di Cristiano Pellizzaro
www.myspace.com/latanadeigechi
I° - "Il pellegrinaggio al cimitero di Perè Lachaise"
E’
estate, fa caldo, ci si spoglia ma qui nelle capitale francese un po’ di brezza
aiuta a non sentire troppo il sole anche se al termine del dì la pelle
calda e arrossata che necessita di essere idratata la senti. Siamo ai primi di
luglio, le giornate sono
belle, si respira bene e bisognerebbe andare al mare. Questi giorni però
dalle spiagge per me saranno lontani. L’unico specchio d’acqua che vedrò sarà
quello della Senna.
Ancora
non mi sono reso conto di dove sono. Forse perché oramai l’età sta contribuendo
a far passare il tempo in fretta, forse perché tra una scocciatura e l’altra
questo week end è arrivato
senza rendermene conto, ma non realizzo quanto sarà speciale, memorabile e soprattutto invidiabile per chi non ci
sarà.
Potevo mancare all quarantesimo anniversario della morte di Jim Morrison con Manzarek e Krieger che suoneranno assieme? Proprio no!
Potevo mancare all quarantesimo anniversario della morte di Jim Morrison con Manzarek e Krieger che suoneranno assieme? Proprio no!
Mi
sembra ieri, quella serata di luglio di dieci anni fa a Genova. Vidi Manzarek
per la prima e unica volta. Tre anni prima Krieger e Densmore per una disfatta
incredibile.
Nel
1981 alla musica non ci pensavo proprio e nel 1991 appena conoscevo i nomi dei
quattro Doors. Era proprio nell’agosto di quell’anno, mentre me ne stavo seduto
sull’autobus n. 34 in
Largo Barriera, in attesa che partisse dal capolinea, vidi in una vetrina
posteriore di un’edicola un
numero di Rockerilla che in copertina riportava tra i nomi trattati quel mese
proprio quello dei Doors. Ovviamente scesi e lo comprai. Probabilmente era
stato il primo articolo che leggevo su di loro, e l’ultima copia che avevano
disponibile.
Da
qualche parte la conservo ancora.
Dunque
viaggiavo per la musica per l’ennesima volta. Questa volta in Francia e per
qualcosa che va bel oltre ad un semplice concerto.
Era da
marzo che tenevo d’occhio le date del tour di Manzarek & Krieger. Per la
terza volta da dieci anni a questa parte, da quando hanno ripreso a suonare
assieme, si presentano al pubblico con un nome diverso. Nel 2002, con il nome The
Doors 21th Century. Ma Densmore che non aveva voluto prendere parte al
progetto, non va giù il fatto che adoperino il
mitico nome marchio di fabbrica. Cambiano nome in Riders on the Storm
e lo mantengono per quattro anni. Ora sono semplicemente Ray Manzarek &
Robby Krieger of the Doors. La data parigina è stata tra le ultime ad apparire nel calendario ufficiale del tour
2011 e per forza di cose il 3 luglio avrebbero dovuto suonare a Parigi. Nulla
di più ghiotto quindi anche perché la settimana dopo, per la prima volta il duo
farà tappa in Italia e passerà vicino a casa mia.
Non
appena la data di Parigi è stata confermata, mi sono dato da fare per il
biglietto d’ingresso che sarebbe stato messo in vendita su di un circuito
esclusivamente francese. Poco male però perchè con un due mail sono riuscito a
scovare il nome del sito, “et voilà!”, in una settimana il biglietto era a casa
mia. Curioso da vedere però perché il tagliando che mi era stato spedito era
stampato su di un foglio A4 in bianco e nero. Non si trattava di un voucher,
riportava il mio nome e specificava che avrei dovuto presentarmi con un
documento d’identità.
Ero
gasato ogni giorno di più! Anche perché a
poco più di un mese dal concerto, il sito delle vendite riportava la
scritta “sold out!”
Non
appena messo piede fuori dall’albergo al mattino del mio arrivo, voglio andare
a fare visita alla tomba al cimitero del Père
Lachaise. Già
così è la tomba più visitata del cimitero e l’itinerario parigino trovato sul
sito di Rainer Moddemann consiglia di andarci molto presto se si
vuole evitare la ressa dei visitatori. Per non parlare di domani, quando ci
sarà l’anniversario.
Quindi
metropolitana, linea blu e stazione omonima del campo sacro. In superficie noto
un muraglione vecchio con un accesso e i capitelli di alcune tombe. Ci siamo
quindi. Anche se non c’è folla che si dirige verso l’accesso, non è difficile
notare chi sta andando lì proprio per visitare la tomba.
Un’edicola vende
mappe del cimitero e magliette di Jim Morrison. Compro una piantina e inizio il
mio pellegrinaggio. Entro, seguo le indicazioni sulla mappa ma soprattutto
tengo d’occhio se scorso le indicazioni della retta via incise su
qualche tomba. E così è. Ecco fatto, questa salita dovrebbe portare proprio lì.
Ora sta tutto nel buttare l’occhio, scorgerla e scovare i pellegrini . Ma mi
facilità di più notare le transenne che impediscono alla gente di starci sopra.
In quarant’anni questa tomba è stata vittima di furti e deturpazione di ogni
genere.
VIDEO
La tomba di Jim Morrison
Il famoso busto bianco che ritraeva Morrison, dono di un fan jugoslavo alla vigilia del decennale della morte, era andato a sostituire delle misere conchiglie e un piccolo cippo riportante il nome del defunto. Questo busto oltre ad essere stato dipinto da qualche fan che non capisco cosa aveva tanto da colorare, era stato prima mutilato del naso e poi rubato da qualcuno. Sono stati gli eredi Morrison, a spese loro a fornire quell’orribile blocco di granito con targa di bronzo che oggi tutti abbiamo visto. La gestione del cimitero nel corso degli anni ha dovuto adottare diverse misure di sicurezza per evitare bivacchi anche di giornate intere, spazzatura lasciata in ogni luogo nei pressi della tomba e oggetti portati in dono che ammassati sembravano una discarica. Due telecamere attive giorno e notte, di cui una installata in uno dei faretti del lampioncino a pochi metri dalla tomba, sono collegate con l’ufficio del custode.
VIDEO
La tomba di Jim Morrison
Il famoso busto bianco che ritraeva Morrison, dono di un fan jugoslavo alla vigilia del decennale della morte, era andato a sostituire delle misere conchiglie e un piccolo cippo riportante il nome del defunto. Questo busto oltre ad essere stato dipinto da qualche fan che non capisco cosa aveva tanto da colorare, era stato prima mutilato del naso e poi rubato da qualcuno. Sono stati gli eredi Morrison, a spese loro a fornire quell’orribile blocco di granito con targa di bronzo che oggi tutti abbiamo visto. La gestione del cimitero nel corso degli anni ha dovuto adottare diverse misure di sicurezza per evitare bivacchi anche di giornate intere, spazzatura lasciata in ogni luogo nei pressi della tomba e oggetti portati in dono che ammassati sembravano una discarica. Due telecamere attive giorno e notte, di cui una installata in uno dei faretti del lampioncino a pochi metri dalla tomba, sono collegate con l’ufficio del custode.
Tutto
sommato non mi sembra tanto difficile da raggiungere questa tomba. Dunque ci sono, sono giunto alla meta. Già un po’ di persone stanno ad ammirarla.
Addirittura i viaggi organizzati includono questo sepolcro nella visita al
campo sacro. Le comitive giungono sino in prossimità, si fermano e le guide
iniziano a spiegare la storia della “rockstar Jim Morrison” e citano Jimi Hendrix e Janis Joplin
ovviamente. Poi, finita la spiegazione raggiungono la lapide e ammirano…per
alcuni si tratta addirittura di un emerito sconosciuto. Ma tanto il tour
comprende anche questo; è compreso nel prezzo. Ma chi sarà mai?...boh?! I loro
pensieri li intuisci guardando le loro facce.
Mi fermo
un po’, osservo, penso a svariate cose, provo una sensazione del tutto normale
come stare ad osservare un qualsiasi monumento.
La
gente continua ad arrivare, e fa come me. Chi si ferma più tempo, chi due foto
e scappa via. Sono quasi impassibile davanti a quel blocco di pietra freddo e
inguardabile.
Mi
chiedo per quale motivo gli eredi del patrimonio Morrison non spediscano
quattro soldi a qualcuno in Francia per prendersi cura di questa tomba. Con
tutti i soldi che sto morto, vero o falso che sia, gli fa guadagnare. E non
saranno neppure pochi soldini. E pensare che il padre ha sempre sostenuto che
l’affermazione del figlio a riguardo della morte della sua famiglia, era stata
fatta solamente per non coinvolgerli in quello che sarebbe stato il tifone del successo
Doors. Ma il giovane James era un tipo indomabile. Nessuno poteva e doveva
comandarlo e ricevere il diniego e la disapprovazione dal padre ufficiale della
marina statunitense, probabilmente ufficiale anche in ambito familiare, per
quelle che erano le sue ambizioni artistico/cinematografico/musicali, era una
cosa intollerabile per questo giovane ragazzo con un carattere simile che
viveva negli stati uniti degli anni ’60.
Dunque
oggi la tomba fa schifo. E’ misera e se confrontata con altre di nomi noti
sepolti al Père
Lachaise qualche secolo prima, è davvero deprimente.
A dire
il vero non appena mi sono intrufolato tra le tombe, dopo aver intuito dove si
trovava il Santo Sepolcro, un certo effetto mi ha fatto; sarà
stato per suggestione, sarà stato perché finalmente mi ritrovavo davanti quella
meta tanto rincorsa per diversi anni durante l’adolescenza e poi voluta
raggiungere solamente in questa occasione dell’anniversario. Fatto sta che ora
a ripensarci mi sembra di trovarmi davanti ad un monumento che fino al giorno
prima lo avevi immaginato,visto alla tv oppure sui libri. C’è un’atmosfera
strana. Non di quelle come se ci fosse una “certa presenza”, ma proprio di come
se…non mi vengono le parole giuste.
La gente presente parla, ma lo fa
sottovoce come è giusto che sia in un cimitero. Mi fermo un po’, scatto qualche
foto, guardo le persone attorno a me mi immagino come sarà stato questo
luogo nei vari anniversari passati, sia della nascita che della morte e mi
tornano in mente le immagini finali a colori del filmato The Doors in Europe,
con dei Doors ancora giovani al 3 luglio del 1981, in occasione del
decennale quando arrivarono sulla tomba e incontrarono i fans. Domani la scena
si ripeterà. Ci saranno solamente Robby e Ray, e non mi capiterà mai più un’occasione simile.
Non
trovo motivo di rimanere ancora qui; faccio un giro nel cimitero. Voglio vedere
anche le tombe di altri
personaggi illustri. Lo sto girando in lungo e in largo, non ho difficoltà ad
orientarmi e a trovare gli altri personaggi che mi interessano e non mi sembra
di metterci troppo tempo. Trovo Oscar Wilde e mi chiedo per quale motivo il
luogo del suo eterno riposo sia pieno di scritte che la lordano e
nessuna protezione come la tomba di
Morrison; trovo Rossini, Marie Trintignant e Modigliani. Non trovo la lapide in
memoria di Maria Callas, ma trovo Edith Piaf e assisto ad un gruppo di
appassionati che le dedicano una loro versione di Le vie en rose,
conclusa con una clamorosa stonatura degna di fuga di gatti randagi. Povera
Piaf.
Mi metto
alla ricerca di Chopin. Lo trovo ma
non riesco a vedere Petrucciani nonostante sia vicino al pianista polacco;
pazienza.
E’
tardi, scendo verso l’entrata e ritorno per un passaggio veloce nuovamente
sulla tomba di Morrison. Qualcuno mi ferma per chiedermi se forse so dove si
trovi la meta del rock.
Mentre
vado verso l’uscita tengo d’occhio i personaggi che incrocio sui viottoli e
diretti in direzione opposta alla mia. Quasi tutti vanno proprio lì. E io ci
tornerò domani.
La
prossima tappa dopo una birra e una crèpe consumate
fuori da un bar davanti l’accesso alla metrò, sarà Rue de Beautreillis
17, luogo dell’ufficiale decesso in vasca da bagno.
Metrò
linea viola e si scende a piazza della Bastiglia.
Quattro passi ed eccoci arrivati dopo aver passato davanti a locali, rivendite
vini e alimentari frequentati da Morrison e segnalati sulla guida parigina di
Rainer. Sul portone, un cartello scritto
in francese e inglese avverte i possibili curiosi che quella casa è proprietà
privata, quindi l’accesso non è permesso. Tutto normale per vedere un avviso così affisso sulla porta
di un condominio in centro città. Ma un motivo in più questa volta ci sta
tutto. Ovviamente i curiosi e fanatici del rock qui davanti ne verranno a
migliaia ogni anno, e questa tappa è addirittura inclusa nei tour cittadini in
bici organizzati per piccole comitive di turisti e che tanto vanno di moda oggi
nella grandi città; passano di qui e si fermano su indicazione della guida che
spiega il motivo della fermata davanti ad un portone anonimo con un numero
sfigato in una stretta e poco soleggiata via a senso unico che sbocca nei
pressi della Senna.
Qui però inizio ad a capire un po’ il significato di questo anniversario. Poco prima dell’arrivo di una comitiva di turisti-ciclisti, giunge una coppia di mezza età. L’uomo indossa una maglia nera con alcune immagini di Jim Morrison stampate sia davanti che sul retro. Si fa immortalare innanzi al portone dopo aver scattato alcune panoramiche del palazzo sulla via.
Ma
quanto può aver significato indossare un indumento con la faccia o lo stemma di
una band? Io ancora lo faccio ma il significato è diverso perché oggidì indosso
le maglie dei concerti che sono andato a vedere. Ne possiedo moltissime che posso usare e
altrettante sono messe in archivio sotto naftalina perché troppo vecchie e
troppo logorate dal tempo e dai troppo lavaggi; sbiadite, sgualcite, consumata
la stoffa che quasi ci vedi oltre come il tessuto di un fazzoletto comperato
sulle bancarelle al mercatino per quattro spiccioli che dopo averci soffiato
una volta lo getti. Quindi mi sono scordato di cosa vuol dire indossare un
indumento di questo tipo, come uno indossa la maglia della sua squadra
preferita. L’indumento significa far sapere agli altri la propria
appartenenza. Questo significato mi invadeva il cuore e il sangue a quindici
anni quando la prima maglietta che mi presi era proprio una di Jim Morrison. La
possiedo ancora. E’ addirittura bucata dai troppi lavaggi. L’ultima volta che
l’ho indossata è stato il 3 luglio del 2009 al concerto dei Jethro Tull. Tutte
le maglie dei Doors che possiedo sono troppo vecchie e sbiadite per indossarle
ancora. Quindi ho perso la via di quella mia ricerca, di quella voglia di
appartenenza ad un gruppo. Ma qualcuno ben più vecchio di me non si da per vinto
e ha ragione. E il giorno dopo ne avrò la riprova.
La
giornata vola via, vado di corsa a vedere Notre Dame e passo sotto la torre
Eiffel. Percorro il prato che si estende verso la città e poi risalgo l’altro
versante oltre la Senna. Sul ponte osservo i giocatori d’azzardo con il gioco
delle tre carte. Cercano di trovare il pollo di turno aiutati da altri complici
che a puntante di 50,100 o più euro fanno finta di interessarsi al gioco per
invogliare i passanti a farsi fregare. Mi fermo, osservo e dopo una o due
manches mi offrono di giocare. Dico di no e al secondo invito me ne vado per
evitare di farli insistere. Hanno un palo che per loro tiene d’occhio l’arrivo
della polizia e in tal caso con un colpo gettano a terra il tavolo da gioco
composto da alcuni cartoni e appoggiandosi al parapetto del ponte fanno finta
di chiacchierare.
Inizia
a fare tardi e ho fame. Vado quindi a Montmartre. Sulla collina c’è la chiesa
del Sacre Coeur. Per arrivarci senza fatica devo prendere la funicolare. Prima
di salirci, un ragazzo che aveva chiaramente capito io fossi un turista
straniero, mi avvicina e mi propone della droga. Dall’alto della collina il
panorama è davvero bello. C’è il tramonto e ci sono i parigini che s’incontrano
per consumare una bottiglia di vino stando seduti sulle aiuole. Stessa cosa
vista sotto la torre Eiffel e negli altri parchi. Probabilmente è una loro
piacevole usanza per ritrovarsi assieme. Dietro alla chiesa la piazzetta del
rione; cerco un localino tranquillo con tavoli all’aperto per cenare. Vicino a
me quattro ragazzi spagnoli hanno da poco finito di mangiare. Mi chiedono di
potergli scattare una foto. Pagano e se ne vanno.
In
questi momenti di relax perdi la cognizione del tempo e nonostante non sia
troppo tardi, finita la cena decido di tornare in albergo. Scendo dunque per il
colle di Montmartre mangiando una crépe e
passando per il quartiere di Pigalle.
Giunto
all’hotel voglio però andare a vedere l’entrata del Bataclan.
Purtroppo nulla è ancora pronto per l’evento della sera successiva. Al momento
è in corso una serata musicale anni ’80-’90.
Nonostante
i ricordi di quegli anni tornino sempre in mente molto volentieri, domani sera
sarà di certo meglio. Quindi vado a dormire.
II° - "Get together one more time"
Le clebrazioni al cimitero
Domenica 3 luglio. Ci siamo, oggi sono quarant’anni che Jim Morrison ha terminato il suo cammino terreno. Devo fare in fretta, devo andare al cimitero.
Doccia
e colazione con pochi liquidi per evitare che nel momento propizio la vescica
tiri scherzi; in questi momenti, quando non deve, sa essere un’acerrima nemica che
non perdona.
Prima
di dirigermi verso il Pere Laschaise passo nuovamente davanti al Bataclan
situato a due passi dall’albergo. C’è un furgone bianco fermo davanti
all’entrata e degli addetti stanno scaricando l’attrezzatura. Su di una cassa
vedo la scritta Tom Vitorino, manager dei Doors. Vi avvicino alla
porta e guardo dentro. Vedo solo addetti ai lavori.
Prendo
una bottiglia d’acqua, una confezione di biscotti e via in metropolitana.
La
prossima fermata è la mia, scendo e torno in superficie. Il numero di persone
che camminano verso l’entrata del cimitero è decisamente superiore a quella del
giorno prima. Accelero il passo. Entro dall’entrata principale e rifaccio la
strada del giorno prima. La ricordo senza esitare un attimo.
Saranno
state le 9.30 di mattino se non ricordo male. Sono un po’ tardi rispetto a
quanto avevo preventivato. Sul vialetto in prossimità di un accesso secondario,
a forse 100 metri
dalla tomba, sento dietro di me l’avvicinarsi di alcuni automezzi. Il rumore
dei pneumatici sul selciato consumato è inconfondibile. Mi volto e in
lontananza vedo una Twingo bianca del servizio di sicurezza del cimitero che
avanza lentamente con le quattro frecce accese. Dietro, un furgone grigio e uno
nero. Quello grigio ha i vetri oscurati. Indovina un po’ chi potrebbe stare
seduto lì dentro la domenica mattina del 3 luglio 2011? Accelero ulteriormente
il passo e mentre cammino veloce ogni tanto giro la testa per vedere quanto si
sono avvicinati. Mi si affiancano ma dentro chiaramente non vedo nessuno. Mi
sorpassano e inizio a correre.
Oramai
sono arrivato alla salita e non manca molto alla meta. La carovana procede
dritta e non da segno di fermarsi. O non sono loro, ma lo dubito, oppure si
fermeranno in un luogo più comodo per parcheggiare gli automezzi.
Arrivo
allora sulla tomba, di gente non è che ce ne sia molta e la situazione è
vivibile. Rispetto al giorno prima ci sono alcune guardie che tengono d’occhio
gli eventuali esagitati. Dove potrei mettermi? Chiaramente decido di appostarmi
sulla transenna davanti alla tomba. Questo sarà il mio posto. Quando
arriveranno me li godrò da qui. Ma quando arriveranno? Non sono sicuro fossero
loro nei furgoni. Ad ogni modo ho messo in programma di stare qui anche tutto
il dì. Non ci sarà scampo.
Forse
due minuti saranno trascorsi da quando son giunto io che d’improvviso la
gente tace. Quel bisbigliare che prima riempiva il mattino caldo, ora lascia
spazio soltanto al rumore di chi muoverà i piedi per terra per camminare. Tutti
girano la testa. Un gorillone a capo della comitiva chiede di fare attenzione e
fare spazio. Eccoli! Manzarek e Krieger! Li intravedo tra gli uomini del
servizio di sicurezza. Faccio partire la registrazione del filmato dalla
fotocamera. Il servizio di sicurezza si schiera tra me e le transenne, formando
un corridoio per i due Doors che mi passano vicino. Un brivido mi corre su per
la schiena. Non ci credo, sono qui in questo momento storico che non si
ripeterà mai più! Siamo in pochi per ora e io sono qui, così vicino a questi
due che la storia l’hanno scritta, l’hanno vissuta e l’hanno vista cambiare. Se
solamente lo volessi, potrei toccarli senza nemmeno stendere del tutto il
braccio. Siamo talmente tanto vicini che li sento respirare tra il silenzio
della gente. Sento il profumo del loro dopo barba. E non può essere che il loro
perché non appena passano, quel profumo non lo sento più. La mia scelta
di mettermi davanti la tomba, appoggiato alle transenne si dimostra essere
stata assai infelice. Prima ci pensano i bodyguard, poi i vari fotografi e
infine i soliti che tra una spinta e l’altra cercano di guadagnare i primi
posti. Se solamente avessi deciso di mettermi a lato, dove il giorno prima due
ragazze stavo sedute in adorazione, me la sarei goduta senza l’intralcio di
nessuno. E da li oltre ad aver la visuale libera, Krieger stringeva mani e
regalava bastoncini d’incenso. Ma dove sono vedo lo stesso molto bene. Tra i
vari presenti riconosco Dave Brock, il cantante e dalle foto che scatterò vedo
che in quel momento c’erano Tom Vitorino (manager), Phil Chen (il bassista) e
gli altri personaggi dello staff che poi si vedranno sul palco la sera.
La
visita alla tomba dura in totale meno di dieci minuti. Passate le transenne
stazioneranno li attorno per porre alcuni bastoncini di incenso e farsi scattare
alcune foto.
La loro
visita verrà filmata e proiettata la sera durante l’esecuzione del concerto.
Proprio
davanti a me, un negro spilungone con treccine rasta di quelle fine mi rende a
momenti difficile poter vedere; la sera, assieme ad un altro della security,
sarà uno dei protagonisti sul palco infuocato del Bataclan.
Tutto
avviene nel più totale silenzio. Si sentono solamente gli scatti delle macchine
fotografiche e i bisbigli della gente che commenta. Le voci dei vari saluti “Hey, Ray…”, “Hi,
Robby” di quando hanno fatto la loro comparsa i due, ora sono sparite
del tutto.
Ray si
siede sulla tomba accanto a quella di Morrison e prepara gli incensi mentre
Robby sembra molto più sciolto e socievole. Sembra quasi impossibile ma la gente ora è
aumentata in numero esponenziale. La calca è notevole.
VIDEO
Ray Manzarek e Robby Krieger sulla tomba di Jim Morrison, 03/07/2011 (a video by testerpen)
VIDEO
Ray Manzarek e Robby Krieger sulla tomba di Jim Morrison, 03/07/2011 (a video by testerpen)
La loro visita è quasi finita. Dopo aver acceso gli incensi e averli posti sul blocco freddo di granito, guardano la gente sorridendo e alzando le braccia tenendo le dita a “V” mettendosi in posa. Parte un applauso e qualche grido. Mi accorgo che non è partita la registrazione del filmato e tra un imprecazione e l’altra velocemente cambio impostazione della fotocamera e scatto una manciata di istantanee. Pochi scatti per il pubblico, e i due salutano abbandonando la scena tra gli applausi. Passano tra le due tombe dietro, per arrivare sul selciato e dirigersi verso le macchine. Non me li voglio perdere, quindi corro, salto oltre a delle lapidi, faccio dribbling tra altri spettatori e anticipo il piccolo corteo. Mi posiziono davanti a loro mentre stanno salendo. Il filmatino questa volta parte. Li seguirò fino alla loro partenza. I bodyguard non hanno molto da fare. La gente è tranquilla e composta. Qualcuno si posiziona d’improvviso davanti ai due per cercare di ottenere una stretta di mano. Qualcun altro si lascia andare in ringraziamenti del tipo “thank you for the Doors!”, oppure “thank you Ray…”.
Saliti
sul furgoncino, solamente Robby darà soddisfazione ai fan del cimitero che
riusciranno a rubare un paio di autografi. Ray snobberà tutti facendo finta di
non vedere.
Questione
di carattere? Vita da star? Essere snob? Tutto sommato hanno pure i loro anni. Sono stanchi di avere la
gente che gli alita sul collo per foto ricordo e autografi. E poi se si fossero
messi ad accontentare tutti non se ne sarebbero più andati via e per il resto
della giornata, per quanto lunga ancora fosse, li attendevano il suond check e
sicuramente un incontro con i giornalisti. Quindi c’è tensione. Questa non è
soltanto la loro prima data europea ma il concerto dell’anniversario.
Quell’anniversario che non si ripeterà mai più. Quell’anniversario che per la
prima volta ne vede due di loro assieme. E dovranno fare bella figura. Sembrerà
assurdo dirlo ma sono obbligati a non sfigurare. Questo concerto mai c’è stato
e mai più ci sarà!
I
pulmini partono e la gente li saluta. Non credo ancora a dove sono e a cosa ho
preso parte. Ci sono persone di tutte le età e da diverse parti del mondo qui
oggi e stasera saremo ancora di più.
VIDEO
Ray Manzarek e Robby Krieger al cimitero di Perè Lachaise 03/07/2011
Ray Manzarek e Robby Krieger-Parigi, Perè Lachaise 03/07/2011 (a video by testerpen) (maglia gialla e occhiali da sole: a 3’14” circa appaio fuori del finestrino a fianco di Manzarek!)
VIDEO
Ray Manzarek e Robby Krieger al cimitero di Perè Lachaise 03/07/2011
Ray Manzarek e Robby Krieger-Parigi, Perè Lachaise 03/07/2011 (a video by testerpen) (maglia gialla e occhiali da sole: a 3’14” circa appaio fuori del finestrino a fianco di Manzarek!)
Le
vetture scompaiono presto nella discesa del viottolo sotto l’ombra degli
alberi. A guardarmi intorno mi sembra di stare in mezzo ad una piazzetta di
gente cotta in testa dal sole. Tutti a seguire con lo sguardo le vetture e a
salutarli. Chi parla, chi guarda le foto scattare oppure i filmati, ma tutti
abbiamo lo stesso sguardo da fessi cazzoni rimbambiti come se avessimo ricevuto
un possente colpo in testa con una mazza. Increduli di quanto
vissuto, questo è un altro tassello del
puzzle che si compone; sto iniziando a capire cosa vuol dire “credere”. Sto
iniziando a capire il senso di questo evento.
Chi prima e chi dopo, dopo esserci ripresi, ritorniamo da Jimmy. La gente è notevolmente aumentata, Molti sono arrivati in questo momento e non credono al fatto che i Doors siano appena stati li e loro se li sono persi. Davvero numerosi adesso gli addetti al servizio di sicurezza del cimitero per garantire non solo l’integrità della tomba di Morrison, ma anche per far sì che nessun altra divenga luogo di bivacco o indecorosamente adoperata come palco fotografico.
Attorno
alla tomba c’è un continuo via vai di gente di tutte le età. Siamo immersi in
un mare di magliette doorsiane di tutti i tipi. Dà
l’impressione di stare ad un ritrovo di amici, ad una rimpatriata.
Prendo
posto nuovamente su di una transenna. Dietro a me un ragazzo sottovoce canta People
are Strange e End of the night. La gente è sempre più
numerosa. Tra tutti i volti vedo la coppia di mezza età che il giorno prima
avevo visto in Rue de Beautreillis 17. Io li guardo, loro mi riconoscono; il
tipo porta la stessa maglietta. Non ci salutiamo ma gli sguardi che facciamo
incrociare sono dei chiari messaggi amichevoli.
Un
giornalista francese gira nei paraggi della tomba e raccoglie informazioni e
pareri della gente. Ruba con l’occhio e riporta appunti sul suo taccuino. Sta vicino a me,
si volta, mi vede e osserva la mia maglietta gialla con la scritta Australia.
Abbassa lo sguardo e riporta qualcosa tra i suoi appunti.
Il
giornalista francese, che parla un buon italiano, raccoglie alcune informazioni
da un gruppo di ragazzi di Treviso. Ascolto la loro conversazione. Vannjijoe
parla per gli altri e finita la breve intervista, il giornalista stesso ammette
d’essere ignorante dell’argomenti Doors; è presente sulla tomba solamente per
richiesta della redazione per raccoglie pareri, testimonianze e capire da dove
arriva la gente, e accennando a me con la penna dice “…ad esempio Australia...”.
I trevigiani sono in otto e attirano l’attenzione in quanto hanno tutti la stessa maglietta. Si sono regalati un week end a Parigi proprio per questo evento e uno di loro ha deciso di fare a tutti gli altri in bel regalo: una maglia personalizzata proprio per questo evento. Erano una vera squadra. Diverse persone chiedevano loro di poterli fotografare. Li invidio; loro sono tanti, tutti con la stessa passione e sono venuti fin qui per questo evento, mentre io giro il mondo in solitaria.
Scambio
due parole con loro. Ci presentiamo e facciamo conoscenza sul vialetto dietro
al santo sepolcro. Oltre a Vannijoe c’è Max, batterista degli OJM e
proprietario della GoDown Records e Fabietto cantante dei Shaman’s Blues, una
Doors cover band della quale ho già sentito parlare ma non ricordo bene in
quale circostanza.
Sto
quasi per lasciare il cimitero mentre loro si concedono una pausa per andare a
bere qualcosa. All’invito degli altri Fabio declina e dice “no, non
vengo. E’ troppo bello qui”. E in effetti aveva ragione. Si era
venuta a creare un’atmosfera particolare. Peccato che io abbia scelto di andare
a fare un giro verso altri luoghi. Nel primo pomeriggio la gente cantava
proprio lì attorno. Alcuni filmati postati su youtube lo testimoniano e per
quanto siano solamente filmati, l’energia si riesce a coglierla comunque.
VIDEO
Parigi, 03/07/2011- canti e danze al cimitero di Perè Lachaise (a video by DitaDoll79)
Parigi, 03/07/2011-lettura di poesie al cimitero di Perè Lachaise (a video by mhjmmh)
Parigi, 03/07/2011-canti al cimtero di Perè Lachiase (a video by mystery2202)
Parigi, 03/7/2011-canti al cimitero di Perè Lachaise (a video by anitalanemonik)
Parigi, 03/07/2011-canti al cimitero di Perè Lachaise (a video by mhjmmh)
VIDEO
Parigi, 03/07/2011- canti e danze al cimitero di Perè Lachaise (a video by DitaDoll79)
Parigi, 03/07/2011-lettura di poesie al cimitero di Perè Lachaise (a video by mhjmmh)
Parigi, 03/07/2011-canti al cimtero di Perè Lachiase (a video by mystery2202)
Parigi, 03/7/2011-canti al cimitero di Perè Lachaise (a video by anitalanemonik)
Parigi, 03/07/2011-canti al cimitero di Perè Lachaise (a video by mhjmmh)
Come
dicevo, avevo deciso di fare una giro veloce per vedere altri posti
dell’itinerario di Rainer Moddemann, quindi il luogo dove una volta sorgeva il
Circus, ovvero un malfamato locale frequentato da Morrison e dove si dice possa
essere morto effettivamente. L’albergo dove morì Oscar Wilde e dove Jim e
Pamela avevano soggiornato per un breve periodo in un alloggio al primo piano;
e grazie al cielo che era il primo piano perché sembra che proprio qui, durante
una lite tra i due, Jim sia volato giù da una finestra per finire sopra il
cofano di un auto. Rialzatosi andò al bar a bere come nulla fosse accaduto.
Quindi
altre tappe storiche, ma il tempo è contato; voglio essere tra i primi ad entrare
nel teatro.
Alle
16.30 torno indietro per lasciare lo zaino in albergo e già noto un po’ di
movimento all’entrata del Bataclan. Saranno solo in sei ma il fatto che già ci
sia qualcuno è davvero una situazione “pericolosa”. Non per nulla l’albergo
l’ho cercato nelle vicinanze della sala da concerto, così vado, lascio lo zaino
e dopo un quarto d’ora sono nuovamente davanti all’entrata. Ora ci sono venti
persone. Va bene lo stesso perchè sarò tra i primi.
III° - "Ladies and gentlemen, from Los Angeles
California..."
Cronaca completa del concerto al Bataclan
Ora
bisogna solo avere pazienza. Fino alle 19 non apriranno. L’attesa sarà lunga ma
passerà.
Piano
piano la fila dietro a me aumenta, si forma un cordone umano che sarà un vero
peccato non poter osservare da fuori per vedere fino a dove si prolunga. Al
loro arrivo gli addetti alla sicurezza sistemano delle transenne in modo da
rendere la fila più ordinata e l’atmosfera inizia a fasi palpabile.
Tra le
persone che vedo passare per mettersi in coda e che si fermano ad osservare la
situazione, scorgo il gruppo di Treviso e i ragazzi spagnoli della sera prima a
Montmartre.
Il
marciapiede è affollato e colorato dell’immenso stuolo di maglie doorsiane che
lo invade. Immagino che vista da fuori della coda d’entrata, questa situazione
sia da film americano; tutta questa gente ordinatamente in fila fin sotto la
porta della sala da concerto che riporta sul cartellone l’evento della serata
composto con lettere incastonate sull’insegna luminosa.
Peccato
che non ho indossato nessuna della mie maglie. Gente di tutte le età, da un
ragazzino di otto anni a signori di sessanta; ci sono varietà di magliette per
tutti i gusti e di tutti i tipi. Maglie mai viste fino ad oggi. Pochissime che
si ripetono. Alcune le ho già viste, altre sono simili tra loro ma non
identiche. Solo io ne possiedo otto se ricordo bene. Tutte diverse e soprattutto
nessuna delle mie la rivedo tra quelle che ci sono oggi. Se solamente una di
quelle l’avessi indossata, sarei stato orgoglioso di sfoggiarla; sarei stato
l’unico con quella maglia, sarei stato un esemplare.
Ci
siamo, le porte si aprono, quindi biglietto e documento alla mano. Sì
perché il biglietto A4 stampato in bianco e nero era un’”esclusiva” di chi lo
comprava dall’estero, e una volta arrivato all’entrata, se il lettore del
codice a barre non autentificava il biglietto dovevi esibire il documento per
verificare i dati dell’intestatario sul tagliando d’ingresso.
In poco
tempo sono dentro. Primissime file. Tra me e il palco solamente una persona.
Il
Bataclan si presenta come un teatro a pianta circolare con platea, una prima
galleria rialzata di alcuni gradini e una seconda galleria accessibile da scale
apposite. Mi ricorda molto il nostro teatro Rossetti. Un pavimento in tavole
nude rende ancor più suggestivo il luogo. Sul palco già ben esposta la tastiera
di Manzarek, una Vox Continental.
Non ci
vuole molto a riempirsi; in platea non solamente giovani temerari ma anche
cinquantenni curiosi e forse impreparati alla bolgia della serata. Qualcuno ne
uscirà mal concio.
Osservo
ogni piccolo particolare. Siamo pronti. Ulteriore attesa, la più estenuante ora
che il tempo sta per scadere. Le luci si spengono alle ore 20 circa ma è un
falso allarme. Il palco viene occupato da un cantautore folk. Ecco di chi era
quella chitarra acustica appoggiata su supporto al centro del palco vicino al
microfono. E io che temevo sarebbe stato lo strumento di Dave Brock. E sua era
pure la scaletta attaccata con lo scotch sulla cassa spia vicino all’asta del
microfono; tutti l’abbiamo fotografata allungando la mano e perplessi
guardavamo poi l’immagine dal monitor perché non capivamo cosa centrasse. Il
cantore termina il suo set, saluta e se ne va.
Ultimi
preparativi e la tensione sale. I roadies sistemano le scalette della serata,
passano i cavi, portano bottiglie d’acqua e asciugamani. Phil Chen gira sul
palco e porta in vista il suo basso. Il tecnico video prende posto dietro al
suo Mac alle spalle della postazione di Manzarek e prova il video proiettore;
il fonico del palco tutto dall’altra parte del collega dei video è impegnato
con la consolle. Ovviamente la disposizione dei musicisti sarà quella classica
a cui siamo abituati nel vedere i filmati d’epoca. Il manager Tom Vitorino gira
nervosamente sul palco per gli ultimi preparativi mentre i due bodyguard
studiano la disposizione del pubblico a ridosso del palco non protetto questa
volta dalle transenne e dal corridoio di sicurezza che abitualmente attenua
l’urto della massa e permette interventi di soccorso e di sicurezza. Poi
prendono la loro posizione ai lati della batteria.
E’
questione di attimi; i francesi sono famosi per essere più svizzeri degli
svizzeri in fatto di precisione con gli orari ma stavolta, anche per il fatto
della spalla che ha suonato prima, siamo ben oltre all’orario di inizio. Quindi
da un momento all’altro…e
la tensione sale!
Le luci
si spengono d’improvviso come ad ogni concerto e la gente grida, applaude e
acclama mentre dal banco del mixer è partita The Wheel of Fortune-O
Fortuna dei Carmina Burana per aprire la serata come di consueto. Si
mette in funzione il proiettore che lancia sul telo bianco alle spalle della
batteria, una curiosa immagine: il ritratto in bianco e nero in primo piano di
un Cristo sofferente creato con un gioco di composizione di immagini di
personaggi e scene della Via Crucis.
Si
intravedono dei movimenti dalla tenda del back stage alla sinistra del palco.
Si vede la luce dei camerini e gente che
si muove.
Delle
sagome al buio entrano in scena. I flash delle fotocamere non si sprecano e il
teatro crolla tra gli applausi e le grida del pubblico. I musicisti prendono
posto mentre l’annuncio “Ladies and gentlemen, from Los Angeles
California, Ray Manzarek and Robby Krieger of the Doooooooooooors!” lancia
ovviamente l’inizio della riunione con Roadhouse blues e le luci si
accendono. La platea diventa una bolgia tra urla, canti a squarcia gola, salti
e pogo sedato dalla presenza nelle prime file di gente non più adatta agli
spazi per scalmanati.
VIDEO
Ladies and gentlemen, from Los Angeles California...
(L'apertura del concerto e Roadhouse blues, Live at Bataclan 03/07/2011)
VIDEO
Ladies and gentlemen, from Los Angeles California...
(L'apertura del concerto e Roadhouse blues, Live at Bataclan 03/07/2011)
Dave
Brock comanda il palco a dovere; proprio lui e meglio non ci poteva essere
perché estrapolato da una storica tribute band, i Wild Child, della quale ne
era il frontman per svariati anni.
Qualcuno se lo ricorderà ad un suo passaggio televisivo nel 1992 al Maurizio Costanzo nel pieno periodo del
ritorno Doors dopo il film di Oliver Stone. I Wild Child in quegli anni
passarono in Europa un paio di volte per dei tour. Ricordo alcuni servizi su
riviste e vidi quella puntata della trasmissione serale; Brock rimase seduto
tutto il tempo senza venir interpellato fino al momento di dover rispondere al
alcune brevi domande per poi esibirsi in una Back Door Man in playback versione
studio. Il tizio che avrebbe dovuto suonare le testiere, un biondo cappellone
baffuto, di stile vichingo, si sedette al pianoforte di Bracardi.
Alla
fine mi risultò tutto molto patetico.
La
corsa prosegue con l’inconfondibile groove di Break on through
seguito dall’intro di organo. Proprio quel brano che nei primi giorni del
gennaio del 1967 annunciava la band al mondo intero con quel loro primo disco
che sarebbe stato definito come uno dei migliori debutti della storia della
musica. Bello è stato sulla parte finale del brano, vedere Phil Chen girato
verso la batteria con il piede sinistro appoggiato sul ripiano che rialzava la
sezione ritmica di Ty Dennis e guardarli mentre si osservavano compiaciuti
durante la perfetta sincronia dei loro due groove.
Ma chi
sono questi due musicisti per lo più sconosciuti? Il batterista Ty Dennis
è un baldo giovanotto vecchia conoscenza della band, e ancora prima di Krieger;
sembra che i due suonassero assieme addirittura con la Robby Krieger Band. Nel
filmato dei Doors 21Th Century del 2002, il drummer è proprio lui. Il
bassista invece è uno storico sessionman molto noto negli anni ’70. Ha suonato
con Jeff Beck e Rod Stewart. Pure lui vecchia conoscenza di Krieger.
Poi è
la volta di Strange days seguita da When the music’s over
accolta dal pubblico con un boato. Guardo Manzarek mentre esegue lo
storico intro e mi accorgo che lo sta suonando con una mano sola. Ecco il
motivo del bassista musicista aggiuntivo. La mano sinistra di Ray non riesce
più a gestire uno strumento ulteriore. La loro particolarità era proprio
questa, l’assenza di un bassista. Problema risolto con una testiera basso
suonato da Manzarek con la mano sinistra, mentre la destra comandava l’organo.
Suppongo fosse un gioco non da poco; doveva essere come suonare un altro
strumento. Ora però le cose, magari con dispiacere, sono state semplificate.
Viene
presentata la band, si torna a correre con Peace Frog e
ovviamente Blue Sunday.
Qualcuno
cerca di invadere il palco senza successo. Il tizio dietro a Manzarek, al
controllo dei video, intuisce le intenzioni di qualcuno e abbandonata la sua
postazione, si getta a bordo palco e scaraventa sul pubblico il
malintenzionato. Subito arriva pure uno della security e in due rimangono a per
alcuni istanti a controllare la faccenda.
Ancora
altre tre volte qualcuno cercherà di invadere il palco ma i due bodyguard,
all’apposito segnale scatteranno come levrieri per afferrare la loro preda,
sollevarla dalla folla e portarla nel bakcstage. Qualcuno però ha combattuto
con loro. Ha giocato a chi era più furbo. Un tizio posto di fronte a Krieger
dopo alcuni tentativi di invasione, era tenuto d’occhio dai due uomini. Uno
addirittura a gesti gli faceva capire di stare a controllarlo. Alla fine però hanno
vinto loro. Un altro invece li ha fregati. Alla
mia destra ad un certo punto vedo uno che sta per salire sul palco e per
poco non viene acciuffato. Lui però ha altre intenzioni. Non appena
riesce a mettere i piedi sul palco, si accoscia e si spinge indietro sopra la
folla. Un grandioso stage diving sopra la mia testa, sorretto dalle mani del
pubblico che lo faceva scorrere lontano dal palco verso la fine della sala. Non
lo dimenticherò mai quel tizio. Jeans blue, scarpe da ginnastica e una felpa
legata ai fianchi. Mi è passato vicino, l’ho sentito gridare “Yeah!!!” e rideva
con lo sguardo verso il soffitto mentre spariva sopra le nostre teste
inghiottito dal buio della sala. Mi volto nuovamente verso il palco per
assaporarmi lo spettacolo e vedere quell’incredibile sosia di Morrison non solo
nelle sembianza, nella voce e nel cantare, ma anche nel muoversi e nel
comportarsi; agita l’asta microfonica sopra il pubblico, lascia penzolare il
microfono dal suo cavo sopra le teste degli spettatori.
Ovviamente
questa sera non si tralascia l’anniversario. Ray spende alcune parole e chiede
chi del pubblico fosse stato presente al cimitero. Ovviamente si alzano una
miriade di mani tra le urla. Ma poi prosegue ricordando che è pure l’anniversario
dei quarant’anni della pubblicazione di L.A. Woman, “…e noi questa sera ve lo
soneremo tutto! Changeling, Love her madly, Been down so long, Cars hiss by my
window, L.a. Woman. L’America, Hyacinth house, Crawlin king snake, Wasp e
Riders on the Storm!”, dice Manzarek al pubblico incredulo mostrando la lista
completa dei brani.
E così
via fino all’ultimo brano Riders on the
storm anticipata da The Hitchhiker poem recitata da Brock mentre Ray e
Robby abbozzavano la melodia della canzone. Se non ricordo male, c’era
una base di pioggia e tuoni mentre sullo schermo scorrevano delle immagini di
un cielo nuvoloso. Ray chiede di abbassare le luci, l’atmosfera si fa intensa e
quindi partono in quella dolcissima suite che chiudeva la loro storia a
quattro. Come se l’avessero fatto di proposito quel brano con la pioggia. Un
temporale che scatenava i suoi tuoni e il brano stesso che terminava con
tastiera e chitarra che suonando richiamavano alle ultime gocce. Sembra quasi
sia stato un saluto, come se con quel brano si fosse giunti alla quiete dopo la
tormenta degli ultimi cinque anni.
VIDEO
Riders on the storm (Live at Bataclan, 03/07/2011)
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Riders on the storm (Live at Bataclan, 03/07/2011)
Le luci
si accendono e dopo i saluti i musicisti escono di scena ma ovviamente
rientrano sul palco. In programma hanno in scaletta un solo bis che dovrebbe
essere Light my Fire, ma le circostanze non possono renderli
avari. Attaccano con Love me two times che aizza ulteriormente il
pubblico sulle prima note di Krieger e si scatenerà ancor di più sulle grida di
Brock prima dell’assolo di Manzarek.
VIDEO
Love me two times (Live at Bataclan, 03/07/2011)
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Love me two times (Live at Bataclan, 03/07/2011)
Nuovamente
davanti al pubblico del Bataclan, Brock inizia a chiedere quanti brani
vogliamo. Io che sto davanti a lui, alzo la mano e gli indico “5”, altri
acclamano i nomi dei brani e The End sembra essere la più gettonata tanto da
sembrare di stare in una grotta ad ascoltare l’eco che si ripete più e più
volte.
Manzarek
è stanco; seduto dietro la sua tastiera, appoggia gli occhiali sullo strumento
e si passa le mani sul volto. Mentre lo guardo, al suo fianco, uno
dell’entourage si accovaccia a bordo palco per assistere qualcuno delle prime
file. Approfittando dunque di questo momento di distrazione, uno del pubblico
sale sul palco, corre alle sue spalle, passa a fianco di Manzarek e a meno di
un metro via da me, salta sul pubblico impreparato creando una voragine. In
quel momento stavo filmando e la scena la riprendo solo in parte. Per
proteggere la macchina fotografica, l’ho abbassata. Mi giro e dietro a me vedo
uno spazio impensabile, creato da chi per tempo si è tirato indietro e da chi è
stato invece atterrato dal malaugurato uomo volante steso a terra sopra ai corpi
degli atterrati.
VIDEO
Prove di stage diving e Five To One (Live at Bataclan, 03/07/2011)
Five To One (Live at Bataclan, 03/07/2011), a video by TheLz69
Una ragazza molto vicina a me, ha gli occhi lucidi e rivolti verso l’alto. Sta ondeggiando, deve essere stata colpita. Se cade per lei è finita perché la gente sta rapidamente riempiendo la falda senza esitare. Allungo il braccio, la afferro e me la tiro addosso abbracciandola. Le chiedo in inglese se sta bene. Mi risponde lacrimando e facendomi un segno con la testa, poi si gira e si fa consolare dall’amica.
VIDEO
Prove di stage diving e Five To One (Live at Bataclan, 03/07/2011)
Five To One (Live at Bataclan, 03/07/2011), a video by TheLz69
Una ragazza molto vicina a me, ha gli occhi lucidi e rivolti verso l’alto. Sta ondeggiando, deve essere stata colpita. Se cade per lei è finita perché la gente sta rapidamente riempiendo la falda senza esitare. Allungo il braccio, la afferro e me la tiro addosso abbracciandola. Le chiedo in inglese se sta bene. Mi risponde lacrimando e facendomi un segno con la testa, poi si gira e si fa consolare dall’amica.
Generosi
i componenti della band, concederanno Light My fire come ultimo brano, ma non
prima di un ulteriore sorpresa che sarà Five to one. Inaspettata
dal pubblico, quanto fuori programma per la band, il ritmo con cadenza marziale
del brano ipnotizza gli spettatori. La bolgia della platea inizia a pogare
lentamente ma in modo deciso e pesante. La situazione degenera in men che non
si dica e mi rendo conto che se voglio uscire illeso devo difendermi. Inizio
quindi a spingere e a rispondere fisicamente a chi mi viene addosso spedendolo
da dove è arrivato. Lo stesso fanno gli altri con me. L’importante è rimanere
in piedi. In un bagno di sudore come poche volte, mi gusto il finale storico
proteggendomi i petto e i fianchi da eventuali colpi e cercando di proteggere
pur la macchina fotografica. Più di qualcuno tra il pubblico non ce la fa più o
si sente male. Non soltanto i due omaccioni addetti alla sicurezza dovranno
occuparsi di chi chiede aiuto; pure il manager della band e un altro dello
staff si gettano in prima linea occupandosi della parte destra del palco. La
gente li chiama, fa notare che qualcuno non sostiene più il ritmo. Loro
accorrono, afferrano da sotto le ascelle i corpi passati loro da chi ancora è
in se, li sollevano e li portano nel backstage a peso morto. Tra uno spintone e
l’atro andando a destra e sinistra, mi si incrociano inspiegabilmente le gambe;
perdo l’equilibrio e sto per cadere. Dietro a me la sfiga vuole che si stia
formando una pericolosa voragine. Per mia fortuna l’onda d’urto ricevuta torna
indietro e il pubblico riempie il buco
formatosi e mi rimetto in piedi riallineando le gambe. In questo
casino non riuscirò a filmare l’inizio di Light my fire; proprio mentre stavo
cambiando le batterie, ostacolato dalle mani sudate che scivolavano sulla
plastica dello sportello, il pubblico ha iniziato a spingere nuovamente.
Sulle
storiche note del loro brano, si chiude l’esibizione. A centro palco i 5 eroi
salutano e se ne vanno. I roadies lanciano al pubblico sfoltito della platea
trofei quali bacchette, asciugamani, tappi delle bottigliette.
Trovo
tra la folla qualcuno di quelli di Treviso e li ritroverò anche fuori dal
teatro. Mi prendo una birra al bar. Ne ho bisogno, sono fradicio e ho sete. Non
ci sono gadget di nessun tipo. Peccato. Fuori c’è un forte assembramento davanti al
teatro. Il bar è preso d’assalto. Dopo un bel po’ di tempo dalla via laterale
sbuca la medesima auto nera che al mattino li ha portati in cimitero. Dalla
porta di servizio Manzarek e Krieger sono usciti, saliti in macchina e tra gli
applausi la vettura se ne va facendosi largo tra la folla. “It was the
greatest nigth of my life…”, sì, proprio come cita Graveyard Poem, la poesia recitata da Morrison sul finale
di un noto live di Light my fire e che Brock ha replicato stasera.
VIDEO
Light my fire (Live at Bataclan, 03/07/2011)
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Light my fire (Live at Bataclan, 03/07/2011)
IV° - "Il concerto di Grado "
Lunedì 4 luglio, dunque si torna a casa. Nel primissimo pomeriggio, giungo all’aeroporto con largo anticipo. Durante il viaggio in treno, mi sono gustato le foto delle giornata precedente completando l’ascolto degli ultimi mp3 della doorsiana discografia, iniziato all’aeroporto di Ronchi il venerdì sera e proseguito in perfetto ordine cronologico di pubblicazione di Lp. Non appena vedo su uno dei tabelloni la scritta Tel Aviv, mi balza in testa un idea pazza e malsana. Andare a cercare il gate con destinazione la città israeliana e chissà che non me li ritrovi davanti dato che la loro prossima data sarà proprio lì il giorno seguente…lasciamo perdere che ancora non combini qualche casino. Rientro regolare quindi. A Roma, tra un aereo e l’altro telefono ad Antonella e le racconto del week end. Le svelo il tour de force del quale non avevo raccontato nulla a nessuno per pura scaramanzia e la invito, assieme a Max, alla data di Grado del 10 luglio. La sera stessa giunto finalmente a casa, mi precipito su internet e trovo che già qualcuno ha postato su Blogspot un resoconto della serata parigina, per non parlare dei video su Youtube. Immediatamente inoltro i link a Paolo che non tarda a darci un’occhiata e commenta così: “…dopo aver visto i video devo dire che trovo tutto molto irreale! Il tizio non solamente canta come Jim. Mi fa impressione vederlo”. Il giorno dopo ci sentiamo telefonicamente e scambiamo alcune impressioni. Approvo pienamente il fatto che abbiano scovato un cantante come Dave Brock. Era indispensabile mettere a giocare in quel ruolo una “precisa goccia d’acqua” di Morrison. Altrimenti lo spettacolo non avrebbe retto. Non so cosa poteva essere peggio se uno scimmiotto oppure uno che non richiamava per nulla Jim. Piuttosto il fatto che avessero un bassista era un particolare che non mi andava giù; i Doors erano sempre in quattro e Manzarek suonava la testiera basso. Un quinto elemento era di troppo e il “troppo stroppia”. Ma come già detto, evidentemente Ray non riesce più da tempo a tenere le due linee strumentali diverse e separate come una volta. E già quella è stata un impresa che gli valse un titolo come migliore musicista dell’anno se non sbaglio.
Tutta
la settimana corse via velocemente mentre mi godevo il viaggio a Parigi e la
prospettiva di vedermeli nuovamente una settimana di distanza a pochi passi da
casa mia.
E’
domenica 10 luglio, da poco sono passate le 15 e ci stiamo preparando per
partire. Ieri sera però hanno suonato al Pistoia Blues. Vado dunque a vedere se
ci sono delle recensioni in rete. Voglio vedere cosa dicono e soprattutto se il
pubblico ha creato problemi come a Parigi. Purtroppo le cose son andate
addirittura peggio. Una recensione racconta di un pubblico che spingeva
fino al punto da abbattere le transenne e costringer la band a sospendere
momentaneamente l’esibizione, anche se prima di riprendere a suonare erano un
po’ timorosi. Fortunatamente la serata di Grado sarà tutt’altro che pericolosa.
Dunque
Grado. Io, mio padre e Toni. Un po’ agitato ammetto di esserlo ma non tanto per
il fatto del concerto ma per paura di trovare tanta gente davanti al cancello.
Anche questa sera voglio essere in prima fila. Arriviamo all’entrata e con
immensa gioia vedo che alle 18.20 la gente che attende è davvero poca. Ci
mettiamo in file, ma prima delle 20 non apriranno. Allora mio padre dice
“possiamo stare tranquilli, ne abbiamo di tempo. Che facciamo? Andiamo a fare
quattro passi?” Lo guardo e gli dico “Ma sei matto? Io da qui non mi muovo.
Un'altra opportunità simile non mi capiterò mai più!”. Attendiamo allora con
pazienza. Durante l’attesa in fila si parla di quanto ci aspetterà durante la
serata. Racconto di Parigi e della storia dei quattro “super eroi”. Noto che la
gente attorno tira l’orecchio per ascoltare e alzo lievemente il volume della
voce. Un ragazzo di Vicenza entra nel discorso e piacevolmente discutiamo tutti
assieme. Gli faccio vedere la scaletta della serata consegnatami al banco degli
accrediti assieme al poster e mi chiedono se lo spettacolo meriti i soldi del
biglietto. Avendoli già visti una settimana prima posso garantire.
I
cancelli si aprono e nonostante non ci siano chissà quante persone davanti a
noi, tutti occupano il posto sulle transenne davanti alla tastiera di Manzarek.
Noi prendiamo posto davanti la postazione di Krieger.
L’attesa
sta volta è davvero snervante. Fortunatamente siamo all’aperto, sulla diga in
riva al mare. Il palco davanti a noi sta sotto ad alcuni pini; alle nostre
spalle invece, il mare e la baia di Trieste.
Poco
prima della 21 arriva il furgoncino dell’organizzazione dal quale scendono i
musicisti. Lo segnalo ai miei due compagni e la voce si sparge mentre li
scorgiamo passare sotto gli alberi tra le aiuole dietro al palco.
Tutto è
pronto ma chissà perché, lo show inizierà
verso le 21.30. Intanto il manager Tom Vitorino impartisce gli
ultimi ordini ai fotografi già nel corridoio di fronte al palco. Finalmente
anche ci siamo e quindi si spengono le luci. Lo spettacolo previsto, è identico
pressappoco agli altri del tour, ma diverso da Parigi. Questa sera non hanno in
programma l’intera esecuzione di L.A. Woman; al posto dei brani non in
programma altre bellezze musicali che poi non eseguiranno. Mancheranno
all’appello Gloria, Riders on the storm,
Spanish caravan. Ma per soddisfarci dovrebbero eseguirle tutte. Salgono sul
palco e la folla impazzisce. I fotografi corrono da un lato all’altro per
immortalare gli artisti. Krieger,che si può muovere senza problemi è preso
d’assedio quando davanti a noi si lascia andare in un breve duck walk alla Chuk
Berry.
Tra
Break on through e Strange days, cerco di attirare l’attenzione di Robby. Ho
un messaggio scritto su di un foglio A4:“I WAS IN PARIS LAST WEEK!”.
Purtroppo nulla da fare. Manzarek saluta il pubblico e parla al microfono,
scruta la gente e indica verso la fine della diga, dove suppongo le teste si
vedevano a mala pena, confondendosi con il buio che si distingueva dal mare
solo per il riflesso sull’acqua della luna e delle luci di Trieste e del
litorale istriano sullo sfondo tutto dall’altra parte del golfo. Ray
prosegue con i saluti “All you guys are ok?” e il pubblico ricambia acclamando;
scruta e parla ancora, poi gira la testa e guarda verso l’esatta estremità del
palco opposta alla sua posizione. Io mi sporgo oltre le transenne e mostro il
mio foglio. Manzarek, con la mano sulla fronte per facilitarsi nella vista altrimenti
ostacolata della luce dei fari, stringe un po’ gli occhi, allunga il braccio e
con il dito indice indica verso di me. Attenzione, sembra avermi visto. Poi
dice “…some body was in Paris Last week, very good for you man!”. Per
educazione si risponde, ed io alla sua chiamata ribatto immediatamente forse
più per istinto che per una questione di lucidità. Mi sporgo oltre alle
transenne che quasi cado dall’altra parte. Uno della sicurezza con scatto da
velocista parte per prendermi. Per puro caso con perdo l’equilibrio, quindi
alzo il braccio con il messaggio in
mano per farmi vedere e grido “In Paris! In Paris!”.
VIDEO
Ie e Ray Manzarek
Non ci credo, Ray ha letto il mio messaggio, mi ha visto, mi ha trovato tra le prime file. Tutti sanno che io ero a Parigi la settimana scorsa. Tutti lo sanno, il pubblico, la band…tutti! La musica riprende e approfitto del mio attimo di gloria per farmi immortalare assieme al mio messaggio da Simone Di Luca, fotografo autorizzato, e finire sul sito di Azalea Promotion, organizzatori della serata, nella pagina dedicata all’evento.
Fotografie ufficiali del concerto di Grado alla diga Nazario Sauro (by Simone Di Luca)
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Ie e Ray Manzarek
Non ci credo, Ray ha letto il mio messaggio, mi ha visto, mi ha trovato tra le prime file. Tutti sanno che io ero a Parigi la settimana scorsa. Tutti lo sanno, il pubblico, la band…tutti! La musica riprende e approfitto del mio attimo di gloria per farmi immortalare assieme al mio messaggio da Simone Di Luca, fotografo autorizzato, e finire sul sito di Azalea Promotion, organizzatori della serata, nella pagina dedicata all’evento.
Fotografie ufficiali del concerto di Grado alla diga Nazario Sauro (by Simone Di Luca)
Il
resto del concerto non lo riporto. Sarebbe la solita cronaca noiosa e la mia
impresa vale tutto la serata!
Al
termine del concerto, durante il quale il pubblico non ha fatto temere nulla di
quanto avvenuto la sera prima, tra la folla incontro Fabietto e Vannijoe del
gruppo di Treviso. Fuori intanto la gente da la caccia a poster e volantini,
mentre un ragazzo e una ragazza fuggono di corsa verso il ristorante
“L’Androna”, dove su segnalazione di un gelataio intento a fumare sulla porta
del suo negozio, ha fornito ai due la dritta di dove poter trovare la band
portata ora a cena. Intanto gli spettatori del concerto, gli abitanti della
cittadina e i turisti passeggianti si confondono sui viali di Grado in una notte d’estate che potrà sembrare una
qualsiasi. Ma per qualcuno invece è una notte
del tutto unica e speciale.
Sono
trascorsi diversi mesi da quelle due settimane passate sulle note musicali
partite da Venice Beach in California. Soltanto ora ho potuto mettere a punto
questo mio resoconto che tra una menata e l’altra per la sua stesura ha tardato
a veder una conclusione. In molti ancora oggi mi chiedono di raccontare le mie
sensazioni di Parigi e io soddisfo la loro richiesta raccontando anche di
Grado. Alcuni mi presentano agli altri come “lui è quello di cui ti dicevo…è
stato a Parigi…”. Ma cosa mi rimane di tutto questo? che significato ha avuto?
perché si fanno queste cose? Oltre alle foto, le registrazioni, i filmati, i
gadget raccolti un po’ dappertutto, ovviamente mi rimangono i ricordi vivi che
talune volte senza neppure chiudere gli occhi, rivivo in maniera così intensa
da sembrarmi di essere lì, sentire il profumo dell’incenso, il caldo
dell’estate, il vociare delle persone. Tutte queste sensazioni e ricordi
però sono nulla in confronto alla soddisfazione che provo tutt’ora. E’ parte di
me, è divenuta cosa della mia vita che nessuno potrà mai portarmi via. E’ un
trofeo, un tatuaggio indelebile e invisibile da esibire al momento giusto.
Ma perché si portano a termine queste imprese? Perché si crede tanto in
alcuni valori così astratti, impalpabili che a qualcun altro possono voler dire
nulla? Chiedete ad un tifoso di una squadra il motivo per il quale indossa i
colori del cuore, chiedete ad un sostenitore politico perché tanto crede nelle
parole di un uomo che solamente parla, chiedete ad un appassionato di qualsiasi
genere di passione si tratti, il motivo di tanto credere nel suo ideale. La sua
risposta sarà sempre la stessa, banale, ovvia, logica, già sentita e uguale risposta
che vi daranno tutti quanti. In realtà dietro alla risposta di alcune misere
parole c’è un significato ben più grande che non si può esprimere parlando e
che probabilmente ignoriamo esserci. E’ qualcosa che viene dal profondo del
cuore, che nasce senza un perché e che ti porta ad approfondire la conoscenza,
ti stuzzica la curiosità e cresce sempre. E’ stata una fortuna andare a
Parigi e soprattutto una scelta sensata partecipare. Ha consolidato la mia
passione e mi rende forte sulle mie idee ed esperienze. Non so a quanto sarà
servito scrivere tutte queste righe e quanti le leggeranno fino in fondo, ma
sentivo il bisogno di farlo per raccontarlo a chi avrebbe voluto esserci
assieme a me ma non ha potuto farlo, e quindi sono stato lì anche per loro a rappresentarli,
e quindi a loro lo dedico. Ma l’ho fatto soprattutto per gridarlo e vantarmi
con chi tanto parla e sparla ma alla fine è solamente un fannullone. Se siete degli
smilzi che per sopperire ad alcune mancate soddisfazioni esaltano i loro amici
mediocri musicisti con il solo scopo di esaltare se stessi, se portate il nome
di un pesce noto alla televisione volendo far credere a tutti di essere i più
grandi e mancate di rispetto a chi vi circonda che vi considera dio e voi
invece ne approfittate senza ritegno, allora potete solamente far vedere che
avete le tasche vuote come lo siete voi. So che lo posso fare senza
vergogna e quindi me ne vanto davanti a voi, perché ora che ci ripenso
nuovamente per l’ennesima volta e mentre rivivo ogni determinato istante con le
lacrime di una bella e soddisfacente emozione agli occhi come un bambino, posso
dirvi con altrettanta soddisfazione di starvene zitti, perché IO ERO A PARIGI!
The Doors
Collector Magazine; memorabilia, informazioni, rarità. Fondato e curato da Kerry Humphreys. Il suo nome appare tra i i ringraziamenti del libro di Greg Shaw Jim Morrison e i Doors-On the road-Tutti i concerti.
Pagina di
Rainer Moddemann, noto personaggio nell’ambito Doors. Il suo nome appare tra i
crediti del documentario The Doors in
Europe e tra i ringraziamenti del libro di Greg Shaw Jim Morrison e i Doors-On the road-Tutti i concerti.
Questo link
contiene utili informazioni e itinerari precisi inerenti la storia dei Doors e
di Jim Morrison per le città di Parigi e Los Angeles.
Organizzazione
eventi; organizzatori del concerto di Grado del 10 luglio 2011, e del concerto
di Krieger e Desmore a Lignano nel luglio del 1998.
Due blog
contenenti svariato materiale di concerti avvenuti a Parigi, compreso quello
del Bataclan del 3 luglio 2011.
Alcuni degli
utenti che hanno condiviso materiale video
Concerto di
Parigi 03 luglio 2011
http://www.youtube.com/user/pellegrinodelsuono(il mio account YouTube)
http://www.youtube.com/user/franckdevo
http://www.youtube.com/user/hitsohl
http://www.youtube.com/user/zerockerparis
http://www.youtube.com/user/hitsohl
http://www.youtube.com/user/zerockerparis
Concerto di
Grado 10 luglio 2011
http://www.youtube.com/user/fumocamel
un capolavoro! pena gò un attimo leggo tutto ;)
RispondiEliminaCiao!
RispondiEliminaEro il responsabile della Security al concerto di Ray Manzarek and Robby Krieger al Pistoia Blues, dove effettivamente successe di tutto. C'è da dire che il pubblico era davvero numerosissimo, tanto che si arrivò al sold out.
Ho letto il tuo racconto dei due concerti e l'ho trovato bello, anche se debbo sottolinearti un errore; il tour manager di questa tournee non era Tom Vitorino bensì Jo Lopez, che fungeva anche da fotografo della band e che, allo stesso tempo è fotografo di Bruce Springsteen (e di molti altri artisti, come Bob Seeger ad esempio).
Posso affermarlo con certezza dato che a pistoia passammo tutta la giornata praticamente assieme e lo ritrovai anche al concerto di Firenze di Springsteen, appunto, l'anno successivo, dove fungevo ancora da responsabile della security.
Ciao Silvano,
RispondiEliminaTi ringrazio per aver letto il mio testo, aver lasciato un commento e soprattutto per aver fatto la precisazione sul mio errore.
Ciao,
RispondiEliminaCome ti ho scritto nel mio commento, la persona che hai scambiato per Tom Vitorino era Jo Lopez, fotografo ultrafamoso (fotografo personale di Bruce Springsteen tra l'altro), che durante il tour del 2011 fungeva da tour manager di Manzarek-Krieger.