foto di Davide Carrer
Non era mica scontato che i Mogwai potessero suonare dalle nostre
parti. Ci vorrà un bel po’ di tempo per poterli rivedere in zona se mai accadrà
di nuovo. Chi non ha colto l’occasione per questo concerto di Sesto al Reghena, ha davvero sciupato
una buona occasione. Bisogna stare attenti al programma che offre il Sexto‘Nplugged (Associazione Cultura Sexto), ogni anno diverso e ogni anno con nomi
interessanti. Ininterrottamente, per un centinaio di minuti circa, il Piazzale
del Castello si è riempito di manti musicali alternati a solide muraglie sonore
dove cozzare improvvisamente dopo che i primi evocavano lontani e delicati
paesaggi autunnali riscaldati da un tiepido sole basso. Tutto questo succedeva lunedì
9 luglio ad opera degli scozzesi Mogwai, uno dei nomi più rappresentativi e
longevi della scena Post Rock.
Stiamo parlando di una delle prime band che possono venir in mente quando si
tira in ballo questo argomento e sicuramente tra quelli a cui è doveroso
riconoscere il merito di aver sdoganato questo genere. Non per nulla trovano spazio
pure loro nel libro Post Rock e oltre,
introduzione alle musiche del 2000 (aut. Cilia e Bianchi, ed. Giunti), un
interessante libro dedicato a questo genere e che in quasi due centinaia di
pagine riassume e incuriosisce per questo mondo musicale. Tredici i brani
previsti in scaletta, compreso l’encore. Una selezione di quanto prodotto in ventitré
anni di attività durante i quali sono stati realizzati due live, ben quattro
colonne sonore e dieci dischi in studio, tra i quali l’ultimo Every country’s sun del settembre 2017
e dal quale sono state eseguite alcune tracce durante la serata. La nebbiosa
atmosfera creatasi sul palco e spinta dalle luci tra il pubblico che cercava di
ricomporsi, alla fine stentava a dissolversi. L’impianto aveva smesso di
rombare ma le orecchie fischiavano e i corpi vibravano ancora.
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