mercoledì 2 novembre 2022

La via di casa (Halloween Special) - Trieste, lunedì 31 ottobre 2022, Teatro Miela

 

Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 02 novembre 2022)

Foto di Beatrice Robles



TRIESTE – Un piccolo festival nato con l'intento di rendere omaggio alle meraviglie della nostra Regione.

La via di casa questa volta, nella notte di Ognissanti, ha fatto tappa nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia per la sua terza edizione intitolando la rassegna Halloween Special.

I suoi ideatori, La Tempesta dischi e la dand pordenonese dei Tre Allegri RagazziMorti, hanno portato al Teatro Miela una serata articolata in quattro diversi capitoli, in modo da poter soddisfare un pubblico composito.

Un'autentica festa iniziata puntuale alle ore 21.00 con la benedizione di Squarta. Il maestro di cerimonia, componente dell'Hip Hop band dei Cor Veleno, ha riscaldato a dovere la dance floor con uno speciale dj set prima dell'apparizione sul palco dei Cacao Mental con il loro sorprendete ed ipnotico live set. Un fluorescente face painting di richiamo shamanico sud americano sui volti del trio, atmosfere psichedeliche e sonorità elettroniche, assieme ovviamente alla radice musicale della Cumbia, hanno soddisfatto chi già li conosceva e sorpreso chi invece li ha ascoltati per la prima volta.

Un veloce cambio palco, ed ecco gli headliner, i “colpevoli” di questa festa, ovvero i Tre Allegri Ragazzi Morti, la Rock band alternativa che non necessità di presentazioni e che ha un forte legame con la nostra città. Più volte visti live a Trieste, i TARM vantano un precedente analogo, sempre sullo stesso palco il 31 ottobre del 2016. Con le maschere calate sul volto, come da tradizione, anche questa volta la band pordenonese non ha deluso le aspettative dei numerosi fan, tra i quali anche alcuni giovanissimi tenuti sulle spalle dai genitori.

Ancora il tempo per un brano e dopo saluti e ringraziamenti, raggiunti on stage dai Cacao Mental, Toffolo e compagni, eseguono assieme, In questa grande città.

Ma la festa non è finita, e sul palco viene allestita una consolle per il rush finale che farà ballare il pubblico fino a tarda notte con la musica elettronica di Populous, producer, deejay, compositore e sound designer, affermato in tutto il mondo.

Una notte di Halloween tutt'altro che terrificante dove musica e danze hanno esorcizzato spettri e streghe per i quali non c'è stato e da dove La via di casa li ha tenuti lontani.








martedì 18 ottobre 2022

MAURILIO BALZANELLI – PULS-E

di Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 18 ottobre 2022)

foto di Renzo Bertasi e Rosario Varsaica



Sarà che sto diventando pigro, oppure la causa possono essere i miei gusti in ambito musicale, ma sta di fatto che difficilmente, oramai, riesco a provare soddisfazione quando ascolto un nuovo disco. In certi casi può capitare addirittura che mi risulti difficile completarne l'ascolto.

Fortunatamente non è sempre così e talvolta capita ancora di scoprire qualche piccola gemma nascosta nella folta vegetazione della giungla musicale, e rimanerne affascinati, e Puls-e è stata quell’inaspettata sorpresa capace di riempire quel vuoto che ogni tanto viene a crearsi.

Ad essere sinceri, l’artefice dell'opera è partito avvantaggiato. Sapevo fosse un percussionista, lo avevo già sentito e visto in azione quattro anni fa a Trieste, in una ventosa e fredda serata di inizio luglio, per il battesimo di quell’edizione del Trieste Loves Jazz.

La scorsa estate invece nel Parco del Museo Sartorio, sempre per la medesima rassegna, a presentare questa sua opera prima in un solo live set, immerso in una miriade di strumenti.

La musica, e soprattutto le sonorità di Doc Mabal, al secolo Maurilio Balzanelli, mi hanno rispedito indietro con memoria e sensazioni, al finire di quegli anni ’90 quando avevo iniziato a suonare e stavo scoprendo generi musicali coinvolgenti e fuori dai soliti schemi.

Immediatamente mi sono ricollegato agli ascolti dei Tuu di One Thousand Years, degli O Yuchi Conjugate, di Peyote e ad alcuni fantastici tribali dei primi dischi degli Ozric Tentacles.

Un giudizio di parte il mio, non lo nego, ma rimane il fatto che fortunatamente c’è ancora chi sceglie di proseguire per la propria strada per poi sorprendere.

Nella vita Maurilio Balzanelli ha cullato, cresciuto e fatto maturare le sue due passioni centrando, in questo modo, i suoi obbiettivi, ovvero la medicina (è un medico di professione) e la musica, seguendo il percorso ritmico delle percussioni.

Trasferitosi a Trieste da adolescente, ha suonato la batteria nei Luc Orient, coltivando amicizie e contatti rimasti saldi anche dopo il suo trasferimento in Veneto, sul lago di Garda, dove tutt’ora risiede.

Nel corso della sua attività artistica ha suonato in quindici dischi ed in svariati concerti, anche nell’ambito di rinomate rassegne.

Ed ora, finalmente, per lui è arrivato il momento di presentare Puls-e, la sua creatura, sua opera prima, davanti alla quale è impossibile rimanere indifferenti ed impassibili.

Per quarantuno minuti Doc Mabal, ci presenta un quadro completo del suo percorso e lo fa con meticolosa e certosina precisione.

In Puls-e nulla è lasciato al caso, e tutti gli strumenti sono suonati, da lui stesso, dal vivo, senza mandare in loop alcun take.

Dopo una breve intro dal titolo Octopus, il disco si rivela in tutta la sua bellezza con la seconda traccia Bolle, brano nel quale dei flauti andini ci fanno fluttuare, in una sorta di anticamera propiziatoria, prima di intraprendere il nostro viaggio.

Da questo momento il percorso si snoda attraverso ritmi Afro, scanditi da brani come Azalai, fino ad approdare nelle terre dei ritmi caraibici e del Samba con il brano Farra.

Un’avventura sonora durante la quale si delineano immaginarie conformità di paesaggi esotici, i cui confini, lontani nel tempo, vengono tracciati grazie alla musica creata con innumerevoli strumenti a percussione, campane, piatti e crotalini, e le melodie percussive di Log drum e Tank drum.

Un viaggio mitico e dal sapore atavico, eseguito in silenzio e con il massimo rispetto, seguendo il percorso indicato da Shangò, nostra divina guida in queste terre.

Undici sono le tappe di questo nostro pellegrinaggio, fino all’apoteosi finale che viene raggiunta con Eruption.

Un crescendo la cui esplosione finale si manifesta per mano dello stesso Orisha che suona l’ultimo profondo e ridondante colpo di tamburo a conclusione del viaggio, ponendo un sigillo al varco d’accesso di questo mondo, un sigillo che verrà tolto, dalla stessa divinità, all’inizio del prossimo ascolto.

 

Sabato 22 ottobre, presso gli studi di Radio City Trieste, Maurilio Balzanelli presenterà Puls-e.

A partire dalle ore 14.00, sarà ospite de Il Geco nella sua trasmissione Fronte del Palco.

Repliche giovedì 27 alle ore 10.00, e sabato 29 alle ore 14.00.

 

Contatti Maurilio Balzanelli

Mail: mbalzanelli@libero.it

Profilo Fb: https://www.facebook.com/doc.mabal

 

Video Maurilio Balzanelli inconcerto a Trieste il 27 luglio 2022, Parco Villa Sartorio per il Trieste LovesJazz

martedì 9 agosto 2022

Ozric Tentacles Electronic - Trieste, venerdì 05 agosto 2022, Castello di San Giusto

 

Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 09 agosto 2022)

Foto di Nino Gaudenzi (NinoZx21)



TRIESTE – Siamo stati fortunati ad aver assistito a questo concerto. Non capita infatti ogni giorno di potersi gustare una leggenda nel salotto di casa propria.

Gli OzricTentacles sono stati una band simbolo dell’underground musicale, un riferimento per molti amanti della musica e per molti musicisti. Formatisi nel lontano 1982, hanno vissuto il loro periodo di massimo splendore negli anni ’90, decade in cui le pubblicazioni erano annuali con tour incluso.

Io li ho conosciuti nel 1997, visti dal vivo per ben undici volte, dodici con questa esibizione cittadina, grazie alla quale sono ritornati a Trieste per la seconda volta, dopo l’evento sold out del teatro Miela nel novembre del 2010. Nuovamente il merito va all’Associazione Musica Libera, organizzatrice del Trieste Summer Rock Festival, giunto quest’anno alla diciannovesima edizione.

Innumerevoli cambi di line up nell’organico e indirizzato il timone verso sonorità del nuovo millennio, Ed Wynne rimane l’unico membro della prima ora a guidare gli Erpfans assieme al figlio Silas entrato a far parte della band. Anche il nome è cambiato, diventando oggi Ozric Tentacles Electronic, lasciando poco spazio alle interpretazioni di quello che è il nuovo percorso della leggendaria band.

Molti i fan storici presenti al Castello di San Giusto, tanti (e molto più giovani) i seguaci che si sono uniti in tempi più recenti e che hanno dimostrato di apprezzare maggiormente le ultime produzioni.

I brani eseguiti durante la serata hanno fornito una mappatura esaustiva del mondo degli OTE, a partire da Eternal wheel (Erpland 1990) in apertura di serata. Si è proseguito poi con Kick Muck e The Doms of G’bal (Pungent Effulgent del 1989), Sploosh! (Strangeitude del 1991) e Dance of the Loomi (Arborescence 1994), passando per Jelly Lips (The floor’s too far away del 2006), ed infine Blooperdome (Space for the earth del 2020) per arrivare ai giorni nostri.

Serata imperdibile ed emozionante, la seconda della rassegna che quest’anno ha ospitato anche Delirium International Progressive Group, Soft Machine ed Il Padrone della voce (tributo a Franco Battiato).

L’anno prossimo il Trieste Summer Rock Festival festeggia i vent’anni di attività. Chissà cosa bolle in pentola!

 







venerdì 5 agosto 2022

SUBSONICA – Grado (Gorizia), lunedì 01 agosto 2022, Diga Nazario Sauro

di Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 04 agosto 2022)

Foto di Maicol Novara 

GRADO (GO) – D’estate si balla, ci si diverte e ci si scatena. Poterlo fare sulla Diga Nazario Sauro di Grado con la musica dei Subsonica è stata veramente un’occasione unica, mai scelta è stata più azzeccata.

La band torinese non si è smentita nemmeno questa volta e per due ore, senza pause e senza i consueti e prevedibili bis di rito, ha trasformato il lastrico gradese in una splendida dance floor marittima sotto le stelle.

Un plauso quindi ai nostri paladini presentatisi in piena forma e con tanta voglia di suonare, offrendo al folto pubblico una set list tutt’altro che scontata.

Band senza eguali nel nostro paese, formatasi nel 1996 e invariata nella line up dal 1999, con ben dieci dischi all’attivo, i Subsonica sono arrivati sull’Isola d’oro per la decima edizione del festival Ospitid’autore, pregiata rassegna della musica dal vivo curata e realizzata nel dettaglio da Azalea.

Con un lieve ritardo rispetto all’orario d’inizio, il concerto si apre con Nuvole rapide, primo singolo estratto dal disco Amorematico pubblicato ben vent’anni fa. Buona parte del concerto ruoterà infatti attorno a questo disco, ma non sarà una delle solite serate celebrative.

I brani suonati ripercorrono tutta la loro carriera, anche se la scelta strizza l’occhio alla prima decade della loro storia, lasciando fuori più di qualche hit. Ma, nonostante tutto, il pubblico non protesta, anzi si lascia trasportare e gode delle ottime sonorità alle quali i Subsonica ci hanno abituati: Drum and bass, levare e stuzzicanti elettroniche alternative. Tastiere e batteria, suonate rispettivamente da Boosta e Ninja, la fanno da padrone, esprimendosi al meglio in Up Patriots to Arms (cover del 2011 di Franco Battiato). Benzina Ogoshi e Tutti i miei sbagli, invece, ci accompagnano al congedo della serata.

Si spera in qualche goccia di carburante ancora nel serbatoio del combo piemontese, ma Samuel si toglie gli auricolari e li consegna al fonico di palco, siamo veramente in chiusura.

D’estate si balla e ci si diverte sempre, con la buona musica.






mercoledì 27 luglio 2022

GORAN BREGOVIC – Trieste, sabato 23 luglio 2022, Castello di San Giusto

 

Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 26 luglio 2022)

Foto di Francesco Chiot 


TRIESTE - Un palpabile entusiasmo aveva già invaso la piazza del Castello di San Giusto ancor prima dell’inizio del concerto, facendo scegliere a molti di non occupare sin da subito i posti assegnati e rimanere in piedi per potersi poi dare a sfrenate danze per tutta la serata. Qualche minuto di ritardo sull’orario previsto ed ecco che parte un'inconsueta e singolare ouverture che vede protagonisti alcuni dei musici passare tra il pubblico suonando i loro ottoni fino a raggiungere il palco da dove a breve sarebbe iniziata la festa. Il Maestro Goran Bregovic, ambasciatore della cultura balcanica veste un elegante completo bianco che lo fa spiccare in mezzo agli altri sette musicisti con abiti popolari e costumi tradizionali. La Wedding and funeral band è un elemento imprescindibile della figura artistica del musicista e compositore bosniaco, di passaggio a Trieste quasi ad ogni suo tour.

Non ha bisogno di presentazioni Bregovic, anche i sassi sanno chi è e da dove è partita la sua storia. La sua fama è legata alle colonne sonore dei film diretti da Emir Kusturica, ma ancor prima ha fatto breccia nei cuori della gioventù dell'allora Jugoslavia con il Rock dei Bijelo Dugme. Tutta un'altra strada quindi, ma non è questo il primo o il solo caso, di precedenti analoghi se ne contano parecchi.

Un sold out annunciato, millecinquecento persone stipate nel Piazzale delle Milizie in un rovente sabato 23 luglio, per quello che è stato uno degli eventi principali dell'estate triestina, organizzato dalla Good Vibrations Entertainment per la rassegna Hot in The City, festival rientrante nella programmazione di Trieste Estate.

Chissà quanti fra i partecipanti a questa calda serata erano presenti allo Stadio Grezar nell'estate del 1998, quando Bregovic iniziava a cavalcare l'onda del successo fuori dai confini nazionali e passava in città per la prima volta. Oppure nell'ottobre dell’anno successivo, quando lo stesso fece tappa al PalaTripcovich per uno spettacolo avvincente in cui musica e bellissime letture recitate dall’attore Omero Antonutti, si fusero assieme.

Certamente da allora il pubblico è cambiato, e molti dei festanti e scalmanati giovani presenti sul colle in questa serata al tempo non erano ancora nati.







 

 


sabato 7 maggio 2022

AMICA CARISSIMA - Trieste, Teatro di San Giovanni, sabato 30 ottobre 2021

di Cristiano Pellizzaro

 

foto di Cristiano Pellizzaro e Fabiana Stranich


TRIESTE - Era solo questione di tempo. Il momento di ritrovarsi, per riprendere in mano quanto avevamo lasciato in sospeso un anno e mezzo prima, finalmente è arrivato. Non potevamo stare lontani dalle nostre attività ancora per molto. Intorpiditi dalla lunga pausa, pronti a rispolverare quanto dovuto interrompere senza sapere quando, in quali condizioni, e soprattutto, se mai avremmo potuto rimetterci al lavoro.

Nonostante conservassimo vecchi appunti scritti su carta e ci fossero anche delle registrazioni a venirci in soccorso, le idee ai primi incontri erano un po’ confuse. Di polvere da rimuovere dai nostri ricordi ne avevamo parecchia e soprattutto la complicità delle poche prove a nostra disposizione, hanno fatto sì che alle prime sessioni, qualche animo non ha tardato ad accendersi.

Spaziosi locali che di giorno ospitano un atelier di giovani artisti cittadini al piano terra di una bella residenza d'epoca, posta sul noto colle triestino, la sera diventano una suggestiva e confortevole sala prove per sette musicisti e un attore, pronti a smussare gli spigoli di un massiccio blocco di pietra e dare vita ad una creatura che, una volta presa forma, continuerà da sola il suo cammino fino alla maturazione finale. Immersi tra tele di pittori, bozzetti, calchi e statue di scultori, scaffali pieni di libri e cataloghi, trovano posto anche microfoni, chitarre, amplificatori, percussioni varie ed una fisarmonica. Stiamo sempre parlando di attrezzatura artistica che di conseguenza ben si pone in mezzo a tutto il resto. E così, chi su una sedia, chi su un vecchio divano o su uno sgabello, pregiandosi della sempre presente visita di Sam, uno splendido e mansueto Golden Retriver, in una piovosa serata di fine agosto, gli Illirya si ricompongono per iniziare a lavorare nuovamente ad Amica Carissima, uno spettacolo tematico con testi e musiche di Miriam Baruzza.

Ma chi sono questi Illirya, chi si nasconde dietro al nome di un popolo che un tempo viveva in queste terre? Per comprendere al meglio la loro storia dobbiamo fare un passo a ritroso di una dozzina d'anni circa, ovvero quando Miriam Baruzza e Alessandro Castorina, compagni nella vita e nella musica, decidono di musicare i testi da lei scritti, raccogliendo attorno a loro un nutrito gruppo di ottimi musicisti locali con l'intento di fondere cultura, tradizione e musica popolare della zona, scegliendo un nome importante come quello degli Illiry. Nel corso del tempo questo nome ha assunto un significato ben più ampio ed il concetto di questa idea oramai matura, ha dato vita anche ad un'omonima associazione culturale che intende promuovere e far conoscere talenti e forme d'arte locali mediante incontri, mostre, concerti ed eventi culturali di ogni tipo. (Facebook Illirya)

Dalle prime esibizioni, sino alla realizzazione del disco di debutto Nuvole di Passaggio (2019), diversi artisti si sono avvicendati nelle file di questo ensemble in cui attualmente, oltre ai già citati fondatori Miriam Baruzza (voce e autrice dei testi) ed Alessandro Castorina (basso elettrico), troviamo DiegoVigini (chitarra), Mauro Berardi (batteria), Stefano Bembi (fisarmonica), Massimo Leonzini (percussioni) e Cristiano Pellizzaro (percussioni aggiuntive). Appositamente coinvolti invece per questa rappresentazione, l’attore teatrale Angelo Mammetti, la cantante Aisha Marin e lo scultore Max Solinas. Musica, poesia, recitazione e scultura hanno quindi convissuto per una sera sullo stesso palco, presentando al pubblico il caleidoscopico obbiettivo dell’associazione Illirya, oltre ad offrire con eleganza e raffinatezza presso al Teatro di San Giovanni di Trieste la prima assoluta di Amica Carissima, un viaggio attraverso musica, parole e forme nell'universo femminile. Un percorso che si sviluppa partendo da una semplice lettera scritta da un uomo ad una donna, per poi arrivare a contatto con quella forza ancestrale che da sempre dimora nella vita stessa e che attraverso il tempo arriva fino a noi. Tutto questo sino a scoprire la femminilità vista come fonte creativa e motore dell’esistenza, espressa attraverso i miti e gli archetipi, ma che nel corso dei secoli è stata spesso repressa e non riconosciuta nella sua importanza vitale. Quindi tutte le diverse figure, i diversi volti, sposa, dea, guerriera, guaritrice, strega, madre e figlia, descritte attraverso il racconto poetico e le canzoni, fino ad arrivare ad un unico messaggio: “l’unione delle due forze più grandi dell’universo, il femminile ed il maschile, che insieme creano il tempo e lo spazio, sono destinate a danzare insieme per creare la Vita”.

Archiviata la prova generale, e terminati gli innumerevoli preparativi, finalmente è arrivato il momento di andare in scena. In fondo alla sala il fonico Fiodor Cicogna e il tecnico luci Stefano Pincin stanno ultimando i settaggi ai loro mixer e registrando tutte le impostazioni. Sul palco invece, la strumentazione degli Illirya è definitivamente disposta assieme alla postazione del narratore Mammetti. L’allestimento si completa con l’omaggio alla figura femminile pocanzi descritta, mediante l’esposizione sulla scena di alcune sculture dell’artista veneto Max Solinas del Borgo di Cison di Valmarino. Quattro rappresentazioni della donna, secondo la sua prospettiva artistica, realizzate in legno e metallo, che lui stesso descrive così: “Non ho nomi particolari per le sculture, sono tutte Modelle. Modelle di vita, per stile e scelte mai così comode, per cui mai scontate. Il più delle volte contro corrente e contro alla moda e alla mondanità...proprio per questo libere e leggere. Sempre alla ricerca di qualcosa in più attraverso il togliere alla materia, alla materialità...alle chiacchiere senza contenuti. Modelle Silenziose”.

L’attesa è quasi finita, le porte si aprono ed il pubblico, già numeroso fuori dalla sala, inizia a prendere posto. Nel frattempo la tensione sale e l’impazienza di mettere in moto la giostra la fa da padrona. Con alcuni minuti di ritardo finalmente le luci si spengono e Miriam Baruzza fa il suo ingresso in scena per i saluti di benvenuto ai partecipanti, per i ringraziamenti a tutti colori che hanno reso possibile la realizzazione di Amica Carissima, e chiama sul palco, per una breve presentazione della serata, Il Geco di Radio City Trieste (emittente web partner dell’evento), e Max Solinas per una descrizione delle sue opere.

Ora si è pronti per iniziare. Silenzio e buio in sala creano l’atmosfera giusta. Aisha Marin apre lo spettacolo con un testo da lei scritto e recitato come saluto ad un amico recentemente scomparso. Qualcosa però non va per il verso giusto e un inconveniente tecnico non permette il controllo dell’audio dal banco del mixer. Fiodor attraversa la sala di corsa fino a raggiungere le quinte in modo da avvisare i musicisti che a breve andranno in scena. Questa proprio non ci voleva. Qualcuno sbuffa appoggiandosi sulla ringhiera nel retro palco, qualcun altro impreca volgendo lo sguardo verso l’alto. Non è possibile che tutte le fatiche e le energie spese siano vane proprio adesso ad un passo dalla meta. Fortunatamente però ci sono Fiodor e la sua profonda dimestichezza che intervengono in tempo, scongiurando il peggio in men che non si dica, senza che nulla possa trapelare. I musicisti prendono posto tra gli applausi del pubblico. L’ultimo ad entrare in scena, mentre le prime note già si diffondono in sala, è il narratore, l’attore Angelo Mammetti.

Kol Dodi, La dea, Maria Maddalena, La strega, Bora, Come rugiada, La lettera del soldato, Il tempo dell’uva e del miele, Tango e Signora della baia, sono i dieci brani previsti in scaletta per questa serata.

Chi scrive queste cronache ha la fortuna di vivere la serata direttamente dal palcoscenico, suonando seduto in un angolo, a ridosso delle quinte, a fianco della più imponente delle quattro sculture. Posizione privilegiata la mia, dalla quale mi è possibile gustare quanto accade, tenere d’occhio la scena e godere in tutta tranquillità di questa magica serata e scambiare di tanto in tanto qualche sguardo divertito con Alessandro Castorina. Qualche metro più in là, davanti a noi, sprofondato sotto al palco, il pubblico è immerso nel buio. Da qui le luci a malapena mi lasciano intravedere le sagome di chi è seduto nelle prime file.

Con l’onirica ouverture Kol Dodi, le luci riscaldano la scena creando l’atmosfera giusta e fondendosi alla perfezione con la musica e l’allestimento presente sul palco. La dea, mediante i suoi versi “attraversiamo insieme la notte/ad un nuovo mattino ti condurrò/vieni con me nel giardino della dea/porta con te gioia e lacrime", accompagna l’ascoltatore verso il cuore dello spettacolo mentre Miriam omaggia uno ad uno i suoi musicisti attraverso una danza rituale come ogni cerimoniere che si rispetti saprebbe fare.

Perfettamente in linea con il set percussivo di Massimo Leonzini alla mia sinistra, e a ridosso della batteria di Mauro Berardi al mio fianco destro, posso permettermi di osservare ogni minimo particolare. Tra i drappi neri del sipario che dividono la scena con le quinte, ogni tanto vedo spuntare l’obbiettivo di una macchina fotografica. Con molta discrezione, e silenziosamente come un gatto, alle nostre spalle si aggira Fabiana Stranich, unico fotoreporter autorizzato dagli Illirya nonché autrice dei bellissimi scatti del concerto.

Di fronte a me, sotto i riflettori, i colori variano dal verde al rosso, dal giallo al blu durante tutto lo spettacolo in un crescendo di intensità raggiungendo l’apice con Bora, arrogante stacco strumentale di chiara matrice Progressive anni 70. Prima però il copione prevede l’esecuzione de La strega, brano il cui titolo lascia poco spazio alle interpretazioni dell’argomento, che in un crescendo incalzante dopo un assolo di chitarra di Diego Vigini, vede la voce di Miriam Baruzza condurlo verso la conclusione, lasciando poi il compito alla fisarmonica di Stefano Bembi a tenere le redini. Il brano è diretto verso la fine, c’è l’atmosfera giusta e il pubblico è con il fiato sospeso. Per chiudere all’unisono, fisarmonica e batteria dovranno essere in linea e affinché ciò avvenga, Stefano deve catturare l’attenzione di Mauro. Quindi si gira e lo chiama a gran voce. I due si guardano, c’è intesa, e al resto degli Illirya non resta che seguirli per chiudere tutti assieme puntualmente. La sala piomba nel buio delle luci e nel silenzio musicale. Inevitabile l’applauso del pubblico per un finale del genere.

Da questo momento Amica Carissima prenderà una direzione diversa, più umana, proseguendo il suo viaggio attraverso i sentimenti. Dall’amore materno de La lettera del soldato, missiva scritta da un figlio sul fronte di guerra, passando per l’amore tra uomo e donna con Tango, la cui esecuzione, ricca di pathos, prevede un cantato a due voci da Miriam e Mauro, che per l’occasione abbandona il seggiolino della sua batteria.

La chiusura spetta a Signora della baia, un’accattivante Bossa Nova, sulle cui note ci si prepara al congedo non prima però che Miriam Baruzza abbia generosamente presentato musicisti, collaboratori e ospiti.

Non ci sarà nessun bis, Amica carissima non lo prevede. O forse è più adeguato dire che un’encore sarebbe del tutto fuori luogo non essendo questo un semplice concerto, ma qualcosa di più. Uno spettacolo articolato, concettuale, dove l'intreccio di diverse forme d'arte formano una figura sola, come spiegato all'inizio.

Musica finita e luci accese in sala quindi. Applausi dalla platea, e saluti per tutti dall’alto del palco, davanti ad un pubblico soddisfatto che scalpita per altre repliche.


Link utili
Mauro Berardi

Stefano Bembi

Angelo Mammetti

Stefano Pincin (trasmissione Sarsicce & Guaranà ideata e condotta assieme a Marco Busan)

Max Solinas

martedì 12 aprile 2022

VINICIO CAPOSSELA – Trieste, domenica 10 aprile 2022, Teatro Rossetti

 Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 12 aprile 2022)

Foto di Simone Di Luca





TRIESTE – C’era una volta a Torviscosa, sulla strada statale che conduce a Cervignano, il Bourbon Street, un locale che, all’epoca dei fatti, forse aveva già cambiato nome ed era diventato il Blu Pavone. Sono trascorsi parecchi anni da allora, ma i ricordi di Franco sono ancora ben vivi e nitidi, tanto da permettergli di raccontare di un giovane cantautore, tale Vinicio Capossela.

Seduti al tavolo di un ristorante nei paraggi del teatro Rossetti, il mio amico, arrivato da Ronchi dei Legionari appositamente per il concerto, apre il cassetto dei ricordi, tira fuori questa storia dei primi anni ’90 ed inizia il suo racconto. Bizzarro immaginare il cantautore non ancora famoso che, al pianoforte, suona per meno di un centinaio di spettatori seduti ai tavoli di una sala immersa nel fumo delle sigarette non ancora bandite, in un’atmosfera quasi onirica.

All’epoca le radio già mandavano in onda qualcosa di Capossela, ed è proprio così che Franco l’aveva ascoltato per la prima volta. Ed aveva poi avuto la fortuna di assistere ad uno dei suoi primi concerti regionali, permettendosi anche il lusso di bere qualcosa assieme a lui a fine serata.

Raccontata così potrebbe sembrare la trama di un film, con i due che s'incontrano tanti anni dopo, dandosi appuntamento ad un orario bislacco, inconsueto, All'una e trentacinque circa. Ed è proprio così che è andata, perché questo è il titolo dell’opera prima di Capossela, celebrata a Trieste con questo concerto non per un sentimento di nostalgia ma piuttosto per omaggiare le proprie origini. Un appuntamento rispettato da tutto il pubblico presente a questo bellissimo evento andato in scena al Teatro Rossetti di Trieste ed organizzato da Vigna PR e And Production, in collaborazione con il teatro stesso.

Risicati i riferimenti alle sue opere più recenti. La serata principalmente è ruotata attorno ai primi tre dischi, dando spazio al già citato debutto del 1990, benedetto da Francesco Guccini e per la cui realizzazione erano stati chiamati in causa i migliori musicisti della scena di allora (Bandini, Villotti e Pitzianti, solo per citarne alcuni), oltre al leggendario Antonio Marangolo al sax, e il fido Enrico Lazzarini al contrabbasso, entrambi presenti sul palco triestino assieme a Zeno De Rossi alla batteria e Giancarlo Bianchetti alle chitarre.

Due ore e mezza di spettacolo mozzafiato, filate via senza alcuna pausa, durante le quali Capossela non ha mancato di omaggiare la nostra città che tanto ama, ricordando alcune notti brave spese in locali notturni triestini, e intonando assieme al pubblico alcuni versi della popolare canzone dialettale “Ancora un litro de quel bon”.

Veramente una bella serata. Una rimpatriata tra amici che si sono dati appuntamento All’una e trentacinque circa.