di Cristiano
Pellizzaro
foto di Cristiano
Pellizzaro e Fabiana Stranich
TRIESTE - Era solo questione di tempo. Il momento di ritrovarsi, per riprendere
in mano quanto avevamo lasciato in sospeso un anno e mezzo prima, finalmente è
arrivato. Non potevamo stare lontani dalle nostre attività ancora per molto. Intorpiditi
dalla lunga pausa, pronti a rispolverare quanto dovuto interrompere senza
sapere quando, in quali condizioni, e soprattutto, se mai avremmo potuto rimetterci
al lavoro.
Nonostante conservassimo vecchi appunti scritti su carta e ci fossero
anche delle registrazioni a venirci in soccorso, le idee ai primi incontri
erano un po’ confuse. Di polvere da rimuovere dai nostri ricordi ne avevamo
parecchia e soprattutto la complicità delle poche prove a nostra disposizione,
hanno fatto sì che alle prime sessioni, qualche animo non ha tardato ad
accendersi.
Spaziosi locali che di giorno ospitano un atelier di giovani artisti
cittadini al piano terra di una bella residenza d'epoca, posta sul noto colle triestino,
la sera diventano una suggestiva e confortevole sala prove per sette musicisti
e un attore, pronti a smussare gli spigoli di un massiccio blocco di pietra e
dare vita ad una creatura che, una volta presa forma, continuerà da sola il suo
cammino fino alla maturazione finale. Immersi tra tele di pittori, bozzetti,
calchi e statue di scultori, scaffali pieni di libri e cataloghi, trovano posto
anche microfoni, chitarre, amplificatori, percussioni varie ed una fisarmonica.
Stiamo sempre parlando di attrezzatura artistica che di conseguenza ben si pone
in mezzo a tutto il resto. E così, chi su una sedia, chi su un vecchio divano o
su uno sgabello, pregiandosi della sempre presente visita di Sam, uno splendido
e mansueto Golden Retriver, in una piovosa serata di fine agosto, gli Illirya
si ricompongono per iniziare a lavorare nuovamente ad Amica Carissima,
uno spettacolo tematico con testi e musiche di Miriam Baruzza.
Ma chi sono questi
Illirya, chi si nasconde dietro al nome di un
popolo che un tempo viveva in queste terre? Per comprendere al meglio la loro
storia dobbiamo fare un passo a ritroso di una dozzina d'anni circa, ovvero
quando
Miriam Baruzza e
Alessandro Castorina, compagni nella vita
e nella musica, decidono di musicare i testi da lei scritti, raccogliendo
attorno a loro un nutrito gruppo di ottimi musicisti locali con l'intento di
fondere cultura, tradizione e musica popolare della zona, scegliendo un nome
importante come quello degli
Illiry. Nel corso del tempo questo nome ha
assunto un significato ben più ampio ed il concetto di questa idea oramai
matura, ha dato vita anche ad un'omonima
associazione culturale che
intende promuovere e far conoscere talenti e forme d'arte locali mediante
incontri, mostre, concerti ed eventi culturali di ogni tipo.
(Facebook Illirya)Dalle prime esibizioni, sino alla realizzazione del disco di debutto Nuvole di Passaggio (2019),
diversi artisti si sono avvicendati nelle file di questo ensemble in cui attualmente,
oltre ai già citati fondatori Miriam Baruzza (voce e autrice dei
testi) ed Alessandro Castorina (basso elettrico), troviamo DiegoVigini (chitarra), Mauro Berardi (batteria), Stefano Bembi (fisarmonica), Massimo Leonzini (percussioni) e Cristiano Pellizzaro (percussioni aggiuntive). Appositamente coinvolti invece per
questa rappresentazione, l’attore teatrale Angelo Mammetti, la cantante
Aisha Marin e lo scultore Max Solinas. Musica, poesia,
recitazione e scultura hanno quindi convissuto per una sera sullo stesso palco,
presentando al pubblico il caleidoscopico obbiettivo dell’associazione Illirya,
oltre ad offrire con eleganza e raffinatezza presso al Teatro di San
Giovanni di Trieste la prima assoluta di Amica Carissima, un
viaggio attraverso musica, parole e forme nell'universo femminile. Un percorso
che si sviluppa partendo da una semplice lettera scritta da un uomo ad una
donna, per poi arrivare a contatto con quella forza ancestrale che da sempre
dimora nella vita stessa e che attraverso il tempo arriva fino a noi. Tutto
questo sino a scoprire la femminilità vista come fonte creativa e motore
dell’esistenza, espressa attraverso i miti e gli archetipi, ma che nel corso
dei secoli è stata spesso repressa e non riconosciuta nella sua importanza
vitale. Quindi tutte le diverse figure, i diversi volti, sposa, dea, guerriera,
guaritrice, strega, madre e figlia, descritte attraverso il racconto poetico e
le canzoni, fino ad arrivare ad un unico messaggio: “l’unione delle due forze
più grandi dell’universo, il femminile ed il maschile, che insieme creano il
tempo e lo spazio, sono destinate a danzare insieme per creare la Vita”.
Archiviata la prova generale, e terminati gli innumerevoli
preparativi, finalmente è arrivato il momento di andare in scena. In fondo alla
sala il fonico Fiodor Cicogna e il tecnico luci Stefano Pincin stanno ultimando i settaggi ai loro mixer e registrando tutte le
impostazioni. Sul palco invece, la strumentazione degli Illirya è
definitivamente disposta assieme alla postazione del narratore Mammetti.
L’allestimento si completa con l’omaggio alla figura femminile pocanzi descritta,
mediante l’esposizione sulla scena di alcune sculture dell’artista veneto Max
Solinas del Borgo di Cison di Valmarino. Quattro rappresentazioni della
donna, secondo la sua prospettiva artistica, realizzate in legno e metallo, che
lui stesso descrive così: “Non ho nomi particolari per le sculture, sono
tutte Modelle. Modelle di vita, per stile e scelte mai così comode, per cui mai
scontate. Il più delle volte contro corrente e contro alla moda e alla
mondanità...proprio per questo libere e leggere. Sempre alla ricerca di
qualcosa in più attraverso il togliere alla materia, alla materialità...alle
chiacchiere senza contenuti. Modelle Silenziose”.
L’attesa è quasi finita, le porte si aprono ed il pubblico, già
numeroso fuori dalla sala, inizia a prendere posto. Nel frattempo la tensione
sale e l’impazienza di mettere in moto la giostra la fa da padrona. Con alcuni
minuti di ritardo finalmente le luci si spengono e Miriam Baruzza fa il
suo ingresso in scena per i saluti di benvenuto ai partecipanti, per i
ringraziamenti a tutti colori che hanno reso possibile la realizzazione di Amica
Carissima, e chiama sul palco, per una breve presentazione della serata, Il
Geco di Radio City Trieste (emittente web partner dell’evento), e Max
Solinas per una descrizione delle sue opere.
Ora si è pronti per iniziare. Silenzio e buio in sala creano
l’atmosfera giusta. Aisha Marin apre lo spettacolo con un testo da lei
scritto e recitato come saluto ad un amico recentemente scomparso. Qualcosa però
non va per il verso giusto e un inconveniente tecnico non permette il controllo
dell’audio dal banco del mixer. Fiodor attraversa la sala di corsa fino
a raggiungere le quinte in modo da avvisare i musicisti che a breve andranno in
scena. Questa proprio non ci voleva. Qualcuno sbuffa appoggiandosi sulla
ringhiera nel retro palco, qualcun altro impreca volgendo lo sguardo verso
l’alto. Non è possibile che tutte le fatiche e le energie spese siano vane
proprio adesso ad un passo dalla meta. Fortunatamente però ci sono Fiodor
e la sua profonda dimestichezza che intervengono in tempo, scongiurando il
peggio in men che non si dica, senza che nulla possa trapelare. I musicisti
prendono posto tra gli applausi del pubblico. L’ultimo ad entrare in scena, mentre
le prime note già si diffondono in sala, è il narratore, l’attore Angelo
Mammetti.
Kol Dodi, La dea, Maria Maddalena, La strega,
Bora, Come rugiada, La lettera del soldato, Il tempo
dell’uva e del miele, Tango e Signora della baia, sono i
dieci brani previsti in scaletta per questa serata.
Chi scrive queste cronache ha la fortuna di vivere la serata
direttamente dal palcoscenico, suonando seduto in un angolo, a ridosso delle
quinte, a fianco della più imponente delle quattro sculture. Posizione
privilegiata la mia, dalla quale mi è possibile gustare quanto accade, tenere
d’occhio la scena e godere in tutta tranquillità di questa magica serata e
scambiare di tanto in tanto qualche sguardo divertito con Alessandro
Castorina. Qualche metro più in là, davanti a noi, sprofondato sotto al
palco, il pubblico è immerso nel buio. Da qui le luci a malapena mi lasciano
intravedere le sagome di chi è seduto nelle prime file.
Con l’onirica ouverture Kol Dodi, le luci riscaldano la scena
creando l’atmosfera giusta e fondendosi alla perfezione con la musica e l’allestimento
presente sul palco. La dea, mediante i suoi versi “attraversiamo insieme la notte/ad un nuovo mattino ti condurrò/vieni
con me nel giardino della dea/porta con te gioia e lacrime", accompagna
l’ascoltatore verso il cuore dello spettacolo mentre Miriam omaggia uno
ad uno i suoi musicisti attraverso una danza rituale come ogni cerimoniere che
si rispetti saprebbe fare.
Perfettamente in linea con il set percussivo di Massimo Leonzini alla mia sinistra, e a ridosso
della batteria di Mauro Berardi
al mio fianco destro, posso permettermi di osservare ogni minimo particolare. Tra
i drappi neri del sipario che dividono la scena con le quinte, ogni tanto vedo
spuntare l’obbiettivo di una macchina fotografica. Con molta discrezione, e
silenziosamente come un gatto, alle nostre spalle si aggira Fabiana Stranich,
unico fotoreporter autorizzato dagli Illirya nonché autrice dei
bellissimi scatti del concerto.
Di fronte a me, sotto i riflettori, i colori variano dal verde al
rosso, dal giallo al blu durante tutto lo spettacolo in un crescendo di
intensità raggiungendo l’apice con Bora, arrogante stacco strumentale di
chiara matrice Progressive anni 70. Prima però il copione prevede l’esecuzione
de La strega, brano il cui titolo lascia poco spazio alle
interpretazioni dell’argomento, che in un crescendo incalzante dopo un assolo
di chitarra di Diego Vigini, vede la voce di Miriam Baruzza condurlo
verso la conclusione, lasciando poi il compito alla fisarmonica di Stefano
Bembi a tenere le redini. Il brano è diretto verso la fine, c’è l’atmosfera
giusta e il pubblico è con il fiato sospeso. Per chiudere all’unisono, fisarmonica
e batteria dovranno essere in linea e affinché ciò avvenga, Stefano deve
catturare l’attenzione di Mauro. Quindi si gira e lo chiama a gran voce.
I due si guardano, c’è intesa, e al resto degli Illirya non resta che
seguirli per chiudere tutti assieme puntualmente. La sala piomba nel buio delle
luci e nel silenzio musicale. Inevitabile l’applauso del pubblico per un finale
del genere.
Da questo momento Amica Carissima prenderà una direzione diversa,
più umana, proseguendo il suo viaggio attraverso i sentimenti. Dall’amore materno
de La lettera del soldato, missiva scritta da un figlio sul fronte di
guerra, passando per l’amore tra uomo e donna con Tango, la cui
esecuzione, ricca di pathos, prevede un cantato a due voci da Miriam e Mauro,
che per l’occasione abbandona il seggiolino della sua batteria.
La chiusura spetta a Signora della baia, un’accattivante
Bossa Nova, sulle cui note ci si prepara al congedo non prima però che Miriam
Baruzza abbia generosamente presentato musicisti, collaboratori e ospiti.
Non ci sarà nessun bis, Amica carissima non lo prevede. O forse
è più adeguato dire che un’encore sarebbe del tutto fuori luogo non essendo
questo un semplice concerto, ma qualcosa di più. Uno spettacolo articolato,
concettuale, dove l'intreccio di diverse forme d'arte formano una figura sola,
come spiegato all'inizio.
Musica finita e luci accese in
sala quindi. Applausi dalla platea, e saluti per tutti dall’alto del palco,
davanti ad un pubblico soddisfatto che scalpita per altre repliche.
Link utili
Mauro Berardi
Stefano Bembi
Angelo Mammetti
Stefano Pincin (trasmissione Sarsicce & Guaranà ideata e condotta assieme a Marco Busan)
Max Solinas