nostro paese; in Germania o Svezia, ci si potrebbe permettere di vivere. Ma la soddisfazione di vedere pubblicate le mie interviste e di conoscere i miei miti da vicino, non hanno prezzo!!
Con il fatto di collaborare con Flash, ho incontrato davvero moltissimi artisti. Altri invece, per un motivo o per l’altro rimarranno sempre un sogno, come Ronnie James Dio, Led Zeppelin e Whitesnake.
Sempre per Flash, grazie alla mia faccia tosta, ho intervistato addirittura Sebastian Bach degli Skid Row nel 2009 in occasione di una sua tournèe solista a Treviso. Per quell’occasione avevo scritto al manager di Bach in modo da poter ottenere un’intervista, ma senza ricevere risposta alcuna. Mi presentai quindi nel locale del concerto nel pomeriggio durante il soundcheck nella speranza di riuscire a scavare qualcosa. Riesco ad avvicinare il manager, che si ricorda vagamente di una mia richiesta ma senza darci troppa importanza. Mi dice allora di ripresentarmi alla sera, prima dell’esibizione ma senza pretendere pass speciali oppure accrediti. Chiaramente non si trattava di una questione di soldi, ma di un traguardo. Riuscire ad avvicinare Bach sarebbe stato per me era un sogno che si realizzava. Così alla sera tornai alla carica e lo stesso personaggio mi invita a ripassare questa volta a fine concerto. Ovviamente non mi feci prendere dallo sconforto dell’ennesimo rinvio e puntuale mi feci vivo. Questa volta la fortuna fu dalla mia parte perché ad aprirmi la porta fu Jarzombek, batterista di Bach in quella occasione e che per pura coincidenza conobbi alcuni mesi prima al festival in Svezia. Jarzombek si ricordava di me e mi fece entrare.
Il manager, che si stava strafogando di cibaria varia, stupito di vedermi ancora una volta mi concesse solamente due domande. A quel punto mi giocavo tutto, non avevo nemmeno idea di quali domande avrei potuto fare e soprattutto temevo che l’ora tarda e la stanchezza di Sebastian Bach non avrebbero giocato a mio favore.
Partii con la prima domanda che mi passava per la testa, ovvero “Levami una curiosità, siamo nati nello stesso anno io e te, mi spieghi come mai siamo così diversi? Qual è il tuo segreto? Come fai a tenerti così in forma?” Ricordo ancora come si alzò in piedi con le braccia verso il cielo e le mani che facevano le corna mentre mi disse sorridendo “It’s Rock ‘n’ Roll!”. Quella sera sfatai il mito che le Rockstar hanno la puzza sotto il naso. Parlammo per un’ora e mezza e feci un’ intervista molto intima. Lui si aprì in modo spontaneo, probabilmente perché capì che ero un suo fan e mi vide emozionato. E a lui faceva piacere.
Anche altri artisti che ho incontrato si sono dimostrati molto alla mano. Nikki Sixx, ad esempio l’ho incontrato in aeroporto. Ha lasciato stare la fidanzata per concedermi due chiacchiere ed un paio di foto assieme a lui. E’ stato molto simpatico.
L’unico che ricordo essersi dimostrato d’avere la puzza sotto il naso è stato Blackie Lawless dei W.A.S.P.. Mi trovavo in Germania ad un concerto dei Kamelot e stavamo nel backstage dove ho conosciuto le loro famiglie intere. Arrivò l’entourage di Lawless e ci mandò via tutti. Stessa cosa accadde allo Sweden Festival, quando lo staff dello stesso artista, nuovamente ci fece sloggiare nonostante fossimo in compagnia di Kai Hansen dei Gammy Ray che avrebbero suonato quella sera stessa. Nonostante fossimo ospiti nel backstage principale, quello dove si trovavano addirittura le piscine, dovevamo andarcene tutti.



5-The Rock Brothers
Nei primi anni’90, conosco Andrea Sivini Mr Rock, sul mio attuale posto di lavoro. Io ero una new entry chiamata per il passaggio delle consegne in quanto lui se ne stava andando e io sarei divenuto il suo sostituto. Ho lavorato al suo fianco per sei mesi prima di salutarlo definitivamente perchè a tempo pieno avrebbe intrapreso la sua brillante carriera decollata nel mondo dei video. Sappiamo benissimo a che livello sia giunta la sua attività professionale.
Chiaramente io e lui non ci siamo persi di vista, perché da questo nostro incontro è nata un’amicizia con una passione in comune. La Musica!
Nel frattempo Andrea Sivini Mr. Rock, assieme ad altri amici, tutti vecchie glorie della radiofonia cittadina, hanno fondato Radio City Trieste, giovane e interessante realtà radiofonica cittadina ad esclusiva diffusione web al sito www.radiocitytrieste.it.
Penso sia dovuto spendere due parole a riguardo di questo team composto anche da nuove leve, alcuni dei quali sono figli degli stessi dj della radio. Trasmettono sempre in diretta con collegamento in webcam, creano eventi presso la loro sede di via dell’Istria, e soprattutto va detto che è una radio indipendente nel senso che non ricevono alcun finanziamento. Nessun sostegno economico da enti o da partiti politici, nessuna pubblicità commerciale. Tutto autofinanziato.
 
E così adesso, tra le varie cose, sono suo ospite nella trasmissione radiofonica Rock On gruppo (www.facebook.com/groups/rockon.radioshow/) abbiamo ormai raggiunto quasi i 1900 amici, potenziali ascoltatori da tutto il mondo. Smettiamo solo quando vediamo che il numero di presenti (e accertarsene con i computer e internet è semplice!!), va in calando…il problema, se così lo possiamo chiamare, è che adesso siamo “sbarcati” al di là dell’Oceano (Brasile, Argentina, Canada, Usa) e mentre da noi è l’una di notte, da loro è appena pomeriggio, per cui non si stancano mai!!
su Radio City Trieste, dove lui è l’anima seria e io invece lo spirito comico. Andrea porta la sua profonda conoscenza della scena rock anni ’70-’80, io quella della scena ’80-’90, con tanti artisti in comune nei nostri gusti musicali. La nostra è una trasmissione che va in onda tutti i martedi dalla durata indefinita (quasi sempre più di quattro ore) che si sta espandendo a macchia d’olio. Nel nostro
Quest’estate abbiamo iniziato pure ad organizzare dei concerti acustici presso il Giardino Marenzi, che sta proprio nel comprensorio della sede della radio stessa. Devo ammettere che non mi aspettavo una riuscita simile! Il prossimo anno faremo cose ancora più grandi!
Son strafelice di far parte dei…Rock Brothers!

6-Rock On!...e che il Metallo sia sempre con voi
Avevo già un passato da speaker radiofonico con Ricky Russo moltissimi anni fa a RadioFragola, dove portavo scatoloni di vinili da fare ascoltare e per farmi conoscere, anche se rispetto ad oggi era praticamente impossibile. La trasmissione si intitolava “Born To Be Wild”. Vent’anni dopo, sempre Ricky Russo mi ha richiamato a fare un’altra trasmissione (seppur molto più breve), la mitica “…E che il metallo sia sempre con voi!” a Radio Capodistria.
Oggi invece a 24 anni di distanza dalla mia prima esperienza, con la trasmissione “Rock On” a Radio City Trieste, le cose sono molto più semplici. Questo anche grazie al mio boss, o socio, Andrea Sivini Mr. Rock. Lui è uno che si dà da fare all’impossibile.
Siamo agli antipodi noi due. Io non so nemmeno accendere un mixer mentre lui è un esperto in fatto di tecnologia. Diciamo che ci dividiamo i compiti; lui porta la conoscenza tecnica e io la mia passione rock maturata anche durante i miei viaggi. Attualmente la mia è una passione nascente quella per la radio.
Siamo partiti dalla scena locale e adesso ci ascoltano in tutto il mondo. E’ accaduto tutto in modo molto veloce, senza quasi rendercene conto. Inutile dire che siamo molto contenti di questo progredire. Chi lo avrebbe mai detto? Effettuiamo collegamenti con gli Usa e la Svezia. Ho addirittura intervistato in diretta i Saxon in occasione della pubblicazione del loro Sacrifice. Non la dimenticherò mai quell’intervista. Sapevo che l’interlocutore che stavamo per intervistare, doveva parlare delle stesse cose per l’ennesima volta nello stesso giorno, quindi ho voluto evitare le domande ovvie e ho iniziato buttandola in scherzo chiedendogli “Come potete pensare di vendere dischi con un nome come Saxon? E cambiare nome? Altrimenti non venderete nemmeno un disco!”. Lo spirito è stato colto immediatamente e aprendosi una birra e facendo un brindisi a distanza ha risposto “Che vuoi…volevamo chiamarci Iron Maiden, ma una band con un nome come questo esiste già.” Poi naturalmente le cose hanno iniziato a prendere una piega seria.
Dato che la trasmissione vanta ascoltatori in tutto il mondo, alterniamo i commenti in italiano e in inglese per permettere a tutti di capire cosa stiamo dicendo, anche se ovviamente cerchiamo di dare più spazio alla musica. E poi c’è il nostro interesse per la scena Rock locale. Quindi eseguiamo le serate live con la diretta radio e web. Ci siamo accorti che di band ce ne sono davvero tante in città e speriamo che la faccenda si evolva ancora di più.

7-La Rock family
Nella mia vita però ci sono anche altre cose alle quali devo dare la precedenza, come il lavoro e la famiglia.
Mia moglie Daniela è una santa perché sopporta me, le mie scorribande all’estero e la mia passione per la musica. Bisogna dire però che anche lei è un’appassionata. Andiamo assieme ai concerti. Mi ha minacciato di divorziare se non fossimo andati assieme al ProgPower Festival ad Atlanta negli States o alla Sweden Rock Cruise (una crociera “Rock” tra i ghiacci della Finlandia). Lei è una fan sfegatata dei Seventh Wonder, si è fatta tatuare il loro logo. A ferragosto, presso la radio, a sorpresa, sono venuti due dei componenti della band. L’idea era di farli venire tutti e farli suonare, ma purtroppo il cantante è attualmente impegnato nel tour con i Kamelot. Comunque è stata una bella festa, e i Seventh Wonder al completo le hanno inviato un video messaggio su Facebook.
E poi c’è mio figlio Andrea che ha dieci anni e suona la chitarra. Nei primi giorni di lezioni, ha chiesto di poter imparare gli assoli degli Scorpions e dei Tesla, ma ovviamente il maestro non ne era a conoscenza, per cui gli ha insegnato qualche semplice riff degli Ac/Dc. Ecco, lui è il mio consulente. Quando finisco la stesura di una recensione, gli faccio ascoltare il disco e gli chiedo un parer in modo da poter assegnare un voto. Lui sarà la bestia della famiglia. A scuola, già così giovane va con magliette Rock e lo zaino dei Kamelot. I suoi compagni lo salutano facendo le corna rock. E pensare che i miei genitori un po’ disperati per questa mia passione erano convinti che un giorno mi sarebbe passata, e invece si sta già preparando la continuazione della saga della BarzeRock Family.
Ti ricordi quando appena iniziata l’intervista ti ho parlato del concerto di Oslo dei Kamelot? Dopo aver stabilito i contatti con loro, gli mandai un semplicissimo video di mio figlio Andrea, all’epoca di appena tre anni, che cantava una loro canzone. Ti puoi immaginare questo bambino che canta a modo suo una canzone metal. E piaciuta talmente tanto la sua performance, che l’hanno inserita nel video ufficiale di “Serenade”, e non solo l’hanno resa reperibile su Youtube ma l’hanno inserita anche tra i bonus extra del dvd registrato nella capitale norvegese di cui ti parlavo. Da qui parte la mia innata passione per i Kamelot, che ripeto si esibiranno a Trieste il prossimo 21 novembre. Sarà il concerto della mia vita!

video di Serenade (Kamelot); oltre all'epertura con il giovane Andrea, a 4'15'' vediamo la banda di "supporte locali". 
Son comunque convinto che tutti i bambini abbiano un’anima “rockettara”, solo che in Italia non viene (o non può??) essere “coltivata”. Anche mia figlia Chiara (che ora ha vent’anni, ed al primo moroso ha fatto conoscere i Gotthard…) a due anni, si sbatteva e faceva l’headbanging sul seggiolone ai ritmi dei brasiliani Angra ed adorava i Sonata Arctica…altro che Zecchino d’Oro!

8-Il sogno del corsaro
Il concerto dei sogni che vorresti organizzare ma impossibile perché una band non si muove più, perché troppo costoso o perché la band/artista non esistono più?
Iron Maiden, ma è una risposta ovvia. Mi piacerebbero molto gli Scorpions, anche se temo che tra qualche anno potrebbero mollare, e ora non ho i mezzi adatti per organizzargli uno spettacolo.
Mi piacerebbero molto i Tesla, una band americana della quale ti racconto un aneddoto. Anni fa ci siamo curati un’infinità di chilometri per andare a vederli in Svizzera a Pratteln, in una location bellissima. Mi presentai come giornalista accreditato per un’intervista, anche se non era vero, e comunque mi accolsero in modo amichevole nonostante ammisi di non avere nessun appuntamento. Oltre a fare l’intervista mi diedero il pass per la serata, gadget di ogni sorta, plettri, bacchette e foto autografate. Come se tutto questo non bastasse, la sera durante il concerto, il cantante ci dedicò un brano presentandolo come “…per i nostri amici italiani che hanno fatto tanta strada per vederci.” Ammetto di aver pianto per la gioia. Ho recuperato addirittura un bootleg che sta girando il mondo, nel quale si sente questa loro dedica. Solo un mese dopo, in Svezia, eravamo presenti alla loro conferenza stampa, regolarmente accreditati. Si trattava di uno di quei incontri alla grande come si vedono alla tv; c’erano i divanetti per le star a disposizione dei cronisti e davanti a loro tutte le sedie sistemate per i giornalisti ammessi all’incontro. Nessuna possibilità di avvicinarli però. C’era un servizio rigoroso di sicurezza, in mezzo a rappresentanti giornalistici di tutto il mondo. Insomma, i Tesla mi hanno riconosciuto e interrompendo la seduta d’incontro mi hanno salutato e chiesto di avvicinarmi a loro per salutarli. Gli altri ospiti mi hanno odiato. Sentivo i loro sguardi fulminarmi.
E’ impegnativo organizzare loro un concerto; hanno un cachet molto altro e in più c’è il costo dell’aereo dagli Stati Uniti. Per ora è troppo difficile, ma un giorno chissà…
Però anche gli Europe mi piacerebbe riuscire a farli suonare a Trieste nonostante siano già passati due volte in regione. A loro devo un gran favore.
Tutti credono che loro siano solamente Carry e The Final countdown, ma non è così. Per rendersene conto basta guardare il dvd Almost Unplugged dove eseguono brani dei Deep Purple, U.F.O., Led Zeppelin, e durante le riprese ufficiali io e mio fratello eravamo presenti.

Ci siamo curati una trasferta a Stoccolma per vederli dal vivo in acustico in quella occasione con una sezione di archi al Teatro Nalen. Tutto esaurito in prevendita e noi ovviamente senza biglietti. Nessuna possibilità di entrare, erano previsti spettatori da tutto il mondo addirittura provenienti con voli charter, ma noi non potevamo rimanere a bocca asciutta. Davanti al botteghino abbiamo istituito un sit-in alla disperata ricerca di qualcuno che avesse un biglietto superfluo da vendere, mentre mio fratello disperato piangeva seduto sul marciapiede. Tutti conoscevano la nostra storia. Alla fine, presi dalla disperazione, dal botteghino ci hanno passato due pass e uno dei due con permesso di fare foto anche se i diritti per le immagini fossero stati già venduti alla tv per la diretta streaming e la ripresa per il dvd ufficiale. Nonostante tutto, nel video si vede mio fratello sul palco che gira come fotoreporter autorizzato. L’unico tra l’altro. Quindi devo loro un favore e voglio farli suonare a Trieste in Piazza Unità. E’ una vera impresa, ma io ce la farò!






Link Utili:



Profilo personale di Maxx


Trasmissione radiofonica “Rock On”

Radio City Trieste

Associazione Trieste is Rock (eventi musicali)

Sito ufficiale della band Kamelot