Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 26 luglio 2019)
Foto di Walter Menegaldo
UDINE - Al termine di ogni suo concerto ho sempre provato come una piacevole
sensazione di essere avvolto in un comodo plaid, uno di quelli composti da
tanti quadri colorati che oramai non si vedono più da anni. In questo caso la
differenza è che con la coperta non mi sto a riscaldare ma mi ritrovo invece ad
essere cullato da sensazioni ed emozioni che mi portano a fantasticare ed
immaginare quanto la musica mi suggerisce. Per giustificare questi stati
d’animo basta ascoltare la voce di Loreena McKennitt e le melodie da lei
intonate.
Dal debutto avvenuto con Elemental nel 1985, il percorso partito concettualmente
dalla verde Irlanda (lei è di origini irlandesi e scozzesi), ha permesso al suo
pubblico di fantasticare e viaggiare sino in terre esotiche molto lontane. Ogni
disco si è presentato pregno di sapori musicali, sfumature, atmosfere di ogni
tipo e suoni amalgamati in modo da trasmettere palesi suggerimenti descrittivi
per l’ascoltatore. Ma veniamo ora al concerto svoltosi nella serata conclusiva
di Folkest (International Folk Festival), la nota rassegna che dopo ben
undici anni di assenza ha ospitato nuovamente Loreena McKennitt nella
suggestiva location del Castello di Udine per una serata che ha
riservato due piacevoli sorprese. La prima di queste è stata la formazione che
è salita sul palco allestito nel piazzale del maniero rinascimentale, un
inedito ensemble rispetto a quanto ci potevamo aspettare. Una ridotta
formazione rispetto alla coinvolgente carovana musicale delle altre occasioni. Esclusi
dai giochi ghironda e ammalianti percussioni etniche, oltre alla McKennitt e
alla sua splendida e potente voce limpida che sembra non risentirne del tempo
che passa (suona anche pianoforte, fisarmonica e arpa celtica), troviamo gli
storici collaboratori Brian Hughes ai plettri, Caroline Lavelle
al violoncello, voce e flauto e Hugh Marsh al violino, oltre al
contrabasso di Dudley Philips e la sezione ritmica di Robert Brian.
La seconda sorpresa invece si svela essere nella scelta dei brani suonati in
questo tour, una piacevole scaletta che si svela man mano che il concerto si
svolge. Davanti a millecinquecento spettatori, per due ore filate di
spettacolo, i venti brani in programma sono tutti storici pezzi della sua nutrita
discografia. Si parte con The mystic’s dream dal disco The mask and
mirror del 1994, album dal quale vengono riproposti il maggior numero di
brani, si passa poi per The Visit del 1989 (All souls night e Bonny
Portmore), The Book of secrets del 1997 (Marco Polo e Dante’s
prayer per la chiusura), An ancient muse del 2006 (The gate of
Istanbul), sino al protagonista discografico attuale che dà il nome al
presente tour partito in marzo, ovvero Lost Souls pubblicato nel maggio
2018 e dal quale vengono riproposti in ordine di esecuzione Ages past, Ages
hence, Spanish guitars and night plazas, Manx Ayre e
l’omonima Lost souls.
La quarantunesima edizione di Folkest non poteva chiudere in modo
migliore. Dopo un mese di eventi sparsi in ventidue comuni che hanno ospitato
cinquanta eventi per la bella cifra di dodicimila spettatori, una serata
all’insegna della musica irlandese assieme a Loreena McKennitt, musa per
eccellenza della musica celtica, era l’evento ideale.