lunedì 18 febbraio 2019

VÖK – Pordenone, venerdì 15 febbraio 2019 - Capitol

Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato il 18 febbraio 2019)
Foto di Cristiano Pellizzaro

Mi sono sempre chiesto quale sia l'elemento che provoca la reazione per cui una certa musica smuove qualcosa nell'ascoltatore. Nell'autunno di tre anni fa per una pura coincidenza, nemmeno ricordo cosa stessi cercando, su Youtube mi saltò fuori il canale della KEXP, una stazione radiofonica di Seattle che proponeva un'interminabile lista di interviste con esibizioni di innumerevoli artisti. In quel momento mi si è aperto un mondo. Un giardino pieno di fiori, colori e profumi che in un batter d'occhio mi hanno fatto perdere il senso dell'orientamento talmente vasta era la scelta. Trovai di tutto lì dentro, da nomi noti come Bonobo, Stromae, Thievery Corporation e il nostro Jovanotti, ad altri per nulla conosciuti come i Vök, una giovanissima band islandese di Reykjavik che si muoveva tra elettronica, atmosfere al limite del Trip-Hop e gustose sonorità Indie. Si rivelò nitidamente sin da subito una ovvia matrice di provenienza della terra dei ghiacci, la stessa che ha dato i natali alla nota Bjork e ai suoi Sugarcubes, ai Sigur Ròs e ai fantastici ma meno noti Samaris. Chi l'avrebbe mai detto che da un'isola come l'Islanda potevano venir fuori tutti questi nomi? Probabilmente a giocare un ruolo determinante dev'essere la posizione geografica, identificata nella prolifica triangolazione i cui vertici sono Danimarca, Scandinavia e Islanda appunto. Da quest'isola lontana i Vök arrivano inaspettatamente fin nella nostra zona e sinceramente non so quando potrà capitare un'altra occasione di rivederli da queste parti.

Attivi da ormai sei anni, con un leggero cambio nella line up rispetto alla partenza, due Ep e un disco dal titolo Figure pubblicato nella primavera del 2017, i Vök per la terza volta, e quasi in sordina, sono arrivati in Italia a presentare il raffinato Dream Pop di loro creazione e composto da elementi di spicco che si confermano essere inconfondibili connotati di riconoscimento. Il set eseguito è limitato nella durata (non è possibile pretendere un'interminabile cavalcata), ma quanto andato in scena ha regalato una piacevole e divertente serata da gustarsi preferibilmente nei club. Forse ancora un po' acerbi per certi versi, e vista la giovane età non può essere diversamente, hanno dato comunque prova di talento e consapevolezza. Nessuna spavalderia o gesto eccessivo sulla scena che hanno dimostrato di saper affrontare.
Penso sia da ritenersi fortunati a vedere adesso i Vök. Le platee potrebbero diventare molto più grandi e affollate in un domani non tanto lontano. Dire di averli visti ad un palmo dal naso potrebbe essere un bellissimo ricordo.






VÖK - Pordenone, Capitol 15 02 2019 I/IV

VÖK - Pordenone, Capitol 15 02 2019 II/IV

VÖK - Pordenone, Capitol 15 02 2019 III/IV

VÖK - Pordenone, Capitol 15 02 2019 IV/IV

martedì 12 febbraio 2019

JASON ROBERT BROWN - THE LAST FIVE YEARS dal 08 al 24 febbraio TRIESTE, TEATRO STABILE SLOVENO


Ti cambierò il mondo…
    
Il Teatro Stabile Sloveno ha scelto quest’anno di sorprendere ad ogni debutto con una serie di proposte inedite: dopo l’Amleto rock di inizio stagione e Il Re di Betajnova affidato a un professionista del cinema horror, febbraio porterà al teatro di via Petronio una produzione veramente inedita anche per il genere affrontato, ovvero il musical off Broadway The last five years di Jason Robert Brown. Produrre un musical, seppure in versione da camera, è un’avventura nuova per il TSS che nella sua storia ha collaborato diverse volte alla realizzazione di spettacoli di teatro musicale, ma mai in un musical americano. Lo spettacolo è stato realizzato in coproduzione con il centro musicale sloveno Glasbena matica e il Teatro nazionale di Nova Gorica.
The last five years è una storia d’amore raccontata in modo inconsueto, che prevede due prospettive temporali opposte: il racconto di lui, lo scrittore Jamie, si svolge secondo la cronologia tradizionale, quello di Cathy, una giovane attrice di musical, arrivata a New York dalla provincia, ha un andamento inverso. L’incontro, il matrimonio, la separazione sono le tre tappe vissute prima della stesura del libretto anche dall’autore Brown, che ha scritto questo musical dopo la separazione dalla moglie. La prima è andata in scena a Chicago nel 2001, seguita l’anno dopo dal debutto a Broadway. Inizia così la storia del successo internazionale del pluripremiato musical per due cantanti-attori e un gruppo strumentale, che ha fatto il giro del mondo e nel 2015 è diventato anche un film.

Al Teatro Stabile Sloveno verrà messo in scena con i sovratitoli in italiano e nella traduzione slovena di Janez Usenik, una novità assoluta che conquisterà anche grazie alla regia di Jasmin Kovic,  artista goriziana dalle esperienze televisive e cinematografiche, alla quale la particolarità di questo musical (che non punta su un impatto visivo spettacolare o su coreografie di massa) ha permesso di concentrarsi sull’intimismo del racconto di un amore. Si parla dell’ascesa di un giovane scrittore di successo e di una donna che aspira a diventare un’apprezzata attrice: le ambizioni di entrambi, in particolar modo i successi di lui e le loro conseguenze, non aiutano però questo rapporto, che termina dopo cinque anni.
»Questa non è una storia d’amore che poteva essere narrata dai grandi poeti passato. (…) Ma è la storia di un amore vero, per quanto l’amore possa esserlo, un amore fragile, insicuro e vulnerabile. Ed è una storia d’amore infinitamente bella, come possono esserlo solo le storie semplici.« – scrive a proposito del libretto il traduttore Usenik, che aggiunge: «Solo chi ha vissuto un amore simile può dare alla musica tanto sentimento: nei momenti in cui il violino piange per i troppi ricordi, in cui la chitarra lascia passare attraverso le proprie corde tutta la rabbia di un cuore spezzato e il basso abbraccia l’impotenza di un’anima divisa in due che sta perdendo la propria metà, emerge tutto il talento del compositore.

Nei ruoli dei protagonisti reciteranno e canteranno due attori dall’indubbio talento musicale, i triestini Danijel Malalan e Patrizia Jurinčič, e arriva da Trieste anche la direttrice musicale del progetto, la polistrumentista Andrejka Možina, che coordina anche il gruppo strumentale sul palco, formato da Sebastiano Frattini, Irene Ferro-Casagrande, Andrejka Možina, Matteo Bognolo, Luca Emanuele Amatruda e Mariano Bulligan. Scene e costumi sono della giovane Giulia Bellè.
La prima in abbonamento andrà in scena venerdì 8 febbraio alle 20.30 al Ridotto del Kulturni dom di Trieste, con anteprima per giornalisti e ospiti giovedì 7 febbraio alla stessa ora. Le repliche triestine seguiranno fino al 24 febbraio, mentre il 18 febbraio lo spettacolo sarà in tournée al Kulturni center Lojze Bratuž di Gorizia nell’ambito della stagione in abbonamento per Gorizia del TSS. Per la replica in programma il giorno di San Valentino è prevista un’offerta speciale dedicata alle coppie, con due biglietti al prezzo di uno per festeggiare in modo originale il giorno degli innamorati. Tutti gli spettacoli saranno sovratitolati in italiano e per le repliche della domenica pomeriggio è previsto un servizio di autobus navetta gratuito in partenza da Sistiana, Muggia e Opicina.

Coproduttore: SLOVENSKO STALNO GLEDALIŠČE/ TEATRO STABILE SLOVENO , TEATRO NAZIONALE DI NOVA GORICA, GLASBENA MATICA

Regia: Jasmin Kovic
Con:     Patrizia Jurinčič Finžgar - Cathy
             Danijel Malalan - Jamie

Traduzione: Janez Usenik
Consulenza linguistica: Srečko Fišer
Direzione musicale: Andrejka Možina
Scene e costumi: Giulia Bellè
Musicisti: Sebastiano Frattini, Irene Ferro-Casagrande, Andrejka Možina, Matteo Bognolo, Luca Emanuele Amatruda, Mariano Bulligan
Scene realizzate nei laboratori del Teatro nazionale di Nova Gorica
Foto: Luca Quaia

lunedì 11 febbraio 2019

RAY GELATO & THE GIANTS – Trieste, venerdì 8 febbraio Teatro Miela


Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste (pubblicato 11 febbraio 2019)




Sin dal momento in cui la data di questo concerto era stata annunciata, si era capito che la sala sarebbe stata presa d'assalto dallo scatenato pubblico delle grandi occasioni e proprio per questo motivo la platea appositamente è stata sgomberata dalle sedie per lasciare posto a chi avrebbe voluto ballare senza sosta. Ray Gelato assieme ai suoi Giants è ritornato a Trieste dopo un'assenza durata un bel po' di tempo ed è stato davvero un evento perché proprio al Teatro Miela era arrivato all'inizio della sua carriera venticinque anni fa quando cominciava a muovere i primi passi. Quindi assolutamente dovuto un concerto a casa nostra per questo tour celebrativo del quarto di secolo di attività, occasione che giustamente il Miela ha colto al balzo come sempre sa fare portando nella struttura nomi di rilievo per serate che contano.
Ray Keith Irwin (questo il vero nome di Ray Gelato, classe 1961, britannico e non americano al contrario di quanto si potrebbe pensare) ha regalato per una sera il gusto dell'atmosfera dei club d’oltre oceano, quelli di diversi decenni fa visti nei film americani che ci hanno fatto sognare, quelli delle piccole orchestrine guidate dai grandi maestri dello Swing, del Jazz e dei Crooner. Anche il dress code (necessario in questo caso) viene rispettato, ed ecco quindi  eleganti completi indossati da tutti i presenti sul palco, in contrasto però nel colore, dove il blu spetta ai musicisti e marrone per il front man in modo da risaltarne la presenza e sottolineare il suo ruolo.
Tanti i brani conosciuti e inseriti in scaletta come Carina, Just a Gigolò e Torero, ma anche A Pizza You, Bar Italia e The Celebrity Club, tutti suonati con affiatamento e maestria dai sei elementi della band, tra i quali ritroviamo il contrabbassista Manuel Alvarez, il batterista Marti Elias e Gunther Kurmayr al pianoforte, tutti già visti con il Ray Gelato Quartet per l'edizione 2016 del Muggia Jazz Festival.
L'indiscusso leader della scena cattura l'attenzione e diverte, si alterna tra sassofono e microfono muovendosi sul palco con il braccio piegato mentre le dita schioccano e tengono il tempo. Fosse per lui, non scenderebbe mai dal palco. Alla fine bagno di folla nel foyer per autografi e foto.