Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 12 aprile 2022)
Foto di Simone Di Luca
TRIESTE – C’era una volta a Torviscosa, sulla strada statale che conduce a Cervignano, il Bourbon Street, un locale che, all’epoca dei fatti, forse aveva già cambiato nome ed era diventato il Blu Pavone. Sono trascorsi parecchi anni da allora, ma i ricordi di Franco sono ancora ben vivi e nitidi, tanto da permettergli di raccontare di un giovane cantautore, tale Vinicio Capossela.
Seduti al tavolo di un ristorante nei paraggi del teatro Rossetti, il mio amico, arrivato da Ronchi dei Legionari appositamente per il concerto, apre il cassetto dei ricordi, tira fuori questa storia dei primi anni ’90 ed inizia il suo racconto. Bizzarro immaginare il cantautore non ancora famoso che, al pianoforte, suona per meno di un centinaio di spettatori seduti ai tavoli di una sala immersa nel fumo delle sigarette non ancora bandite, in un’atmosfera quasi onirica.
All’epoca le radio già mandavano in onda qualcosa di Capossela, ed è proprio così che Franco l’aveva ascoltato per la prima volta. Ed aveva poi avuto la fortuna di assistere ad uno dei suoi primi concerti regionali, permettendosi anche il lusso di bere qualcosa assieme a lui a fine serata.
Raccontata così potrebbe sembrare la trama di un film, con i due che s'incontrano tanti anni dopo, dandosi appuntamento ad un orario bislacco, inconsueto, All'una e trentacinque circa. Ed è proprio così che è andata, perché questo è il titolo dell’opera prima di Capossela, celebrata a Trieste con questo concerto non per un sentimento di nostalgia ma piuttosto per omaggiare le proprie origini. Un appuntamento rispettato da tutto il pubblico presente a questo bellissimo evento andato in scena al Teatro Rossetti di Trieste ed organizzato da Vigna PR e And Production, in collaborazione con il teatro stesso.
Risicati i riferimenti alle sue opere più recenti. La serata principalmente è ruotata attorno ai primi tre dischi, dando spazio al già citato debutto del 1990, benedetto da Francesco Guccini e per la cui realizzazione erano stati chiamati in causa i migliori musicisti della scena di allora (Bandini, Villotti e Pitzianti, solo per citarne alcuni), oltre al leggendario Antonio Marangolo al sax, e il fido Enrico Lazzarini al contrabbasso, entrambi presenti sul palco triestino assieme a Zeno De Rossi alla batteria e Giancarlo Bianchetti alle chitarre.
Due ore e mezza di spettacolo mozzafiato, filate via senza alcuna pausa, durante le quali Capossela non ha mancato di omaggiare la nostra città che tanto ama, ricordando alcune notti brave spese in locali notturni triestini, e intonando assieme al pubblico alcuni versi della popolare canzone dialettale “Ancora un litro de quel bon”.
Veramente una bella serata. Una rimpatriata tra amici che si sono dati appuntamento All’una e trentacinque circa.
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