Vasco Rossi di certo non ha bisogno di presentazioni, lo conoscono tutti oramai. Chiunque ogni giorno sente un suo brano alla televisione, alla radio o dal finestrino di una macchina che passa, e ciò accada già da tanti anni, e ogni anno va ad aumentare.
Ma come mai accade questo? Perché questo signore della
provincia modenese che oramai ha già 56 anni e che da trenta è entrato nella
vita degli italiani, continua ad incrementare la sua popolarità in modo
esponenziale?
Di questo se n’è sempre parlato poco mentre si e sempre
preferito dare risalto alle cifre e alla vita mondana del signor Rossi nato a Zocca, in provincia di Modena il 7 febbraio del 1952.
Dire che ad un suo concerto hanno partecipato 50.000 persone
e che il suo ultimo lavoro ha raggiunto nuovamente il disco di platino, sono
cose sentite e risentite più volte, ma pochissime volte si è dato spazio al
motivo del suo successo e cosa lo rendo ancora così vivo.
Vasco Rossi ha un dono che ha sfruttato molto bene, ovvero
il saper scrivere testi di canzoni con riferimenti alla vita, riflessioni ed
esperienze; cose che bene o male, chi in un modo chi in un altro, hanno toccato
pure noi, e quindi ci riconosciamo appieno nelle sue parole e per un istante ci
illudiamo d’averle scritte noi stessi. Se poi a questo ci abbiniamo il mezzo di
diffusioni dei suoi testi, ovvero la musica, si mette un altro tassello per
completare il puzzle.
La musica ci accompagna in qualsiasi momento della nostra
vita. Dal mattino quando ci mettiamo in moto per iniziare la nostra giornata
fino alla sera quando spenta la tv e pronti per dormire, con la testa sul
cuscino, un motivetto ci passa per la testa e non ci lascia più. Quindi la
musica, eterna compagna dell’uomo fin dagli albori della civiltà, sempre
presente per cerimonie religiose, pagane, feste e comunicazione.
Abbinate le due componenti, il signor Rossi ha creato un
filone che dura da ben tren’anni, quando nel maggio del 1978 pubblica la sua
prima fatica Ma cosa vuoi che sia una
canzone, (che nonostante sia pubblicata in tutto il paese venderà solamente
in Emilia Romagna), e realizzata con l’aiuto di diversi amici che in seguito
diventeranno colleghi e fidi collaboratori.
Un inizio passato inosservato, che solo l’anno dopo sarà
seguito da Non siamo mica gli Americani contenente Albachiara, il suo successo maggiore,
che darà in seguito il nome al disco per le ristampe di alcuni anni dopo per
attirare maggiore attenzione data la popolarità del brano.
Per il giovane Vasco ciò che l’attende è un cammino in tutta
salita fatto di scontri con la censura, con le radio e la televisione. D’altro
canto ciò che sta avvenendo è il formarsi di un personaggio della musica rock,
e quindi trasgressivo, poco presentabile con testi che allora non erano ancora
tanto digeribili dalla società e dall’opinione pubblica come lo potrebbero
essere oggi. Colpa d’Alfredo che viene censurata dalle radio perché ritenuta
offensiva e razzista segna l’inizio del suo successo: il battesimo della
popolarità che crescerà di giorno in giorno proprio da questo periodo, anche
con la complicità di chi lo riterrà pubblicamente inadeguato a partecipare ad
una nota trasmissione televisiva domenicale.
Il personaggio non piacerà a critici e giornalisti, non
piacerà ai genitori, ma ai suoi coetanei che stufi di sentire la solita musica
italiana guardano, anche grazie al periodo che stanno vivendo, verso il giovane
Vasco ancora con i capelli non tanto lunghi, come un simbolo, una loro
rappresentazione, una loro realizzazione mancata, un sogno, una possibilità di
sfogo o di trasgredire e soprattutto si riconoscono nei suoi testi che man mano
che si prosegue, sono sempre più profondi, e incisivi. L’ironia che aveva
accompagnato diversi testi inizia a diminuire per lasciare spazio a testi seri che
con il corso degli anni successivi, con il continuare del suo lavoro, vedranno
la pubblicazione di inni generazionali che pure a vent’anni di distanza non
perdono lo smalto di allora e il loro significato è sempre molto vivo.
E Vasco Rossi ne ha scritti tanti, apparsi in diversi suoi
lavori nel corso della sua carriera. Addirittura alcuni di questi sono
contenuti nello stesso disco! E sono canzoni queste che l’artista stesso ama,
ama cantare e sentire cantare dal suo pubblico.
Il suo pubblico, il terzo tassello del puzzle; da uno stuolo
composto da quattro gatti, è diventato un popolo.
Dalle piazze romagnole ove nelle sue prima esibizioni
rockettare davanti ad un pubblico che non ancora abituato ad un certo tipo di
musica avrebbe potuto protestare con fischi e insulti soprattutto tra un brano
e l’altro (proprio qui Vasco sceglie la formula di non fare come i cantautori
tanto in voga all’epoca, che parlavano tra una canzone e l’altra, ma eseguire i
brani uno dietro l’altro senza dare spazio ai contestatori di farsi sentire.
Formula che lo accompagna ancora oggi nelle sue esibizioni live), per poi
passare alle date promozionali in giro per le discoteche. Poi negli anni ’80
con l’arrivo di lavori come Cosa succede
in città (1984) e C’è chi dice no
(1985), grazie anche al alcuni fatti di cronaca, la popolarità aumenta e il
pubblico cresce tanto da iniziare ad organizzare le date dei tour in spazi
all’aperto ben più grandi come i campi sportivi o i parchi. E qui inizia l’era
del Blasco e del suo popolo.
Oramai non ci sono più solamente i coetanei del rocker a
seguirlo, ma lo stuolo di fedelissimi si è esteso pure a chi nella metà degli
anni ‘80 ha vent’anni, quindi l’età giusta per iniziare a capire un po’ i versi
dei suoi testi.
I due lavori citati poco fa aprono la strada al Vasco autore
principalmente di canzoni narranti esperienze di vita vissuta, esperienze anche
dure che lasceranno il segno. Commenta dal suo punto di vista la società e
continua a cantare gli stati d’animo per i quali tutti continuano a riconoscersi.
L’ascesa però sta accelerando il suo passo a con gli anni
‘90 appena iniziati si pone fine ad un epoca con il passaggio negli stadi,
strutture dove solamente gli artisti stranieri avevano potuto mettervi piede
fino ad allora. E Vasco vi si aggiunge; tanti erano orami i suoi fan deliranti.
Due testimonianze live di questo periodo di passaggio sono state poi
pubblicate: Fronte del palco (1989),
Vasco Live San Siro 10.7.90 .
Ho detto periodo di passaggio perché la musica da questo
momento non sarà più la stessa. Chiaro che “musicalmente” parlando ci saranno
molti cambiamenti per forza nello stile di eseguire i brani, nelle sonorità e
pure nello scrivere i testi, fatto dovuto anche al cammino inarrestabilmente
normale della vita, ma anche nel
concetto riguardante il modo di presentarsi e gestire il pubblico.
L’ultimo lavoro da studio, Liberi Liberi (1989), segna un baratro di 4 anni con il successivo Gli Spari Sopra (1993). Il pubblico e la critica non si erano per nulla
dimenticati del Blasco, ovvero colui che nel decennio precedente non si era mai
tolto di mezzo con una media di quasi un disco all’anno, ma iniziavano a farlo
proprio nel momento in cui si è ripresentato. Nuova veste, nuovo personaggio
rock cattivo con un lavoro altrettanto cattivo che oltre a cantare il corso
della vita vista da un quarant’enne, cantava pure la rabbia del cittadino
italiano disgustato dei fatti politici di uno, o due anni prima. In quel
periodo Vasco non è stato l’unico a cantare questa rabbia, lo hanno fatto in
molti, ma il suo ritorno e il nuovo modo di suonare più tagliente di prima, con
chitarre pungenti e atmosfere ancor più profonde dei precedenti lavori, porta
nel suo rock una ventata di rock d’oltre oceano che in quel momento tanto pure
in Europa stava andando forte.
Ma è stato l’utlimo vero Vasco, quello che ha inziato l’era
dei suoi lunghi e pieni tour negli stadi davanti a folle oceaniche, il Vasco
che da li a poco estenderà la sua musica adeguata ai tempi pure alle
generazioni dell’elettronica, e per un certo verso deluderà i fan di vecchia
data.
Gli Spari Sopra rappresenta una pietra miliare del rock
italiano forse ancor più di Cosa succede in città e C’è chi dice no, non tanto
a livello musicale, ma per quello che Vasco è stato capace di creare e mettere
insieme. Testi sublimi e commoventi accompagnati da musiche studiate nel minimo
dettaglio. Di sicuro non il Vasco più difficile da capire, ma di certo il più
bello e profondo.
Da ora in poi però cambieranno diverse cose e la
consacrazione avverrà con non pochi punti di domanda riguardanti l’ennesimo
adeguamento dell’artista alle mode, alle sonorità del momento che cambiano per
poter rimanere al passo con i tempi.
Non che sia stato l’unico a farlo, anzi è prassi dovuta per
tutti coloro che si trovano a cavalcare per così a lungo e quindi per forza di
cose o per sperimentazione vogliono rinnovarsi. Fatto sta che in questi momenti
le critiche non mancano. I fan i vecchia data potrebbero accusare di tradimento
e di essersi venduto al commercio ancor più sfrenato o ancor peggio di credere
nell’essersi esaurita la vena produttiva del proprio idolo; altri invece
accettano e giudicano queste svolte come un sapersi rinnovare.
Siamo nel 1996,Nessun
Pericolo per te. L’album della svolta tra il vecchio Vasco dal rock buono e
sanguigno e il nuovo Vasco con i capelli un po’ più corti, meno cattivo dalle
sonorità elettroniche e programmate.
Da qui alla consacrazione definitiva del successo di massa,
il passo è breve e molto veloce anche perché nel frattempo dopo poco più di
vent’anni di musica il suo pubblico è aumentato a dismisura.
Dal 1998 ad oggi sono stati pubblicati 5 dischi da studio
realizzati negli studi più rinomati e sofisticati del mondo con la complicità
di musicisti come Vinnie Colajuta, Lee Sklar e Tony Levin.
Non sono forse tra i suoi migliori lavori, Buoni o Cattivi forse è il migliore di
questi, ma una cosa è certa; Vasco è cambiato.
Dopo una breve apparizione a capelli corti e vestito
elegantemente con camicia e pantaloni neri nel periodo di Canzoni per me (1998), il suo periodo musicalmente non troppo bello
di certo, e la storica data del Jammin Festival di Imola alla sua prima
edizione davanti ad 100.000 persone, Vasco diventa un marchio, una moda, un
simbolo ed è l’apoteosi e la conferma che dura tuttora.
Il Vasco dell’ultimo decennio è ben diverso da quello dei
precedenti anni ’80 e ’90 non solo dal punto di vista musicale ma anche delle
composizioni. I testi cattivi scompaiono e torna in auge in diversi casi
quell’ironia dei primi lavori che tanto facevano sorridere e riescono a farlo
ancora oggi.
Il tema rimasto molto caro è la vita di coppia e l’amore,
che più volte appariranno tra i suoi testi che saranno i cavalli di battaglia
del nuovo Vasco idolo delle nuove leve, del suo popolo, delle folle oceaniche.
A tirare le somme Vasco Rossi è un personaggio che piace
oppure no. Molto difficilmente si troverà qualcuno nella fascia centrale
del”insomma…..”. E’ arrivato nel momento giusto in un paese come l’Italia, dove
si creavano dei cloni di tutto quello che i paesi anglosassoni offrivano di
dolce, carino e adorabile; lui ha
proposto il rock. Lo ha fatto per trentanni e lo ha proposto a modo suo. In
questi tre decenni è passato attraverso le mode e gli stili musicali del momento
tenendo il passo con i tempi. Ha abbandonato le sonorità e i cori degli inizi
per passare agli anni ’80 inserendo i fiati e la chitarra basso suonata in
“slap”, per poi invadere in ritardo l’ultima decade del secolo scorso con le
sonorità da rock duro e mantenerle solo in parte per poter poi inserire
batterie elettroniche e programmazioni del nuovo millennio. Quindi ha raccolto
diverse generazioni al suo seguito; generazioni che hanno vissuto e vivono con
lui, generazioni che sono cresciute con le sue canzoni e queste ultime che con
le sue canzoni sono nate. Ha saputo correre con loro nonostante tutto il suo
fulcro delle canzoni sia sempre stata la vita e non sempre raccontata in
maniera semplice.
Pure con la moda ha saputo tener il passo e dare una regola
fino a creare quasi uno stile costituito da maglietta attillata con strisce
colorate lungo i lati, cappellino militare, occhiali da sole, jeans e stivali. Mai come in questo periodo i suoi
fan hanno subito l’influenza nel vestire.
Ha addirittura saputo anticipare i tempi adoperando i mezzi del
progresso come internet trasmettendo i suoi concerti del 1999 via rete,
mettendo a disposizione il video de Gli
Angeli (diretto da Roman Polanski e costato 600 milioni delle allora lire)
nel 1997, fino all’apertura del portale vascowelovesyou.it dello scorso maggio,
tramite il quale si potevano scrivere messaggi di ringraziamento al sig. Rossi
oppure fare dediche sia video che audio di propria realizzazione a chi si
voleva tramite l’upload del sito.
Se prima non era accettato nelle trasmissioni televisive,
ora fanno a botte per averlo e lui non sempre accetta di partecipare. Le sue
canzoni sono divenuti spot pubblicitari e colonne sonore di film.
I riconoscimenti non si sono mai sprecati e sono addirittura
aumentati; le collaborazioni come autore di testi per altri cantanti sono
innumerevoli e ciò dimostra la sua affermazione (Patty Pravo, Ladri di
biciclette, Paola Turci, Irene Grandi, e sono solo alcuni) e possiede una
scuderia motociclista la
Vasco Rossi Racing.
Oramai il suo nome e il suo marchio fanno parte della
società italiana, è entrato nell’italianità di ogni uno di noi che lo vogliamo
o no, perché come detto e coniato da lui stesso per se stesso il termine
“sempre scomodo” oppure “provocautore”.
Chiamiamolo Vasco Rossi, chiamiamolo il Blasco o più
semplicemente Vasco, ma come riportato sull’ultima pagina del suo debutto
bibliografico Diario di Bordo del
1996 “Vasco Rossi è l’unico cantautore rock italiano. E non c’è altro da dire”!
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