sabato 31 marzo 2012

Semplicemente...PASSIONE!! Intervista a Paolo Scamperle

di Cristiano Pellizzaro

www.myspace.com/latanadeigechi


Autunno 1998, mi passa per le mani il noto giornale di annunci della città. Come ogni volta che me lo ritrovo in mano, vado dritto alla pagina degli strumenti musicali oppure a quella dedicata alla vendita di Lp e Cd.
Trovo un annuncio che ricordo ancora: “Vendo bootlegs originali dei Doors”. Ancora oggi mi chiedo perché abbia voluto telefonare. Di rarità non mi sono mai interessato, di collezionismo nemmeno. I Doors erano e sono una delle mie band preferite ma ero convinto che quei bootlegs messi in vendita fossero quei cd che si trovavano nelle stazioni di servizio delle autostrade, negli scaffali di qualche libreria a basso costo, in qualche negozio di dischi che vendeva roba usata oppure edita da etichette mai sentite, la cui qualità delle registrazioni e del materiale lasciava molto desiderare. Ho sempre diffidato di questi materiali. Ero convinto che l’inserzionista fosse un ragazzino oramai nauseato da Jimbo e compagni oppure uno che insoddisfatto de quel tremendo organetto di Manzarek, malediva i compagni di scuola per averlo convinto ad ascoltarli.
Chiamai e inaspettatamente sentii la voce di una persona adulta. Questo particolare mi tranquillizzò e mi incuriosì ulteriormente. Ci mettemmo d’accordo e fissammo un appuntamento una sera dopo lavoro.
Mi presentai e trovai un distinto signore molto socievole e alla mano. Mi fece vedere il materiale in vendita e non credevo a quanto vedevo. Per la prima volta avevo in mano un bootleg originale in vinile. Ne possedeva tantissimi. Dopo tanti anni con questa persona sono ancora in contatto.
Paolo Scamperle potrebbe essere il vicino di casa che conosci da bambino e che non finisce mai di stupirti per le sue conoscenze ed esperienze.
In tutti questi anni Paolo per me è stato un consulente, un compagno di concerti, uno assieme al quale ho condiviso un sacco di materiale musicale per poter colmare la nostra sete di musica. E’ un’enciclopedia da sfogliare e studiare per conoscere a fondo argomenti interessanti da approfondire.

Ho cercato di condensare in un nostro incontro, la sua passione più grande per quanto riguarda la musica, ovvero le registrazioni live amatoriali.
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Ho iniziato con alcune domande banali che si giustificheranno nel corso dell’intervista.

C.P.: Quanti concerti pensi di aver visto in vita tua? Anche un numero anche ipotetico va bene.
P.S.: Non ho ancora stilato l’elenco dei concerti ai quali ho assistito. È da molto tempo che mi sono ripromesso di trasferire la mia memoria fisica ad una virtuale per quanto riguarda tutto quello che ricordo di artisti e concerti che ho visto dal vivo. Non l’ho ancoro fatto. Premetto però che non sono mai stato un pazzoide che andava a vedere tutto quello che gli capita a tiro, ma sono sempre stato molto selettivo. Sono un amante principalmente di Rock e Blues e di….. Patti Smith. Di lei   avrò visto una ventina di esibizioni in varie parti del mondo tra Italia, Slovenia,  Francia e Stati Uniti. Adesso così a freddo, come cifra posso dirti che in totale avrò visto tra cento e duecento esibizioni live,  sicuramente.

C.P.: Il concerto più bello che ti ricordi, quello che porti nel cuore, quello più curioso. Puoi citarne anche più di uno. So che hai visto tanti nomi particolari che sono passati alla storia. Hai assistito ad esibizioni davvero speciali.
P.S.: Uno solo da citare è davvero impossibile. Ce ne sono un paio che mi hanno segnato decisamente e che rammento  perché sono dei pilastri.
Iniziando in ordine cronologico ti dico gli Area per tutte quelle volte che sono venuti a suonare a Trieste. Gli Area hanno significato “crescita musicale”.Crescita, preciso, non nascita. Ricordo molto volentieri e in assoluto Bob Marley a Torino,  una delle due date  in Italia. Marley voleva dire vita, gioia. David Crosby, il sogno americano. Le sue canzoni erano davvero strane, piene di atmosfere particolari, arpeggi sulla chitarra acustica  davvero inusuali. Un sogno veramente. E poi c’è Patti Smith sicuramente. Non sono riuscito a vederla nel 1979 quando venne in Italia ma mi era sempre rimasta nel cuore. Nel  2001 ho avuto occasione di vederla per la prima  ed  è stato  un colpo di fulmine, un flash potentissimo che ha risvegliato in me, dopo tantissimi anni,  il ragazzino degli anni ’70; la sua musica era stata la mia “musica ribelle” dal ‘76 al ’79, gli anni di piombo, gli anni della mia formazione, anni  vissuti intensamente in tutti i sensi. 

C.P.: Avevo pensato a queste due domande per iniziare perché una volta ad un concerto che abbiamo visto assieme, B.B. King a Udine nel 2005, uno dei tuoi amici ti aveva chiesto quanti concerti pensavi di aver visto, e tu avevi detto “forse  200”. Quella volta ricordo che lo avevi detto come cifra ipotetica. So che come amante del rock e del blues hai visto tantissimi giganti. E ogni tanto parlando mi stupisci un po’ per il nome che mi tiri fuori, ma anche per il luogo dove lo hai visto quel determinato artista. Per esempio i Dire Straits a Lubiana. Ora è impensabile per chi non ci sia stato, che a Lubiana negli anni ’80, a quell’epoca girassero nomi di tale importanza. Solamente all’inizio del decennio successivo, quando si sarebbe sfasciata la Repubblica di Yugoslavia sarebbero venute fuori tante altre cose, e comunque ci sarebbe voluto un po’ di tempo.
P.S.: A Lubiana in quegli anni ho visto un sacco di gente importante. Oltre ai Dire Straits, ho visto anche Peter Green e Bo Diddley.

C.P.: Come? Bo Diddley a Lubiana?
P.S.: Sì sì, e a gratis ti dirò. Ci hanno aggiunto pure delle poltroncine perché si erano scordati di metterci via i biglietti. E non c’era più un posto libero.
In quel periodo si sa come andavano le cose da quelle parti. Giravi di notte e non c’era niente, solo poche e fioche luci per le strade. E di cose se ne sono viste lì, magari minori, non da mercato come i Dire Straits ma comunque cose di un certo spessore. Peter Green negli anni ’80 era roba da amanti del genere, Bo Diddley invece era da grandi cultori. Nonostante questo nei teatri c’erano giovani e militari jugoslavi che si muovevano impazziti sulle poltrone al ritmo di Bo Diddley !

C.P.: A Trieste pochissimi sanno del concerto di Klaus Schulze e tu ci sei stato…
P.S.: Ricordi male. Avevamo parlato di questo evento ma io non ci sono stato. Avrei dovuto esserci per accompagnare un amico appassionato del genere ma non ricordo per quale motivo non sono potuto andare con lui. L’ho vissuto però di riflesso chiaramente, sulla base dei racconti di questo mio amico che raccontava di averlo vissuto steso a terra ad ascoltare la musica. Diceva di aver assistito ad un concerto davvero stupefacente.

C.P.: Quanti dischi possiedi ora e quale cifra massima pensi di aver raggiunto?
E’ chiaro che ad un certo punto si fa una scrematura. Vuoi per eliminare cose che non interessano o che non si ascoltano più oppure semplicemente per recuperare spazio.
P.S.: La maggior parte dei vinili sono ancora qui, sono circa 800. Saranno stati oltre il migliaio   nel momento in cui ne ho posseduti di più. Certi nel tempo li ho venduti. La maggior parte dei  bootleg e vinili  particolari, li ho dati via non perché non ne ero interessato ma perché non volevo essere tanto  folle da correrci dietro a livello collezionistico. Dei Doors ero arrivato a possederne più di un centinaio….
L’altra particolarità di miei archivi musicali è che all’inizio degli anni ’80 ho iniziato ad appassionarmi e a collezionare registrazioni dal vivo di tantissimi artisti; principalmente di registrazioni amatoriali dal vivo, all’epoca in cassetta…

C.P.: …ecco, volevo arrivare proprio qui…
P.S.: …per me è stato l’inizio di una passione perchè dai concerti dal vivo hai la possibilità di sentire il vero valore di un artista.
In un lavoro da studio un musicista si esprime con capacità e tecnica  ma aiutato proprio dal fatto che si trova in studio; quello che ne esce è solitamente un prodotto sul quale si è lavorato in modo da  presentarlo al meglio. Durante un concerto dal vivo invece l’artista  è nudo….non può barare.
Quando conosci bene i lavori in studio di uno o più artisti, hai anche il piacere e la curiosità di approfondire il discorso ed entrare nel vivo conoscendoli anche nelle loro esibizioni live perché è allora che sono veri.

C.P.: E come ti sei avvicinato a questo mercato delle registrazioni su cassetta? Oggi si scarica, c’è internet, ci sono le mail ed è più facile rimanere in contatto con la gente e soprattutto i contatti avvengo in tempo reale. All’epoca negli anni ‘80 ci saranno state alcune riviste e fanzine che non erano come quelle che conosciamo oggi, fatte a colori in carta patinata e realizzate da una vera e propria redazione; quella volta venivano fatte da un appassionato nel tempo libero quando poteva e le copie erano realizzate con la fotocopiatrice. Come era possibile avvicinarsi a questi settori?
P.S.: Avevo iniziato tramite altri amici veneti collezionisti che avevano già questa passione. Non sono passato per fanzine o riviste. Tutto funzionava tramite contatti diretti  e passaparola. Ognuno condivideva i suoi contatti in modo da creare una rete. Penso di non aver mai telefonato a nessuno se non una volta sola. Ho sempre avuto una fitta corrispondenza, tutto viaggiava per posta ed i tempi erano lunghi.
Tra questi vari contatti con i quali mi sono scambiato quintali di materiale, c'era Giancarlo Passarella, credo parente del noto calciatore di quegli anni. Era un collezionista, specializzato sui Dire Straits e ne curava pure la fanzine Solid Rock. All’epoca ricercava proprio il concerto di Lubiana e con quella registrazione lì che gli ho inviato abbiamo iniziato a scambiarci un mucchio di materiale, qualcosa come  90 concerti live. Mi ricordo che mi arrivavano valanghe di pacchi con cassette
Da qui partiva la specializzazione per ogni singolo collezionista. Io ricercavo molto Blues, Crosby Still Nash & Young, Jefferson Airplane. Ho ancora tutte queste cassetta. Non ne ho mai gettata nemmeno una. Non le ascolto quasi mai e non ho il tempo di digitalizzarle, purtroppo la qualità decade con il tempo, molte saranno inascoltabili dopo tanti anni.
Registravo anche io però.  Alexis Korner a Udine nel ‘82, John Hammond,  Peter Green e altri personaggi Blues che son passati di qui dalle nostre parti, li ho registrati tutti. Poi ricercavo nastri di Guido Toffoletti e da lì ho conosciuto un sacco di collezionisti veneti. Era una rete molto fitta…

C.P.: Questi nastri di Toffoletti, li cercavi prima o dopo averlo conosciuto?
P.S.: E’ stato quasi subito e per caso. Ascoltavo la musica di Guido dalla fine degli anni ‘70. Lui è stato il padre del blues italiano, anche se il blues italiano io l’ho scoperto con il primo disco di Roberto Ciotti e non era facile al tempo reperire materiale di questo tipo. I rivenditori non lo trattavano. Alla sua uscita, ed eravamo nel 1978,  sentii un pezzo trasmesso di sera alla radio  (mamma Rai) e mi appassionai immediatamente; il disco di Ciotti era già poco distribuito in Italia, ed  a Trieste non sapevano nemmeno chi fosse.. L’ho reperito tramite un rivenditore milanese che ogni settimana passava a Trieste con il suo furgoncino a rifornire i pochi negozi locali di musica “seria”. E’ stato tramite la proprietaria di un piccolo  negozio in via Milano (qualcuno se la ricorderà sicuramente)  che ebbi il contatto e lui riuscì a procurarmelo dopo un mese… su ordinazione. Da lì, ho cercato un po’ di informazioni su svariati canali, anche su libri. Ricordo della pubblicazione in quel periodo del libro Il Blues in Italia .Se eri interessato pagavi tempo e denaro per le informazioni che volevi. Era una professione di fede perché volevi sapere, quindi cercavi le informazioni in qualsiasi modo.

C.P.: Suppongo ci sarà stato anche il rischio di farsi passar qualche bidonata nella ricerca delle informazioni. Bisognava stare attenti.
P.S.: Rispetto ad oggi c’erano tante baggianate che si raccontavano nel mondo del Rock e del Blues. Tantissime leggende metropolitane che giravano anche sui giornali, quindi sui mezzi di informazione proprio. Le riviste dell’epoca che leggevo erano Gong, Muzak,, talvolta Mucchio Selvaggio; ricordo di un articolo apparso su una delle prime due; quale di preciso non so, ma ricordo bene l’argomento trattato: Fascimo e maschilismo nei testi di Lucio Battisti. Ed era anche un articolo serio nel  quale venivano fatte delle serie  considerazioni ed analisi dei testi e delle parole. Alla fine dell’analisi, emergeva una considerazione che mi son sempre chiesto “Sarà vera, Non lo sarà?”, e la ricordo perché mi aveva fatto sorridere quando la lessi.  Si sosteneva che nelle canzoni di Battisti l’uso  della parola “muoio” o “morire” che tra l’altro appariva molto spesso, fosse un modo “pulito” per parlare di  eiaculazioni. Questa era l’interpretazione che veniva attribuita.
Girava anche la voce all’interno della sinistra che Battisti fosse finanziatore di Ordine Nuovo. Non ho mai capito se era vero o meno.  Insomma, di informazioni sulla carta stampata ne viaggiavano molte, il difficile era capire se erano bidonate o meno.  Ad ogni modo anche oggi bisogna stare attenti; internet non è fatto da santi; in rete viaggiano informazioni infinite in tutti i settori e spesso è molto difficile riconoscere quelle fasulle.

C.P.: Quindi collezionismo su cassetta. Materiale rude, grezzo, artigianale…
P.S.: …e illegale, o meglio, come piace definirlo da me, amatoriale. Amatoriale perché il mercato dei bootlegs quando è nato, agli inizi si parlava di vinile, era composto da gente sì organizzata, ma prima di tutto  mossa dal desiderio di condividere tra gli appassionati quello che veniva registrato dal vivo ma anche prove o materiale registrato in studio, scartato o mai pubblicato. Ovvio che costavano quei dischi illegali ma costavano molto meno dei dischi ufficiali. Quindi non so quanti soldi i loro “produttori” potevano ricavarne  realmente. Era una questione di amore verso gli artisti che si è poi trasformata in un giro d’affari. Un business colossale. Alla fine degli anni ‘80 il mercato illegale su vinile era decisamente importante ed oltre a materiale dal vivo o materiale uscito illegalmente dalle sale di incisione, si era arrivati anche a riprodurre perfettamente Lp ufficiali non più in circolazione e ricercati dai collezionisti… 

C.P.: Una volta mi spiegavi che esistevano addirittura delle etichette, dedite o ad un genere o ad un band, che mettano su vinile queste registrazioni e una cosa che mi aveva colpito l’avevo trovata proprio su di un bootleg che mi avevi passato tu, se non sbaglio era quello dei Doors al Matrix. Alla fine dell’ascolto se attendi, senti la registrazione che precedentemente era incisa sul nastro usato per  quel vinile. E queste due cose mi avevano davvero incuriosito.
Un bootleg dei Doors pubblicato dalla Tangie Town Records
P.S.: Sicuramente queste produzioni erano artigianali. Una delle prime etichette, una delle più famose, era la TAKRL (The Amazing Korniphone Record Label) e poi c’era anche la Swingin’ Pig Records, ed in seguito la Tangie Town Records specializzata nei Doors.  Facevano stampare  i vinili nelle stamperie europee, molte anche italiane, che stampavano  i dischi ufficiali. Non è che i realizzatori dei bootlegs possedevano macchine diverse. Andavano proprio dagli stampatori, dai sottoscalisti ai quali le major davano da fare il lavoro più povero, stampare gli Lp. Come acquistare maglioni da chi ha in casa una macchina per  maglieria e lavora  per conto di qualche firma importante.
Il fatto di come siano nate le registrazioni dal vivo e di come sono state tramandate a scopo amatoriale, hanno fatto sì che il loro mercato sia esploso in modo pauroso perché la curiosità degli appassionati era tantissima. Certi bootlegs valgono una bella cifra. Altri invece non valgono follie.

C.P.: Motivo?
P.S.: Tanti sono stati ristampati, altri perché son falsi. Già il bootlegs è un falso…

C.P.: Spiega sta cosa che è interessante. Cosa vuol dire “son falsi”?
P.S.: Il bootleg già di suo potrebbe essere considerato un falso Lp in quanto non ufficiale. Però la prima edizione di un bootleg è il bootleg, altri invece venivano letteralmente rubati da altri. Ovvero altri clandestini duplicavano il bootleg. E speso con qualità più scarsa. Quindi sembrerà assurdo ma sul mercato trovi falsi bootleg, una copia, un falso del falso.

C.P.: Rimaniamo in ambito di bootlegs e parliamo di un titolo in particolare del quale mi avevi raccontato anni fa. I Rolling Stones che suonano con Muddy Waters.
(Paolo ride e quasi a stento riesce a parlare. Conoscendolo prevedevo questa sua reazione…compiaciuta!).
P.S.: E’ una cosa stranissima questo disco! Si tratta di Sweet Home Chicago,  uscito nel 1983 su etichetta Swingin’ Pig Records  registrato, come recitano le note di copertina, al Buddy Guy’s Checkerboard Lounge di Chicago ( locale di proprietà di Buddy Guy) il 22 novembre del 1981.  Nel periodo in cui fu pubblicato, ricevevo un sacco di cataloghi da commercianti di tutta Italia e così mi capitò di incrociarlo. Sul personaggio di Muddy Waters ero molto scafato ma saper che c’era in giro qualcosa di lui assieme ai Rolling Stones, mi sorprese; decisi di prenderlo. Ad ascoltarlo non riuscivo a capire se era vero o se fosse un falso. Jagger e Waters, nella registrazione, non cantavano mai assieme e i loro volumi erano diversi. Molto strano. Dopo due mesi circa, ricevetti la rivista “Il Blues”, storica rivista che continuo a ricevere ininterrottamente dal primo numero uscito del 1982. Proprio in quel numero c’era un articolo di GuidoToffoletti che trattava di questo disco. Lo stesso Toffoletti diceva “…mi è capitato questo disco qui. Non so se è vero oppure no, ma compratelo perché è una follia!”. Detto questo da Toffoletti, che con Keith Richards aveva dei solidi contatti, i miei dubbi ed anche l’interesse verso questo disco erano cresciuti ulteriormente.  Il disco venne così’ archiviato e mi dimenticai della sua storia fino a quando,  ai tempi di internet, cercando altre cose, ho trovano uno spezzone video di quella serata;  non ci credevo ! Ovviamente scaricai subito quello spezzone. Successivamente trovai anche un collezionista che possedeva il filmato integrale che tra l’altro oggi è acquistabile senza troppe difficoltà. Oggi i filmati amatoriali di concerti  dal vivo stanno circolando nuovamente moltissimo. Ne trovi tanti. Mi sono stupito perché li trovi on line anche su Amazon ad esempio o sul sito della Fnac Francese che mette in lista moltissimi titoli bootlegs. Non ho capito come si sia nuovamente sdoganato tutto questo mercato. In maniera molto ufficiale tra l’altro, rispetto un tempo dove facevi le cose in maniera un po’ nascosta fino alla fine degli anni ’80. Addirittura c’era un bootlegs dei Doors, che forse ho passato a te…

C.P.: Stai parlando di Rock Is Dead?...
P.S.: No, no, sto parlando proprio di un concerto pubblicato da un’etichetta italiana molto nota. Forse era La Voce del Padrone. Questa era un’uscita ufficiale messa in listino addirittura da quella stessa etichetta.
In quel periodo di fine anni ‘80, una legge italiana aveva stabilito  che le registrazioni dal vivo di età superiore ai 20 anni erano libera da copyright, quindi ufficialmente uno qualsiasi poteva prendersi una registrazione di venti anni prima, in questo caso di fine anni ’60, e stamparla senza infrangere nessuna legge.

C.P.: Allora era questa la registrazione non autorizzata però ufficiale che avevi venduto ad un’asta; e come mi avevi raccontato ti eri messo lì a guardare la gente che si scannava per averlo.
P.S.: Sì, proprio quello! (e Paolo sorride) Purtroppo il tempo fa brutti scherzi e come ti dicevo non ricordo più il titolo e nemmeno l’etichetta.  Conservo ancora però una raccolta di più di 120 titoli live in cd  della Fabbri Editori che tra il 1993 ed il 1994, collana pubblicata sotto il titolo “I Miti del Rock”;  sono tutti cd di registrazioni dal vivo e tutti  i cd recano il bollino Siae… !


C.P.: Bootlegs però ufficiali. Una volta mi parlavi della fabbrica americana di biscotti della King Biscuits.
(nuovamente se la ride)

P.S.: Quelli non erano bootlegs ma vere e proprie registrazioni ufficiali destinate alla diffusione radiofonica. Iniziò tutto con la King Biscuits Flour Co. , fabbrica americana di biscotti che a partire dal 1941, a fini pubblicitari, sponsorizzava una trasmissione radio di 30 minuti chiamata King Biscuits Hour  dove musicisti blues venivano registrati  in studio e poi le copie su vinile venivano distribuite  alle stazioni radio americane su tutto il territorio americano.   A partire dal 1973 venne creata una trasmissione radio di un’ora denominata King Buiscuits Flower Hour ( flower in onore del flower power..) dove con uno studio mobile venivano registrati veri concerti live poi divulgati via vinile a più di 300 stazioni radio. Parliamo di Springsteen,  Stevie Ray Vaughan, Rolling Stones, Tom Petty…e qualcosa dovrei ancora averlo da qualche parte.
Per tantissimi anni la cosa è andata avanti così.  Da noi queste chicche arrivavano tramite rivenditori, oppure nella nostra zona ad Aviano tramite i militari della base americana.
Ora tutto il catalogo è stato acquistato dalla Wolfang’s Vault  e molte delle registrazioni sono  reperibili on line sul loro sito internet; è una vera miniera di registrazioni live. 

C.P.: Tornado a noi invece, alle registrazioni amatoriali, come sono cambiate le cose?
P.S.: Tutto è cambiato in modo esponenziale. Oggi attraverso una schiera di volenterosi “taper” riesci ad ascoltarti un concerto degli Stones di una settimana prima o anche di uno o due giorni prima a casa tua. Queste esibizioni vengono caricate su siti dedicati e li trovi senza troppe difficoltà. Con lo steso metodo,  gruppi di appassionati fanno circolare tra loro il materiale  dei loro archivi e tutto in maniera rapida ed  economica.
Io agli inizi andavo ai concerti con un registratore a cassette Philips, non il K7 che era piccolino, ma uno molto più decente e con il microfono stereo esterno, poi sono passato ad un walkman Aiwa con microfono semiprofessionale. Oggi è tutto cambiato, dai mini microfoni ai registratori digitali che contengono anche quattro ore di materiale. Poi editi tutto a casa. C’è gente che si è attrezzata molto bene con strumentazioni notevoli. Anche con microfoni che costano più dei registratori. Degli ingegneri sono riusciti addirittura ad inserire dei microfoni nelle montature degli occhiali. Trovi di tutto e con un risultato finale molto ma molto buono, una qualità talvolta stupefacente.

C.P.: Sia oggi, con le registrazioni digitali, che una volta quando si riversavano le registrazioni su vinile, oltre a tener conto della qualità del suono, si provvedeva anche alla divisione delle tracce e aggiustamento dei volumi quando possibile, si è sempre pensato anche all’estetica del lavoro finito, con belle copertine, in certi casi addirittura professionali.
P.S.: Assolutamente!

C.P.: Ti sei sempre occupato di audio, e video invece?
Ci sono anche bootleg video. Non solamente eseguiti da una telecamera ma addirittura da più posizioni. Ci sono persone che si mettono d’accordo e prendono biglietti per zone diverse nel luogo del concerto; riprendono e poi eseguono un montaggio audio e video in modo da fornire dei lavori davvero entusiasmanti.
P.S.: Ci sono davvero tantissimi video di ottima qualità. Un mio amico è appassionato di riprese video di questo tipo. Alcuni ne ho fatti pure io ma è difficile davvero. Ti devi sacrificare, non ti godi lo spettacolo e neppure l’artista. Se ti metti a filmare devi tenere d’occhio l’obbiettivo per la messa a fuoco e l’inquadratura. E’ diverso dall’audio per il quale regoli i volumi, sistemi il microfono  e puoi anche  abbandonare il tutto quasi senza tenerlo d’occhio; ti impegna molto meno del video. Mi piace anche godermi lo spettacolo. E poi un registratore è molto più facile da nascondere e la security di solito non ti intercetta. 

C.P.: Un bootleg, un LP che vorresti avere, che non sei mai riuscito a trovare o chissà per quale motivo hai dovuto rinunciare. Perché costava troppo oppure perché qualcun altro se l’era aggiudicato prima di te. Ad esempio Electric Ladyland di Hendrix. Ricordo che anni fa mi avevi raccontato di essere andato alla prima fiera del disco di Trieste perché cercavi la prima edizione di questo disco; quello apparso per poco tempo sul mercato nel 1968 e ritirato quasi immediatamente perché in copertina ritraeva delle donne nude, prima di venir sostituito con una copertina più sobria.
P.S.: Ce l’ho! Non proprio originale americano ma una seconda edizione inglese che pure quella è apparsa davvero poco sul mercato. Quasi identica comunque. Oggi non rifarei follie.
Rispondendo alla tua domanda ti posso dire che tutti i bootlegs ed Lp che desideravo li ho posseduti. Non me ne sono mai fatto sfuggire uno. Devo essere sincero; sento un po’ la  mancanza dei bootlegs che ho venduto, questo sì, ma sono errori di gioventù. Non sono un collezionista, forse è meglio definirmi un appassionato, e se nel tempo per un motivo o l’altro ho dovuto vendere un  po’ di materiale, oggi sono un po’ pentito,  ma è la storia di molti. Quello che  possiedo ancora è  storia e ogni tanto li guardo, li amo. Magari non avranno un grande valore, alcuni sono regali  di amici o di artisti ed hanno quindi un valore affettivo e poi mi ricordano  un particolare periodo della mia vita.

C.P.: Il tuo rapporto con il collezionismo del materiale inerente di Patti Smith. Hai materiale che è stato adoperato per allestire delle mostre, delle vere esibizioni ufficiali, non serate organizzate dagli amici per gli amici appassionati della cantante. Mostre anche fuori dai confini italiani.
P.S.: Beh, ho raccolto un pò di cose,  ma  in questo caso più che collezionista direi che mi sento un estimatore. Ho molto materiale, diverse cose ufficiali come testi, stampe private, dischi autografati, pubblicazioni particolari. Anche qui ho avuto la possibilità grazie alla tecnologia, di entrare in un collezionismo avanzato di materiale live che mi è costato poco denaro ma sul quale ho dovuto investire molto tempo. E poi mi si sono aperte delle porte che mi hanno permesso di conoscere molta gente nuova.  E’ un’artista che mi affascina parecchio ed oltre al materiale ufficiale in questi ultimi 10 anni ho raccolto nel mio archivio audio  più di 700 registrazioni audio e video di materiale live  che coprono l’intera carriera dal 1971 ad oggi .


C.P.: E poi c’è il tuo rapporto con lei e la sua band. Una cosa che è andata ben oltre al solito rapporto da fan.
Firenze, 10-09-2009;Tom Verlaine, Paolo Scamperle e Patti Smith
Paolo e Lenny a Parigi (gennaio 2011)
P.S.: Diciamo che mi sono intrufolato nel sistema. Il rapporto con la Smith nella realtà non esiste. Lei vive in un suo mondo e non ti riconosce se non sei uno stretto collaboratore. Esserci conosciuti è stata una cosa che è svanita nel tempo, anche se ho avuto la possibilità di starci accanto parecchie volte. Insomma,  una cosa simpatica ed inusuale ma non voglio di più. e  non voglio trasformarlo in un’esaltazione da fan. Nella realtà  voglio dare  rispetto alla  persona. Il rapporto più stretto lo mantengo con  Lenny Kaye, (il suo chitarrista da sempre). Anche se c’è un oceano di mezzo, è un rapporto che prosegue dal  2008 e quando c’era  la possibilità di vederci lo abbiamo fatto e…. continuiamo a farlo. Come ti dicevo io cerco di mantenere un rapporto equilibrato,  rispettando la persona e l’artista.  Mi sono occupato di distribuire tra i collezionisti un po’ di copie firmate del cd  edito da Lenny e contenente la registrazione della prima esibizione dal vivo di Patti Smith con lui alla chitarra, registrazione che risale al 1971…  lo scorso anno a gennaio  ho organizzato un pranzo a Parigi con Lenny  in un locale storico (Le Procope); oltre a mia moglie ho invitato altri quattro amici da Inghilterra, Francia, Italia ed Olanda che conosco da anni e che seguono anche loro il gruppo da molto tempo. Quando ho inviato gli inviti  credevano si trattasse di uno scherzo !
L’ultima volta ho incontrato Lenny  a New York lo scorso dicembre. Pochi sanno che da 14 anni Patti Smith e la band celebrano gli ultimi giorni dell’anno con tre concerti il 29, 30 e 31 dicembre al Bowery Ballroom. Sono concerti per un pubblico ristretto di 400 persone, il 30 dicembre è il compleanno della Smith ed è immancabile la torta con le candeline sul palco. E poi gli spettacoli sono semplicemente strepitosi,; lei li dedica “to my people”, il suo pubblico. Più che spettacoli sono tre serate di vera festa.

Patti Smith festeggia il suo compleanno al Bowery Ballroom di New York (video di jamiemoroni)


Patti Smith al Bowery Ballroom di New York- mezzanotte del 31 dicembre 2011 (video di thehouseofdis)

 Lenny mi ha inviato  una mail di auguri per il mio compleanno (che cade il 31 dicembre) dicendomi che mi aveva visto sotto il palco la sera precedente e mi ha dato appuntamento a 1 gennaio in una chiesa sconsacrata ( St. Mark’s Church) dove da molti anni i migliori poeti alternativi assieme ad altri personaggi alimentano una maratona poetica che inizia il primo pomeriggio e prosegue fino a sera inoltrata. Ci sono i poeti “puri”, poeti che si esprimono con la danza, poeti cantautori. Ne avevo sentito parlare molto nel passato  e mi aveva sempre affascinato l’idea di esserci ma non pensavo mi poteva impressionare così tanto.  Così ci ha invitato nella Backroom, ovvero la sacrestia, che loro adoperano come camerino. Il tutto in un’atmosfera tranquilla, come stare in un bar. Tra i vari personaggi che ho trovato lì dentro, Suzanne Vega, Steve Earle,  John Giorno vecchio poeta americano, uno dei pochi che sono rimasti, e amico di Allen Ginsberg.

John Giorno al Poetry Project New Years Marathon 2012 (video di clairedelune49)

Suzanne Vega al Poetry Project New Years Day Marathon 2012 (video di clairedelune49)

Lenny Kaye al Poetry Project New Years Marathon 2012 (video di Paolo Scamperle)

Patti Smith al Poetry Project New Years Marathon 2012 (video di Paolo Scamperle)


P.C.: Torniamo al materiale delle mostre dedicate a Patti Smith. Racconta dai.
P.S.: Spagna! Un amico Sardo che lavora saltuariamente in Spagna, aveva contattato il museo di Victoria Gasteiz nei Paesi Baschi per affiancare una mostra dedicata a Patti Smith e composta da fotografie e disegni., proponendo di fornire dischi e libri da esporre per completare  l’esposizione dell’artista. Il museo ha accettato la proposta ma solo per quanto riguardava i dischi. Così abbiamo imballato il materiale e lo abbiamo spedito. Poi siamo stati invitati ai tre giorni dedicati a questo evento ma purtroppo io non ho potuto pendervi parte. Il mio amico invece in quei giorni si trovava a Barcellona per lavoro e quindi ha potuto partecipare. Immagina, che ha trovato tutto spesato, vitto ed alloggio con il rammarico dell’organizzazione per la mia assenza. Stanza d’albergo vicina a quella di Patti Smith.   Sarei stato accolto e trattato come uno dell’entourage. Questo è stato il trattamento riservato al mio amico. La Smith e Steven Sebring, regista del film documentario Dream of Life, hanno richiesto la sua presenza durante le uscite a zonzo per i paesi vicini dato che parla lo spagnolo e poi in fondo faceva parte dell’entourage. Ha avuto quindi l’opportunità di instaurare un rapporto “professionale”  rapporto  molto diverso da quello che normalmente si instaura tra un artista e persone sconosciute. In questo caso, al quale non ho potuto prendere parte, sarebbe stato un immenso piacere per me poter passare un po’ di tempo con Patti Smith in maniera diversa, e discorrere magari di certi vinili esposti che  nemmeno lei sapeva esistessero.
Dopo qualche mese la mostra è stata spostata alle Canarie, ed anche lì avevamo l’invito…... Ovviamente  alla fine il nostro prezioso materiale ci è stato restituito.

C.P.: Gli Who cantavano “…i’ve got my Magic Bus…”, una volta mi avevi raccontato che avevi conosciuto un guidatore di Magic Bus.
(Parte la risata contagiosa di Paolo, perché l’argomento è talmente bizzarro e inaspettato per lui in questo incontro. Non è da tutti conoscere personaggi come questi, e anche qui Paolo confermerà il suo spirito rivelando un altro particolare prima di continuare).
P.S.: Guarda, non sapevo nemmeno che il Magic Bus passava qui vicino prima di conoscere sto tipo. Un tipo strano ma molto poetico, che tranquillamente senza vantarsi o chissà che altro mi disse “sì, guidavo i Magic Bus”. Mi disse che partiva sia da Londra che dall’Olanda e si fermava in India Se non sbaglio il percorso toccava anche le nostre terre. Mi son chiesto molte volte se esistesse davvero, questo Magic Bus, io non l’ho mai visto passare. E’ una di quelle cose che sembrano leggende metropolitane.  Mah chissà.

C.P.: Torniamo alla domanda originaria. Gli Who cantavano “…i’ve got my Magic Bus…”. il tuo Magic Bus? Un sogno che vorresti realizzare. Hai avuto tante esperienze, tante soddisfazioni. Per il collezionismo hai racimolato contatti in tutto il mondo, ma qualcosa che vorresti in particolare?
P.S.: Certe cose che mi sono accadute in questi ultimi anni, non avrei mai pensato potessero accadere, quindi mi sento molto soddisfatto. Non me le aspettato davvero. Mai avrei immaginato si potessero realizzare. Ad essere sincero un sogno ce l’avrei  ma sono sicuro che non si realizzerà mai ed è quello di riuscire a suonare come dico io  la mia chitarra elettrica.
A livello un po’ più poetico invece, e questo sogno è del tutto irrealizzabile, mi piacerebbe poter ancora passeggiare con il mio amico Guido Toffoletti. Discorrendo un po’ di blues e di vita.
 Non siamo riusciti a frequentarci tantissimo,  ci siamo per lo più sentiti telefonicamente e questo accadeva spesso. Era un personaggio strano ma io lo sentivo una persona vera, e lo dico con molto piacere perché per quelle volte che siamo riusciti a vederci, è stato davvero speciale. Avrei ancora tante cose da chiedergli.

Settembre 2009 Ntwk n°138.jpg
C.P.: Vedi, avrei voluto evitare il discorso di Toffoletti perché poteva sembra che questa intervista doveva essere incentrata sulla vostra amicizia, ma lo hai tirato in ballo tu stesso e a me fa molto piacere. E’ stata una cosa spontanea. Ne avevo già parlato nell’autunno del 2009 su Ntwk a proposito del decennale della scomparsa e in tale occasione oltre ad aver parlato con te, avevo contattato Mike Sponza, un musicista di Toffoletti e Giò Alajmo (giornalista veneto molto noto nell’ambito).
Per chiudere, rendendo omaggio a Guido allora, racconteresti qualcosa di lui? Che ne so, un aneddoto. A me viene in mente di quella volta che ti aveva invitato ad andare con lui a Monaco a vedere i Rolling Stones, in quanto era stato invitato dallo stesso Keith Richards, che Toffoletti conosceva bene…
Paolo e Guido Toffoletti a Trieste nel 1999
Keith Richards e Guido Toffoletti
P.S.: A me viene in mente, più che un aneddoto, una cosa molto forte tra me e lui, accaduta l’ultima volta che ci siamo visti, poco tempo prima che ci lasciasse per sempre. Era circa mezzanotte e stavamo passeggiando da soli sulla sabbia dell’Ippodromo di Montebello, dopo una sua esibizione ed una lauta pizza. Parlavamo dei suoi impegni musicali ed io ingenuamente mi lamentavo del mio impegno lavorativo che non mi lasciava tempo da dedicare alla musica. Si fece serio ed espresse tutta la sua invidia per me che avevo una vita regolare e che alla sera tornando a casa avevo una moglie ed una figlia che mi aspettavano. Rimasi ammutolito.  Non rinnegava la sua scelta di vita ma sentiva di aver rinunciato a qualcosa di importante ed a caro prezzo. Guido  era così, una persona di grande semplicità ed umanità, e questo lo rende indimenticabile. Questo suo lato lo scoprivi anche quando suonava. Ai suoi concerti accadeva pure che chiamasse amici o colleghi a suonare se erano presenti ed una sera di molti anni fa a Trieste mi chiamò a tradimento sul palco…  è lo spirito del blues, perché il blues è anche questo.

Per qualsiasi curiosità a riguardo degli argomenti trattati, potete contattare Paolo al seguente indirizzo:
paolo58@tin.it



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