di Cristiano Pellizzaro per
RadioCityTrieste (pubblicato il 08 agosto 2019)
Foro di Simone Di Luca
MAJANO - Quest’anno le condizioni meteo hanno veramente ostacolato gli
spettacoli e i concerti all’aperto. Tanti gli eventi annullati, molti quelli iniziati
dopo ore di interminabile attesa che smettesse di piovere oppure spettacoli in
cui ci si godeva solo in parte la serata in quanto gli occhi erano sempre
rivolti al cielo. E poi ci sono stati i concerti posticipati all’ultimo momento
come lo è stato quello di Calcutta a Majano e riprogrammato per
la settimana successiva. Considerando il cambio di programma, l’artista laziale
è stato il terzo dei quattro nomi saggiamente scelti dalla professionale
organizzazione di Azalea per questo mini festival andato in scena alla
59° edizione della rassegna enogastronomica e culturale della cittadina
friulana (gli artisti inseriti in cartellone sono stati The Darkness, JethroTull e i Pink Sonic che chiuderanno la rassegna il 10 agosto).
Ma veniamo al concerto, questo spettacolo che tanto è stato atteso, un
vero evento che ha avuto come protagonista Calcutta, autentico fenomeno
della scena indipendente di casa nostra che ha fatto breccia sia nei cuori del
pubblico che della critica. Ma chi è questo Calcutta il cui nome d'arte stona
per essere un musicista? Chi è questo ragazzo che veste una felpa, porta la barba
e indossa un cappellino sopra la zazzera, e che potrebbe ricordare di più il
garzone dell’ortofrutta sotto casa, ma in realtà scuote sentimenti e sensazioni
con le sue canzoni? Edoardo D’Erme, questo il suo nome all’anagrafe di
Latina dal 1989, inizia la sua storia sette anni fa debuttando con Forse…
che cattura l’attenzione e pone le basi di quello che sarà il riconoscimento
del pubblico giovane e non solo come si è potuto vedere al concerto di Majano. Poi
nel 2015 arriva Mainstream, secondo capitolo con il quale il nostro
irrompe in tutti i circuiti con il singolo Oroscopo, una piacevole suite
notturna come piace a me definirla. Tutte le sue canzoni le sento notturne,
perché le trovo perfette per essere ascoltate di notte, quando a casa ci si
lascia andare senza pericolo alcuno di venir disturbati. Calcutta
sorprende, affascina e intriga come tutta la nuova scena italiana dei
cantautori, generazione di artisti che ai più anziani e puritani non riesce ad
andare giù, anche se non vedo spiragli possibili per fare paragoni e tirare le
somme.
Calcutta è un artista giovane e come tale si esprime e si
rivolge al pubblico. Spiazzante è il potere evocativo delle sue melodie capaci
di creare situazioni perfettamente nitide alla mente dell’ascoltatore, dove
malinconia e romanticismo presenti nei testi propongono situazioni di vita in
contesti urbani o di periferia che mi rimandano ad alcune desolazioni rappresentate
nel film L’amico di famiglia di
Sorrentino.
Gli undici musicisti saliti sul palco mi sembrano tanti per una serata
così (senza contare i tecnici audio, luci e video che hanno allestito e gestito
uno spettacolo davvero interessante), ma penso che la produzione abbia fiducia
in questo nome e di conseguenza metta a disposizione una buona squadra, che
forse è meglio chiamare team in riferimento al collettivo del cartone animato di
Holly e Benji, serie omaggiata da Calcutta e la sua band
indossando la maglia della New Team, squadra protagonista delle imprese del
noto manga.
La scelta dei brani ovviamente include tutte le hit di maggior
successo, ma c’è spazio anche altri brani meno noti come Hubner (da Evergreen
del 2018), dedicato al gran calciatore muggesano di metà anni ’90. Ed a me, che
sono della sua stessa zona, mi fa veramente strano che il campanilismo delle mie
parti non abbia mai portato alla luce la storia di questa pregiata dedica.
C’è ancora della strada da fare per Calcutta, ma le basi sono buone
e le collaborazioni con i colleghi più anziani (Elisa e Jovanotti), hanno già
fatto capire che tutta la scena musicale italiana si è accorta di lui e del suo
potenziale.