novembre 2013
di Cristiano Pellizzaro
Potrebbe sembrare banale e
scontato, ma anche la ricerca di un vecchio vinile richiede conoscenza e altrettanta
pazienza. Bisogna sapersi muovere nell’ambiente e tenere sempre gli occhi
aperti per evitare di inciampare in falsi d’autore oppure di cadere nei tranelli
dalle immancabili volpi del settore.
Daria Tomasini, un’esploratrice
esperta nel mondo dei dischi, con invidiabile passione e sacrificio si
avventura in tutta Europa per selezionare gioielli vinilici d’autentica fattura,
mettendo a disposizione la sua conoscenza anche ai nuovi, giovani e inesperti utenti
del mercato.
Insegnante di giorno ed attenta
catalogatrice di dischi per passione per il resto della giornata, occupa il
tempo libero con il ballo del Tango, ma quando si tratta di partecipare ad una
fiera del disco, non se ne fa sfuggire una, mettendo in mostra i suoi gioielli
di rara reperibilità.
L’ho incontrata in occasione
della prossima Fiera del Disco del 8 dicembre al Palasport di Chiarbola di
Trieste, e le ho posto alcune domande riguardanti la sua attività.
Cristiano Pellizzaro:
Allora Daria, che cosa significa essere un espositore di dischi alle fiere e offrire
un prodotto in vendita?
Daria Tomasini: Prima di tutto dobbiamo chiarire e spiegare che ci
sono gli espositori-venditori e gli espositori-collezionisti. Essere un
venditore vuol dire comprare dischi da poter rivendere ai visitatori delle
fiere. Essere un collezionista, invece, è un discorso ben diverso e complicato
che va oltre alla semplice vendita. Si tratta sempre di una ricerca ma di pezzi
rari in questo caso, con uno studio legato non solo alla musica, ma anche all’editoria
musicale. In quest’ultima situazione si può intendere l’attività semplicemente come
scambio, sia in moneta sia in materiali, in altre parole dischi altrettanto
rari.
C.P.: Un collezionista va molto più nello specifico allora. Lo possiamo
definire quindi un ricercatore archeologico?
D.T.: Non siamo proprio a livello di “preistoria della musica”, ma se
consideriamo che per molte band e nomi degli anni ’60-’70 non è facile reperire
del materiale, allora direi proprio di sì. E’ sempre più difficile trovare i
dischi di quel periodo.
Starei anche attenta ad adoperare
il termine compra/vendita in quest’ambito, tornando per un attimo alla domanda
precedente, perché è limitante. C’è sempre una ricerca fatta con molta passione
alla base dell’operato. Si diventa collezionisti, quando si fa il salto di
qualità, iniziando a ricercare i pezzi rari e da collezione. A questo punto si va
ben oltre alla semplice passione per la musica.
C.P.: E tu invece? Sei più venditrice o collezionista? Come hai
iniziato?
D.T.: Ho cominciato frequentando le fiere di musica come semplice appassionata,
ricercando quello che volevo ascoltare. Poi sono diventata una collezionista, tuffandomi
nelle ricerche approfondite, e poiché la faccenda mi coinvolgeva, allora ho
iniziato a prendere una quantità enorme di materiale da portare alle fiere per
scambiare e rivendere. Le cose si sono sviluppate di conseguenza.
La prima fiera alla quale ho partecipato,
era quella di Pordenone tanti anni fa, più di 20; avevo un banchetto di un solo
metro. Qualche tempo dopo ho aperto un negozio a Udine per quanto mi ero
immersa nell’attività. La mia però era un’attività commerciale diversa da un
semplice smercio di articoli e titoli. Ricercavo cose anomale, anche su
richiesta, e le proponevo ai miei clienti. Si trattava di un negozio
specializzato.
C.P.: Il tuo negozio, lo sviluppo della tua
passione: Life on Mars. Si trovava a Udine ed era un riferimento in Regione.
D.T.: Eravamo
in due soci. Rilevammo un’attività già esistente che non trattava vinili però. Quello
precedente al nostro era un negozio di musica non specializzato e noi lo trasformammo
in un negozio per collezionisti. E’ stata un’evoluzione avventurosa, a metà
degli anni ’90, periodo in cui il mercato del disco iniziava ad entrare in
crisi. Però per la proposta dei vinili d’epoca, la gente iniziava ad essere interessata
in modo particolare. Il mercato del cd era un discorso diverso invece. Tornando
a noi, tutto è filato liscio sino all’avvento di e-Bay. A quel punto il mercato
si è globalizzato e la gente poteva reperire autonomamente il materiale che desiderava
con maggior facilità. La stessa cosa poi è accaduta con i cd quando si è aperta
l’era del digitale: scaricare file era diventato molto semplice e, grazie ad
internet, le ricerche avvenivano in tutto il mondo con estrema facilità.
Per
questo motivo definisco avventuroso Life
on Mars (il nome del mio negozio), perché il periodo in cui abbiamo
iniziato questa attività era particolare e riservava delle incognite che si
sono rivelate sfavorevoli.
C.P.: Che cosa intendevi poco fa dicendo che
per il mercato del cd era diverso?
D.T.: Il
mercato della musica è andato in crisi fino ad implodere. I negozi musicali in
genere, di vinile e di cd, oggi non esistono quasi più e a quel tempo stavano
già scomparendo. Solo i collezionisti cercavano ancora i supporti originali ma
la gente comune aveva cominciato a non frequentare più i negozi. Per tenersi
informati sulle nuove uscite preferivano scaricare file e si accontentavano di un semplice ascolto al computer senza
possedere il disco originale.
D.T. Ho cominciato a girare nelle fiere specializzate del
settore in tutta Italia per cercare io stessa i clienti. Il nome Life on Mars non ha mai cessato di esistere,
è rimasto come un simbolo, un’identificazione. Come insegna della mia attività avevo
scelto questo titolo da un brano di David Bowie, artista che io venero, per
richiamare un determinato tipo di appassionati, mentre per tanti questo nome ,
“vita su Marte”, stuzzicava una curiosità tale da entrare in negozio o da
fermarsi al mio stand per capire il tipo di prodotto offerto.
C.P.: Data la particolarità dell’offerta da
te proposta verso i clienti, sia per quanto riguarda le fiere che il negozio,
sei orientata verso generi o artisti nello specifico?
D.T.: In
negozio trovavi di tutto. Ovviamente i generi che conoscevamo meglio erano
presi maggiormente in considerazione. Poi tenendo conto della richiesta del
mercato in Regione, stavamo attenti a
quello che la gente ricercava; si faceva il possibile per accontentare tutti,
proponendo tutti i generi musicali.
Quando
ho iniziato a viaggiare nelle diverse realtà collezionistiche italiane le cose
sono cambiate. Bologna, Genova e Milano erano piazze con un pubblico molto più
attento ed esigente. Il mio “banchetto” non poteva essere troppo generico. I
Genovesi, per esempio, sono maggiormente appassionati di cantautori, i
Bolognesi per la new wave e la dance, ecc. Ogni città aveva la sua
tradizione musicale. Ho deciso di specializzarmi anche confrontandomi con i
miei colleghi. Tutti gli altri espositori erano specializzati in un loro
singolo settore e io non potevo essere da meno. Decisi di orientarmi verso
quello che conoscevo meglio ovvero indie rock
anni ’90 e new wave anni’80. Ritornata
qui in Regione, sapendo che mi aspettava un pubblico molto eterogeneo, ho
ripreso ad offrire di tutto.
C.P.: Mi hai raccontato di questa tua esperienza
in giro nelle diverse piazze italiane, dove richiedevano articoli e generi
diversi, invece qui da noi che cosa succede? Che tipo di appassionato troviamo?
D.T.: La
nostra regione è poco popolata e questo è il nostro punto debole. Ci sono pochi
appassionati di musica e comunque molto eterogenei fra loro, anche se
partecipano a tutte le manifestazioni del genere con molto interesse. E’ un po’
dura dal mio punto di vista perché bisogna accontentare tutti e offrire sempre
cose nuove e il giro rimane comunque circoscritto, non è facile incontrare
nuovi appassionati. Trieste, per esempio ha un bacino d’utenza davvero piccolo
ed è anche una zona di confine. Vedi qualche Sloveno alla fiera, ma nulla più.
Non ne conosco di collezionisti provenienti da oltre confine; ce ne saranno sicuramente
ma non da influenzare il giro di Trieste. Per non parlare degli Austriaci.
Quelli proprio non li vedi.
C.P.: Torniamo a te. Guardando il tuo banchetto
ad una fiera, ho notato due band in particolare che mi hanno colpito per i
pezzi e i prezzi: Queen e Cure.
D.T.: I
Queen sono uno dei nomi più collezionati al mondo. Il mio interesse verso di
loro è partito in automatico durante la ricerca delle loro cose. Ho avuto la
fortuna, poi, di entrare in possesso di un’intera
collezione trovata da un privato. Non capita spesso di incontrare collezionisti
che si liberano dei loro tesori. Ma è proprio in casi come questi, quando hai materiale
interessante, che attiri al tuo stand altri appassionati dello stesso gruppo
che ti offrono degli scambi con titoli altrettanto interessanti e perciò la tua
selezione di titoli diventa sempre più importante.
Per i
Cure è accaduta la stesa cosa. Ho comprato all’estero tra l’Inghilterra e l’
Olanda dell’ ottimo materiale e con lo stesso criterio ho trovato altri pezzi
interessanti. Il gioco è sempre lo stesso: “Mi manca quel pezzo, se me lo
recuperi….tac, preso! ..se vuoi in cambio avrei..”
Se hai
una bella collezione di un gruppo, proponendo altro e non solo le solite stampe,
gli intenditori capiscono che non possiedi quelle cose così per caso, ma che
sei un conoscitore del genere e non ti improvvisi venditore di dischi. Questo è
quello che cerco di fare da sempre,
offrire pochi prodotti ma di alta qualità.
Anche per
la new wave, ho sempre cercato di
recuperare quello che penso sia indispensabile da avere in una discografia
investendo molte risorse. Alcuni titoli molto richiesti come The Modern
Dance dei Pere Ubu, Marquee Moon dei Television, Entertainment! dei Gang of four, oppure Jeopardy
dei The Sound non sono più tanto
facili da trovare nelle loro stampe originali, e se li trovi, purtroppo non li
paghi a buon mercato. Ma li considero buoni investimenti e poi i pezzi rari vanno
scovati fuori ad ogni costo, non ti arrivano quasi mai per caso.
Per
questo all’inizio di questa intervista ti dicevo che prima di rivendere un
disco da parte mia c’è una ricerca collezionistica.
Se vuoi
vendere un genere devi avere i pezzi giusti. Un ragazzo o una ragazza che si
avvicinassero a questo mondo con la voglia di ampliare la propria discoteca
personale con dei pezzi rari magari da me riescono a trovare qualche titolo in
stampa originale e, ti assicuro, non è sempre così facile, perché ormai i
dischi importanti da possedere sono sempre meno reperibili. Le buone copie stanno
scarseggiando e quelle poche che trovi non sono alla portata di tutti.
C.P.: Hai nominato l’Inghilterra e Utrecht come
mete dei tuoi viaggi vinilici…
D.T.: Sì,
come accennato prima, i dischi non ti capitano per caso, vanno perciò
“scovati”. L’Inghilterra è la patria di tutti i “vinilofili” Ho girato molte fiere in quel Paese. Ricordo soprattutto quelle
di Brighton e Reding. Ho imparato molto dal mercato inglese, il disco rimane
sempre il loro prodotto nazionale per eccellenza. Da noi è il mercato della moda che la fa da padrone, in
Inghilterra, invece, negli anni d’oro hanno esportato molta musica e
influenzato così molte correnti giovanili..
..mi è
capitato lassù di conoscere anche collezionisti privati e di aver visto in
vendita titoli da capogiro nelle loro collezioni.. altri livelli!
C.P.: Però anche al tuo banchetto ho visto cose interessanti.
D.T.: Un
pezzo come il primo singolo 7” (45 giri) in acetato dei Sex Pistols, per esempio, non lo trovi ad un banchetto alle fiere. Può
capitare, ma è difficile. E’ più facile che sia un privato a venderlo non lo
vedi esposto in uno stand.
C.P.: Ti ho portato fuori strada. Utrecht?
D.T.: Sì,
è una fiera grandiosa! Tutti i collezionisti d’Europa ci sono stati lì almeno
una volta. Trovi stand da tutto il mondo. E’ importante partecipare per capire
come si muove il mercato, quali sono le tendenze e quali generi hanno più
richiesta.
Non nego, però, che la crisi internazionale ha colpito anche questo
mondo. Oltre ai molti venditori con banchi specializzati, ho trovato anche
quelli che preferiscono smerciare tanto materiale di scarso valore a poco
prezzo non curandosi tanto della qualità dei prodotti. Più quantità e meno
qualità, alle volte bisogna stare all’ erta!
C.P.: Oltre la crisi, che cosa ha colpito il
mercato?
D.T: In
tanti anni di esperienza ne ho viste molte.. Quello che ritengo pericoloso per
il mercato è la mancanza di competenza da parte di alcuni standisti, per lo più
improvvisati, che ti offrono dei prodotti completamente al di fuori di ogni
valutazione possibile o, inversamente, che deprezzano titoli importanti. Per
non parlare poi di alcune stampe non ufficiali di titoli molto rari a prezzi
ridicoli che circolano nelle mostre..
Chiunque venga a visitare una fiera in questo
modo potrebbe avere la sensazione di essere in un bazar e non in un luogo dove
poter approfondire le proprie conoscenze sul settore.
Daria Tomasini e Maurizio Giugovaz (curatore della fiera di Trieste), all'edizione del 2012.
C.P.: Spiegati meglio con sta storia.
D.T: Sto
parlando della professionalità e dei prodotti offerti con una certa competenza
che dovrebbero essere una caratteristica fondamentale per distinguere una fiera
specializzata del disco da un bazar.
C.P.: Abbiamo parlato dell’acquisto dei
dischi, ma non del loro restauro, perché anche quando un disco viene comprato,
non sempre è bello da vedere e tenuto in ordine. Qualche sistemazione bisogna
dargliela.
D.T.: Certo,
vanno controllati. Per prima cosa, la copertina va pulita e restaurata dove
possibile. Il vinile invece va lavato con prodotti speciali o con acqua
distillata. Al momento dell’acquisto non sempre si notano dei difetti. Perciò è
preferibile ascoltare sempre un disco. Io lo faccio spesso prima di metterne
uno in vendita. Di ritorno dalla mia ultima trasferta ad Utrecht ho impiegato
due mesi per ascoltare tutto il materiale con attenzione. Durante questi
ascolti ho trovato alcuni dischi con difetti di suono e perciò in qualche caso sono
stata costretta a non inserire l’articolo nella lista di vendita. Fa parte
della mia filosofia di vendita, non mi piace rifilare dei dischi rovinati. Se
capita, non l’ho fatto certo con intenzione!
C.P.: E per i prezzi? Come si fa a
stabilirli? C’è una borsa del vinile oppure ci si affida alla rete come per
esempio eBay o Discogs?
D.T.: Esatto,
in rete trovi tutto. Ci sono anche delle guide e riviste specializzate in carta
stampata. Ogni nazione ne possiede una. In Inghilterra
c’è Record Collectors, in Italia esiste Raro!. Proprio questa
rivista pubblica una guida per la discografia italiana, con una lista molto ben
dettagliata con le valutazioni per ogni titolo citato.
Poi ci
sono le guide on-line, aggiornate da specialisti. Ma quello che conta di più è
l’esperienza.. Ogni venditore dopo tanti anni ormai sa a quanto può rivendere
un determinato titolo considerata la richiesta, le mode e la piazza dove va ad esporre..
C.P.: Quanto influisce sul prezzo di vendita lo
stato in cui versa un disco? Chiaro che se un disco è rovinato non lo vai
nemmeno a prendere.
D.T.: Quando
fai una valutazione, ci sono due voci; una per la copertina e l’altra per il disco.
Entrambe influiscono al 50%. Se poi cover e disco sono tenuti male….beh il
prezzo scende molto. Tutti noi espositori adoperiamo questi metodi e scale di
valutazione. Se vedo al mio banco dei possibili compratori, giovani e nuovi
all’ambiente, cerco di spiegare bene queste cose. Perdo tempo volentieri a
raccontare le caratteristiche di un disco (edizione, qualità, stato di
reperibilità), più professionalmente possibile.
Magari l’avventore non mi comprerà nulla in quel momento, ma va via con delle
nozioni in più e la volta dopo tornerà da me, ne sono sicura! La gente non è
scema, sa riconoscere un venditore serio, modestamente!
C.P.: Il disco più incredibile o più raro che
ti è passato per le mani, oppure quello che stai ancora cercando.
D.T.: Anni
fa possedevo il primo singolo singolo 7”
(45 giri) dei Joy Division, An Ideal for living anche questo conquistato con uno scambio e qualche soldo
vicino. Appena lo vidi, pensai che poteva essere un’ attrazione per i miei
visitatori. E’ stato un investimento. Era un pezzo molto ricercato, stampato nel
1978 solo in 1000 pezzi con la copertina apribile a poster. Incredibile. E’
roba per la quale i prezzi schizzano alle stelle alle aste on-line e io lo
esponevo al mio banco con orgoglio. Tutti i visitatori che si avvicinavano
chiedevano stupiti se era quello originale, così sulla copertina avevo aggiunto
un biglietto con scritto “Credete ai
vostri occhi!”. Bella storia, ma vista la rarità del pezzo è sparito
subito. L’ho scambiato con un altro espositore.
Il
concetto del collezionismo è proprio questo: lo scambio. Anche ad Utrecht se
vuoi ti puoi presentare con la tua borsa e proporre degli scambi. Ad ogni pezzo
corrisponde un valore e ad altrettanti pezzi di pari valore.
È un
po’ come giocare con le figurine, ti ricordi? Ce l’ho, manca.. se io ti do
questa, tu cosa mi dai?
C.P.: E’ possibile vivere facendo le fiere?
D.T.: Sì,
perché no? Se decidi di farlo per mestiere certo che puoi. Significa sacrificio
però. Devi essere sempre in viaggio ogni weekend sia in Italia che all’estero.
Ce ne
sono tanti che hanno scelto questo tipo di attività.. la vita che ti prospetta
da questa scelta è molto “avventurosa”.
Io lo
faccio per passione nel tempo libero ed è comunque molto impegnativo. Ma lo
faccio con piacere sacrificando alle volte anche le mie vacanze, se lo vuoi sapere..
perché molti viaggi li dedico alla ricerca dei dischi.
.
C.P.: Dove vorresti arrivare con questa tua
passione?
D.T.: La mia è una grande passione che riesco a coltivare nel tempo libero. Sono ormai più di 20 anni che mi dedico al collezionismo musicale. Penso di aver raggiunto un’ esperienza tale da considerarla una vera e propria professione. Cerco di fare sempre del mio meglio aggiornandomi per offrire ai miei clienti collezionisti un servizio adeguato. Spero di riuscire a farlo sempre con lo stesso entusiasmo. L’odore del vinile e del cartone dei dischi , anche se dopo tanti anni potrebbe sembrare nauseabondo, mi attira come Poldo veniva attirato dagli hamburger.. quando comincio a guardare nelle casse a qualche fiera e trovo un titolo interessante la cosa mi rende davvero felice.. penso subito al cliente che potrebbe esserne interessato e alla sua faccia contenta nel vedersi materializzato l’ultimo pezzo per la sua collezione.. allora lo compro subito. Lo faccio sì per una questione commerciale, ma principalmente per vedere contento il cliente. Questo è il mio principio di lavoro da quando ho iniziato a frequentare le fiere e i mercati. La soddisfazione di vendere un disco ad un cliente va ben oltre la questione economica. Per me non si tratta, infatti, di vendere un pezzo di plastica dentro ad una busta di carta colorata. Uno che compra un disco in particolare lo fa con un criterio preciso e la consapevolezza di cosa va cercando. Perché quel disco magari rappresenta un episodio della sua vita al quale è legato.
Vendendogli quel disco è come fargli suscitare dei ricordi, procurargli delle emozioni particolari che ha vissuto ascoltando proprio quello. Una cosa che non si può quantificare, penso.. ed è quello che caratterizza tutti i mercati del collezionismo in genere. I filatelici, numismatici, noi “vinilofili”, quelli che collezionano libri e fumetti sono feticisti e alle volte ti sembra incredibile che uno possa appassionarsi così ad un oggetto inanimato, ma non è l’oggetto in sé che ha valore.. è quello che rappresenta.
D.T.: La mia è una grande passione che riesco a coltivare nel tempo libero. Sono ormai più di 20 anni che mi dedico al collezionismo musicale. Penso di aver raggiunto un’ esperienza tale da considerarla una vera e propria professione. Cerco di fare sempre del mio meglio aggiornandomi per offrire ai miei clienti collezionisti un servizio adeguato. Spero di riuscire a farlo sempre con lo stesso entusiasmo. L’odore del vinile e del cartone dei dischi , anche se dopo tanti anni potrebbe sembrare nauseabondo, mi attira come Poldo veniva attirato dagli hamburger.. quando comincio a guardare nelle casse a qualche fiera e trovo un titolo interessante la cosa mi rende davvero felice.. penso subito al cliente che potrebbe esserne interessato e alla sua faccia contenta nel vedersi materializzato l’ultimo pezzo per la sua collezione.. allora lo compro subito. Lo faccio sì per una questione commerciale, ma principalmente per vedere contento il cliente. Questo è il mio principio di lavoro da quando ho iniziato a frequentare le fiere e i mercati. La soddisfazione di vendere un disco ad un cliente va ben oltre la questione economica. Per me non si tratta, infatti, di vendere un pezzo di plastica dentro ad una busta di carta colorata. Uno che compra un disco in particolare lo fa con un criterio preciso e la consapevolezza di cosa va cercando. Perché quel disco magari rappresenta un episodio della sua vita al quale è legato.
Vendendogli quel disco è come fargli suscitare dei ricordi, procurargli delle emozioni particolari che ha vissuto ascoltando proprio quello. Una cosa che non si può quantificare, penso.. ed è quello che caratterizza tutti i mercati del collezionismo in genere. I filatelici, numismatici, noi “vinilofili”, quelli che collezionano libri e fumetti sono feticisti e alle volte ti sembra incredibile che uno possa appassionarsi così ad un oggetto inanimato, ma non è l’oggetto in sé che ha valore.. è quello che rappresenta.
Quindi,
se vogliamo vedere il tutto sotto una sfera “romantica”, commerciare in dischi
è un po’ come commerciare sogni.
Quando
torno dalle fiere immagino sempre dove sono andati a finire i miei dischi
venduti: a casa del loro compratore, certo. Dopo una giornata di ricerche si
siederà sul divano, accenderà lo stereo, ascolterà i suoi dischi e con una
birretta in mano si rilasserà proprio lì, immerso nei suoi ricordi.