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Ricordo perfettamente quel sabato mattina di una primavera inoltrata di dieci anni fa, quando entrato in un negozio di dischi del centro avevo sentito una musica da America latina, accompagnata da una voce del tutto particolare che mi ricordava molto i peones dei film western; chiesi al commesso chi fosse e mi rispose:”è il disco solista di Manu Chao, il cantante dei Mano Negra”.
A dirla tutta non era tanto la musicalità che mi aveva
colpito in quel momento, ma ciò che aveva scatenato in me, ovvero una senso di
malinconia, una nostalgia che non avevo idea da dove poteva venir fuori;
nell’america del sud non ci sono mai stato e quindi provare un senso di
presenza in quel momento, in un luogo a me ancora sconosciuto, immaginarmi di
stare per le strade di una qualsiasi città del centro America fuori da un bar
con i personaggi locali che suonano come si vede all’interno della copertina di
Clandestino, mi aveva colpito molto.
Eppure ciò che Manu Chao proponeva non era nulla di nuovo; infatti
le sue composizioni suonate in stile “latino”, possono trovare diversi eguali
in registrazioni di musicisti popolari delle suddette zone. Ciò che ci colpiva
era la ventata di aria fresca che era stata portata qui; non eravamo abituati a
quelle sonorità; musiche simili le avevamo già sentite in film tipo Scarface o La canzone di Carla; ma mai erano state proposte in formato di
vendita al pubblico di largo consumo in quel modo come stava per diventare un
anno più tardi.
Manu Chao per quasi un anno passò inosservato; nessuno
sembrava essersi accorto di lui. Gli amici che ascoltavano il suo Clandestino
che mi ero comperato mi dicevano “mi sembra di stare ad ascoltare le musiche
dei cartoni animati di Speedy Gonzales”,
ma nessun commento di più.
Appena un anno dopo, televisioni, radio e il pubblico si
accorsero di Bongo Bong e Je ne t’aime plus lanciandoli in testa
alle hit senza rendersi conto che Manu chao era passato sotto i loro occhi da
tempo e che pure un tour lo aveva presentato dal vivo al pubblico dei piccoli
club.
Il successo crebbe e due anni dopo, nel 2001, quasi
inaspettatamente il cantore dei desaparecidos fece il suo ritorno alla grande
con Proxima Estacion Esperanza.
Inaspettato perché quasi nulla era stato anticipato e di già le radio di massa
facevano girare in un maggio afoso Me
gustas tu per la prima volta.
Subito un trionfo, un disco costruito sugli stessi criteri e
basi del precedente ma diverso; diverso nelle musiche, nei ritmi e molto ma molto
meno intimo di Clandestino; perché se il primo era malinconico e triste, questo
nuovo lavoro è tutto l’opposto.
Proxima Estacion Esperanza era una festa, una bolgia di
allegria che anticipava il suo primo ed entusiasmante tanto atteso tour con la
sua Rabio Bemba!
Diventa così la voce dei no global del G8 di Genova del
2001, degli emigrati e dei socialmente offesi di tutto il mondo. Ero matto,
matto della sua musica e lo sono tuttora e non mi stancherò mai di esserlo.
Andai al suo concerto di Tarvisio senza ancora aver
ascoltato attentamente il suo disco e quindi un po’ impreparato alla faccenda,
anche se preparati non si poteva essere. Gli spettacoli che proponeva erano
delle feste continue con i brani di entrambi i dischi da studio stravolti e
riarrangiati. Il che rendeva il tutto più divertente perché inaspettato, il
tutto entusiasmante perché bello, il tutto potente perché Manu Chao aveva
raggruppato sotto il nome di Radio Bemba (una radio cubana clandestina), dei
vecchia amici di tante battaglie come il bassista Gambit, Chuco il
mixerista e David alla batteria;
tutti e quattro vecchi amici già suonatori sotto il nome di Radio Bemba,
assieme ad altri musicisti, tutti o quasi suonatori di strada e non
professionisti. Il miscuglio che ne viene fuori è un frullato che poche volte
da una risultato simile, ovvero una carica di energia da far paura; bravura di
un collettivo affiatato ed incazzato allo stesso tempo che si diverte e fa
divertire.
Il successo è immediato ed enorme tanto è vero che alla fine
del tour del 2001, immediatamente salta fuori la possibilità di prolungare la
fiesta clandestina per buona parte del 2002 e portarla fino in Giappone.
Ovviamente il successo non manca neppure ora e come ogni
volta che un tour di Radio Bemba termina, il collettivo si scioglie per la
volta successiva.
Si deve attendere il 2005 per ritrovare Manu chao con un
lavoro di inediti, ovvero Siberie,
pieno di classe, suonato all’”oddicentale” e degno di essere assaporato stando
seduti in un cafè parigino davanti all’esecutore dei brani che canta senza
fretta.
Nel frattempo viene pubblicato il live dei concerti, che
cattura molta bene lo spirito delle esibizioni.
Il resto è del tutto recente, ovvero settembre 2007 con la
pubblicazione de La Radiolina.
Le anticipazioni fanno credere a tutti che sarà un ulteriore
successo, o meglio è la gente che si ASPETTA TANTO.
A pare mio La radiolina delude le aspettative e non è per
niente paragonabile ai due lavori precedenti. E’ banale e ripetitivo, perché troppo
uguale nella struttura ai due precedenti e perchè ripetitivo per le sue
musiche. Mi da tanto l’impressione di essere una raccolta di brutte copie
tenute nel cassetto pronte per essere utilizzate al momento buono in caso di
necessità; e non vorrei che la necessità sia arrivata nel momento di dover per
contratto pubblicare un nuovo lavoro di inediti. Sì perché l’industri
discografica funziona così. In qualsiasi ambiente di lavoro ci sono tempi,
scadenze, impegni da rispettare, ma penso che l’ambiente dell’industria
discografica commerciale sia uno dei peggiori se non il peggiore in assoluto. E
così ogni tanto ci si ritrova con della schifezza in mano, che tanto la gente
compra. Compra o perché gli piace prendere tutto ad occhi chiusi, o perché
purtroppo si fida senza conoscere bene il prodotto e ammette che merita.
E così con un nuovo lavoro da presentare, e con molta
curiosità di andarlo a vedere, Manu Chao si ripresenta in diverse trance tra il
2006 e il 2008.
Mi auguravo di rimanere sorpreso in positivo nuovamente per
questo suo tour; di poter ballare come un forsennato come avevo fatto sette
anni prima e invece ahimè, non è stato così.
La data di Manu Chao e Radio Bemba Suond System all’arena di
Pola in Croazia, dopo essersi
rivelata cosa difficile per la reperibilità dei biglietti, si rivela pure una
dolorosa e inaspettata ripetizione delle cose durante lo spettacolo.
La band si presenta visibilmente stanca e prova ne è il
fatto delle troppo lunghe pause tra una canzone e l’altra, che anche se vengono
riempite dai campionamenti di sirene, e voci di cronisti radiofonici dei paesi
latini, elementi tipici dello stile Chao, non convincono per nulla.
Il gruppo è costituito da sette elementi, ma si sente da
matti la mancanza della fisarmonica che era stata di B-Roy, la tromba di Roy Paci
(e uno come lui sostituirlo non è facile), e la voce di quella simpatica e
vivace scimmietta Bidji.
Tutto uguale, ovvero brani raggae o in stile latino che ad
un certo punto passano nel tipico ritmo ska-punk alla Manu, ma il fatto è che per
tutti i brani si poteva intuire in quale parte ci sarebbe stato il cambio di
ritmo.
Il concerto dura parecchio, più di due ora con tutti i bis.
I momenti più belli di certo Clandestino,
A cosa, e forse Merry Blues.
Però il pubblico degli alternativi è presente e contento;
contento di stare ad ascoltare il suo portavoce; portavoce che però per sua
stessa ammissione, al tempo di Genova lavorava per la Virgin, una delle più
grosse case discografiche al mondo, che oltre ad intascare un bel po’ di soldi,
ne farà intascare altrettanti all’artista (anche se in quantità minore), e
ricordo di ave pagato ben 32 euro sta volta per vederlo. Quindi anche se
impegnato socialmente e politicamente di dinero penso ne veda un bel po’!
D’accordo che tutti hanno degli alti e bassi, che si possono
passare dei momenti bui. A diversi di noi capitano queste cose e molte volte
capita di vedere dei musicisti che si sfiancano prima del tempo che si poteva
immaginare o per fortuna che si accasciano al suolo dall’essersi esauriti però
dopo tanto e tanto soddisfacente lavoro. Ma sta volta mi ruga di più la
faccenda, mi da fastidio che sia andata così. Temo che il suo esaurirsi non sia
stato situazione occasionale quella di Pola, e se 1+1=2, allora La
Radiolina+Concerto di Pola=risultato discutibile. Chissà le altre date da due
anni fin qui come sono andate.
E allora mi sorge la domanda Che fine ha fatto Manu
Chao? Che fine ha fatto il festaiolo
della rambla che improvvisava feste per strada? Dove e finito quel personaggio
che come un guerriero a capo di un plotone esaltava i compagni?
Mi rimane la soddisfazione di averlo visto nuovamente anche
se con l’amaro in bocca; mi rimane la soddisfazione di averlo visto con la
maglietta del suo tour di sette anni fa che più di qualcuno mi guardava
inviperito perché non ne possedeva una e io lo avevo già visto….e non ne ho
visti altri con magliette di Manu Chao e quelle in vendita faceveno desiderare.
Me lo ricorderò sempre però come Clandestino e Proxima
Estacion Esperanza o come il suo esplosivo live che tanto mi aveva fatto
sentire quella Spagna che nella mia vacanza nella penisola Iberica non avevo
trovato; come colui che come pochi altri ad occhi aperti mi ha fatto immaginare
i paesaggi e le città dell’America
Latina così verdi nelle loro alture dei narco trafficanti o dei guerriglieri, o
nelle sue città afose e polverose dei bar malfamati……tutto come nei film!
Sarà li che spero di poter ritrovare un giorno Manu Chao.
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