di Cristiano Pellizzaro
foto di Cristiano Pellizzaro e Fabiana Stranich
Nonostante conservassimo vecchi appunti scritti su carta e ci fossero anche delle registrazioni a venirci in soccorso, le idee ai primi incontri erano un po’ confuse. Di polvere da rimuovere dai nostri ricordi ne avevamo parecchia e soprattutto la complicità delle poche prove a nostra disposizione, hanno fatto sì che alle prime sessioni, qualche animo non ha tardato ad accendersi.
Spaziosi locali che di giorno ospitano un atelier di giovani artisti
cittadini al piano terra di una bella residenza d'epoca, posta sul noto colle triestino,
la sera diventano una suggestiva e confortevole sala prove per sette musicisti
e un attore, pronti a smussare gli spigoli di un massiccio blocco di pietra e
dare vita ad una creatura che, una volta presa forma, continuerà da sola il suo
cammino fino alla maturazione finale. Immersi tra tele di pittori, bozzetti,
calchi e statue di scultori, scaffali pieni di libri e cataloghi, trovano posto
anche microfoni, chitarre, amplificatori, percussioni varie ed una fisarmonica.
Stiamo sempre parlando di attrezzatura artistica che di conseguenza ben si pone
in mezzo a tutto il resto. E così, chi su una sedia, chi su un vecchio divano o
su uno sgabello, pregiandosi della sempre presente visita di Sam, uno splendido
e mansueto Golden Retriver, in una piovosa serata di fine agosto, gli Illirya
si ricompongono per iniziare a lavorare nuovamente ad Amica Carissima,
uno spettacolo tematico con testi e musiche di Miriam Baruzza.
Dalle prime esibizioni, sino alla realizzazione del disco di debutto Nuvole di Passaggio (2019), diversi artisti si sono avvicendati nelle file di questo ensemble in cui attualmente, oltre ai già citati fondatori Miriam Baruzza (voce e autrice dei testi) ed Alessandro Castorina (basso elettrico), troviamo DiegoVigini (chitarra), Mauro Berardi (batteria), Stefano Bembi (fisarmonica), Massimo Leonzini (percussioni) e Cristiano Pellizzaro (percussioni aggiuntive). Appositamente coinvolti invece per questa rappresentazione, l’attore teatrale Angelo Mammetti, la cantante Aisha Marin e lo scultore Max Solinas. Musica, poesia, recitazione e scultura hanno quindi convissuto per una sera sullo stesso palco, presentando al pubblico il caleidoscopico obbiettivo dell’associazione Illirya, oltre ad offrire con eleganza e raffinatezza presso al Teatro di San Giovanni di Trieste la prima assoluta di Amica Carissima, un viaggio attraverso musica, parole e forme nell'universo femminile. Un percorso che si sviluppa partendo da una semplice lettera scritta da un uomo ad una donna, per poi arrivare a contatto con quella forza ancestrale che da sempre dimora nella vita stessa e che attraverso il tempo arriva fino a noi. Tutto questo sino a scoprire la femminilità vista come fonte creativa e motore dell’esistenza, espressa attraverso i miti e gli archetipi, ma che nel corso dei secoli è stata spesso repressa e non riconosciuta nella sua importanza vitale. Quindi tutte le diverse figure, i diversi volti, sposa, dea, guerriera, guaritrice, strega, madre e figlia, descritte attraverso il racconto poetico e le canzoni, fino ad arrivare ad un unico messaggio: “l’unione delle due forze più grandi dell’universo, il femminile ed il maschile, che insieme creano il tempo e lo spazio, sono destinate a danzare insieme per creare la Vita”.
Archiviata la prova generale, e terminati gli innumerevoli preparativi, finalmente è arrivato il momento di andare in scena. In fondo alla sala il fonico Fiodor Cicogna e il tecnico luci Stefano Pincin stanno ultimando i settaggi ai loro mixer e registrando tutte le impostazioni. Sul palco invece, la strumentazione degli Illirya è definitivamente disposta assieme alla postazione del narratore Mammetti. L’allestimento si completa con l’omaggio alla figura femminile pocanzi descritta, mediante l’esposizione sulla scena di alcune sculture dell’artista veneto Max Solinas del Borgo di Cison di Valmarino. Quattro rappresentazioni della donna, secondo la sua prospettiva artistica, realizzate in legno e metallo, che lui stesso descrive così: “Non ho nomi particolari per le sculture, sono tutte Modelle. Modelle di vita, per stile e scelte mai così comode, per cui mai scontate. Il più delle volte contro corrente e contro alla moda e alla mondanità...proprio per questo libere e leggere. Sempre alla ricerca di qualcosa in più attraverso il togliere alla materia, alla materialità...alle chiacchiere senza contenuti. Modelle Silenziose”.
L’attesa è quasi finita, le porte si aprono ed il pubblico, già numeroso fuori dalla sala, inizia a prendere posto. Nel frattempo la tensione sale e l’impazienza di mettere in moto la giostra la fa da padrona. Con alcuni minuti di ritardo finalmente le luci si spengono e Miriam Baruzza fa il suo ingresso in scena per i saluti di benvenuto ai partecipanti, per i ringraziamenti a tutti colori che hanno reso possibile la realizzazione di Amica Carissima, e chiama sul palco, per una breve presentazione della serata, Il Geco di Radio City Trieste (emittente web partner dell’evento), e Max Solinas per una descrizione delle sue opere.
Ora si è pronti per iniziare. Silenzio e buio in sala creano l’atmosfera giusta. Aisha Marin apre lo spettacolo con un testo da lei scritto e recitato come saluto ad un amico recentemente scomparso. Qualcosa però non va per il verso giusto e un inconveniente tecnico non permette il controllo dell’audio dal banco del mixer. Fiodor attraversa la sala di corsa fino a raggiungere le quinte in modo da avvisare i musicisti che a breve andranno in scena. Questa proprio non ci voleva. Qualcuno sbuffa appoggiandosi sulla ringhiera nel retro palco, qualcun altro impreca volgendo lo sguardo verso l’alto. Non è possibile che tutte le fatiche e le energie spese siano vane proprio adesso ad un passo dalla meta. Fortunatamente però ci sono Fiodor e la sua profonda dimestichezza che intervengono in tempo, scongiurando il peggio in men che non si dica, senza che nulla possa trapelare. I musicisti prendono posto tra gli applausi del pubblico. L’ultimo ad entrare in scena, mentre le prime note già si diffondono in sala, è il narratore, l’attore Angelo Mammetti.
Kol Dodi, La dea, Maria Maddalena, La strega, Bora, Come rugiada, La lettera del soldato, Il tempo dell’uva e del miele, Tango e Signora della baia, sono i dieci brani previsti in scaletta per questa serata.
Chi scrive queste cronache ha la fortuna di vivere la serata direttamente dal palcoscenico, suonando seduto in un angolo, a ridosso delle quinte, a fianco della più imponente delle quattro sculture. Posizione privilegiata la mia, dalla quale mi è possibile gustare quanto accade, tenere d’occhio la scena e godere in tutta tranquillità di questa magica serata e scambiare di tanto in tanto qualche sguardo divertito con Alessandro Castorina. Qualche metro più in là, davanti a noi, sprofondato sotto al palco, il pubblico è immerso nel buio. Da qui le luci a malapena mi lasciano intravedere le sagome di chi è seduto nelle prime file.
Con l’onirica ouverture Kol Dodi, le luci riscaldano la scena creando l’atmosfera giusta e fondendosi alla perfezione con la musica e l’allestimento presente sul palco. La dea, mediante i suoi versi “attraversiamo insieme la notte/ad un nuovo mattino ti condurrò/vieni con me nel giardino della dea/porta con te gioia e lacrime", accompagna l’ascoltatore verso il cuore dello spettacolo mentre Miriam omaggia uno ad uno i suoi musicisti attraverso una danza rituale come ogni cerimoniere che si rispetti saprebbe fare.
Perfettamente in linea con il set percussivo di Massimo Leonzini alla mia sinistra, e a ridosso della batteria di Mauro Berardi al mio fianco destro, posso permettermi di osservare ogni minimo particolare. Tra i drappi neri del sipario che dividono la scena con le quinte, ogni tanto vedo spuntare l’obbiettivo di una macchina fotografica. Con molta discrezione, e silenziosamente come un gatto, alle nostre spalle si aggira Fabiana Stranich, unico fotoreporter autorizzato dagli Illirya nonché autrice dei bellissimi scatti del concerto.
Di fronte a me, sotto i riflettori, i colori variano dal verde al rosso, dal giallo al blu durante tutto lo spettacolo in un crescendo di intensità raggiungendo l’apice con Bora, arrogante stacco strumentale di chiara matrice Progressive anni 70. Prima però il copione prevede l’esecuzione de La strega, brano il cui titolo lascia poco spazio alle interpretazioni dell’argomento, che in un crescendo incalzante dopo un assolo di chitarra di Diego Vigini, vede la voce di Miriam Baruzza condurlo verso la conclusione, lasciando poi il compito alla fisarmonica di Stefano Bembi a tenere le redini. Il brano è diretto verso la fine, c’è l’atmosfera giusta e il pubblico è con il fiato sospeso. Per chiudere all’unisono, fisarmonica e batteria dovranno essere in linea e affinché ciò avvenga, Stefano deve catturare l’attenzione di Mauro. Quindi si gira e lo chiama a gran voce. I due si guardano, c’è intesa, e al resto degli Illirya non resta che seguirli per chiudere tutti assieme puntualmente. La sala piomba nel buio delle luci e nel silenzio musicale. Inevitabile l’applauso del pubblico per un finale del genere.
Da questo momento Amica Carissima prenderà una direzione diversa, più umana, proseguendo il suo viaggio attraverso i sentimenti. Dall’amore materno de La lettera del soldato, missiva scritta da un figlio sul fronte di guerra, passando per l’amore tra uomo e donna con Tango, la cui esecuzione, ricca di pathos, prevede un cantato a due voci da Miriam e Mauro, che per l’occasione abbandona il seggiolino della sua batteria.
La chiusura spetta a Signora della baia, un’accattivante Bossa Nova, sulle cui note ci si prepara al congedo non prima però che Miriam Baruzza abbia generosamente presentato musicisti, collaboratori e ospiti.
Non ci sarà nessun bis, Amica carissima non lo prevede. O forse è più adeguato dire che un’encore sarebbe del tutto fuori luogo non essendo questo un semplice concerto, ma qualcosa di più. Uno spettacolo articolato, concettuale, dove l'intreccio di diverse forme d'arte formano una figura sola, come spiegato all'inizio.
Musica finita e luci accese in sala quindi. Applausi dalla platea, e saluti per tutti dall’alto del palco, davanti ad un pubblico soddisfatto che scalpita per altre repliche.