martedì 14 febbraio 2012

VASCO ROSSI, L’uomo che hai di fronte (settembre 2008)

di Cristiano Pellizzaro



Vasco Rossi di certo non ha bisogno di presentazioni, lo conoscono tutti oramai. Chiunque ogni giorno sente un suo brano alla televisione, alla radio o dal finestrino di una macchina che passa, e ciò accada già da tanti anni, e ogni anno va ad aumentare.
Ma come mai accade questo? Perché questo signore della provincia modenese che oramai ha già 56 anni e che da trenta è entrato nella vita degli italiani, continua ad incrementare la sua popolarità in modo esponenziale?
Di questo se n’è sempre parlato poco mentre si e sempre preferito dare risalto alle cifre e alla vita mondana del signor Rossi nato a Zocca, in provincia di Modena il 7 febbraio del 1952.
Dire che ad un suo concerto hanno partecipato 50.000 persone e che il suo ultimo lavoro ha raggiunto nuovamente il disco di platino, sono cose sentite e risentite più volte, ma pochissime volte si è dato spazio al motivo del suo successo e cosa lo rendo ancora così vivo.
Vasco Rossi ha un dono che ha sfruttato molto bene, ovvero il saper scrivere testi di canzoni con riferimenti alla vita, riflessioni ed esperienze; cose che bene o male, chi in un modo chi in un altro, hanno toccato pure noi, e quindi ci riconosciamo appieno nelle sue parole e per un istante ci illudiamo d’averle scritte noi stessi. Se poi a questo ci abbiniamo il mezzo di diffusioni dei suoi testi, ovvero la musica, si mette un altro tassello per completare il puzzle.
La musica ci accompagna in qualsiasi momento della nostra vita. Dal mattino quando ci mettiamo in moto per iniziare la nostra giornata fino alla sera quando spenta la tv e pronti per dormire, con la testa sul cuscino, un motivetto ci passa per la testa e non ci lascia più. Quindi la musica, eterna compagna dell’uomo fin dagli albori della civiltà, sempre presente per cerimonie religiose, pagane, feste e comunicazione.
Abbinate le due componenti, il signor Rossi ha creato un filone che dura da ben tren’anni, quando nel maggio del 1978 pubblica la sua prima fatica Ma cosa vuoi che sia una canzone, (che nonostante sia pubblicata in tutto il paese venderà solamente in Emilia Romagna), e realizzata con l’aiuto di diversi amici che in seguito diventeranno colleghi e fidi collaboratori.
Un inizio passato inosservato, che solo l’anno dopo sarà seguito da Non siamo mica gli Americani contenente Albachiara, il suo successo maggiore, che darà in seguito il nome al disco per le ristampe di alcuni anni dopo per attirare maggiore attenzione data la popolarità del brano.
Per il giovane Vasco ciò che l’attende è un cammino in tutta salita fatto di scontri con la censura, con le radio e la televisione. D’altro canto ciò che sta avvenendo è il formarsi di un personaggio della musica rock, e quindi trasgressivo, poco presentabile con testi che allora non erano ancora tanto digeribili dalla società e dall’opinione pubblica come lo potrebbero essere oggi. Colpa d’Alfredo che viene censurata dalle radio perché ritenuta offensiva e razzista segna l’inizio del suo successo: il battesimo della popolarità che crescerà di giorno in giorno proprio da questo periodo, anche con la complicità di chi lo riterrà pubblicamente inadeguato a partecipare ad una nota trasmissione televisiva domenicale.
Il personaggio non piacerà a critici e giornalisti, non piacerà ai genitori, ma ai suoi coetanei che stufi di sentire la solita musica italiana guardano, anche grazie al periodo che stanno vivendo, verso il giovane Vasco ancora con i capelli non tanto lunghi, come un simbolo, una loro rappresentazione, una loro realizzazione mancata, un sogno, una possibilità di sfogo o di trasgredire e soprattutto si riconoscono nei suoi testi che man mano che si prosegue, sono sempre più profondi, e incisivi. L’ironia che aveva accompagnato diversi testi inizia a diminuire per lasciare spazio a testi seri che con il corso degli anni successivi, con il continuare del suo lavoro, vedranno la pubblicazione di inni generazionali che pure a vent’anni di distanza non perdono lo smalto di allora e il loro significato è sempre molto vivo.
E Vasco Rossi ne ha scritti tanti, apparsi in diversi suoi lavori nel corso della sua carriera. Addirittura alcuni di questi sono contenuti nello stesso disco! E sono canzoni queste che l’artista stesso ama, ama cantare e sentire cantare dal suo pubblico.
Il suo pubblico, il terzo tassello del puzzle; da uno stuolo composto da quattro gatti, è diventato un popolo.
Dalle piazze romagnole ove nelle sue prima esibizioni rockettare davanti ad un pubblico che non ancora abituato ad un certo tipo di musica avrebbe potuto protestare con fischi e insulti soprattutto tra un brano e l’altro (proprio qui Vasco sceglie la formula di non fare come i cantautori tanto in voga all’epoca, che parlavano tra una canzone e l’altra, ma eseguire i brani uno dietro l’altro senza dare spazio ai contestatori di farsi sentire. Formula che lo accompagna ancora oggi nelle sue esibizioni live), per poi passare alle date promozionali in giro per le discoteche. Poi negli anni ’80 con l’arrivo di lavori come Cosa succede in città (1984) e C’è chi dice no (1985), grazie anche al alcuni fatti di cronaca, la popolarità aumenta e il pubblico cresce tanto da iniziare ad organizzare le date dei tour in spazi all’aperto ben più grandi come i campi sportivi o i parchi. E qui inizia l’era del Blasco e del suo popolo.
Oramai non ci sono più solamente i coetanei del rocker a seguirlo, ma lo stuolo di fedelissimi si è esteso pure a chi nella metà degli anni ‘80 ha vent’anni, quindi l’età giusta per iniziare a capire un po’ i versi dei suoi testi.
I due lavori citati poco fa aprono la strada al Vasco autore principalmente di canzoni narranti esperienze di vita vissuta, esperienze anche dure che lasceranno il segno. Commenta dal suo punto di vista la società e continua a cantare gli stati d’animo per i quali tutti continuano a riconoscersi.
L’ascesa però sta accelerando il suo passo a con gli anni ‘90 appena iniziati si pone fine ad un epoca con il passaggio negli stadi, strutture dove solamente gli artisti stranieri avevano potuto mettervi piede fino ad allora. E Vasco vi si aggiunge; tanti erano orami i suoi fan deliranti. Due testimonianze live di questo periodo di passaggio sono state poi pubblicate: Fronte del palco (1989), Vasco Live San Siro 10.7.90 .
Ho detto periodo di passaggio perché la musica da questo momento non sarà più la stessa. Chiaro che “musicalmente” parlando ci saranno molti cambiamenti per forza nello stile di eseguire i brani, nelle sonorità e pure nello scrivere i testi, fatto dovuto anche al cammino inarrestabilmente normale  della vita, ma anche nel concetto riguardante il modo di presentarsi e gestire il pubblico.
L’ultimo lavoro da studio, Liberi Liberi (1989), segna un baratro di 4 anni con il successivo Gli Spari Sopra (1993). Il pubblico e la critica non si erano per nulla dimenticati del Blasco, ovvero colui che nel decennio precedente non si era mai tolto di mezzo con una media di quasi un disco all’anno, ma iniziavano a farlo proprio nel momento in cui si è ripresentato. Nuova veste, nuovo personaggio rock cattivo con un lavoro altrettanto cattivo che oltre a cantare il corso della vita vista da un quarant’enne, cantava pure la rabbia del cittadino italiano disgustato dei fatti politici di uno, o due anni prima. In quel periodo Vasco non è stato l’unico a cantare questa rabbia, lo hanno fatto in molti, ma il suo ritorno e il nuovo modo di suonare più tagliente di prima, con chitarre pungenti e atmosfere ancor più profonde dei precedenti lavori, porta nel suo rock una ventata di rock d’oltre oceano che in quel momento tanto pure in Europa stava andando forte.
Ma è stato l’utlimo vero Vasco, quello che ha inziato l’era dei suoi lunghi e pieni tour negli stadi davanti a folle oceaniche, il Vasco che da li a poco estenderà la sua musica adeguata ai tempi pure alle generazioni dell’elettronica, e per un certo verso deluderà i fan di vecchia data.
Gli Spari Sopra rappresenta una pietra miliare del rock italiano forse ancor più di Cosa succede in città e C’è chi dice no, non tanto a livello musicale, ma per quello che Vasco è stato capace di creare e mettere insieme. Testi sublimi e commoventi accompagnati da musiche studiate nel minimo dettaglio. Di sicuro non il Vasco più difficile da capire, ma di certo il più bello e profondo.
Da ora in poi però cambieranno diverse cose e la consacrazione avverrà con non pochi punti di domanda riguardanti l’ennesimo adeguamento dell’artista alle mode, alle sonorità del momento che cambiano per poter rimanere al passo con i tempi.
Non che sia stato l’unico a farlo, anzi è prassi dovuta per tutti coloro che si trovano a cavalcare per così a lungo e quindi per forza di cose o per sperimentazione vogliono rinnovarsi. Fatto sta che in questi momenti le critiche non mancano. I fan i vecchia data potrebbero accusare di tradimento e di essersi venduto al commercio ancor più sfrenato o ancor peggio di credere nell’essersi esaurita la vena produttiva del proprio idolo; altri invece accettano e giudicano queste svolte come un sapersi rinnovare.
Siamo nel 1996,Nessun Pericolo per te. L’album della svolta tra il vecchio Vasco dal rock buono e sanguigno e il nuovo Vasco con i capelli un po’ più corti, meno cattivo dalle sonorità elettroniche e programmate.
Da qui alla consacrazione definitiva del successo di massa, il passo è breve e molto veloce anche perché nel frattempo dopo poco più di vent’anni di musica il suo pubblico è aumentato a dismisura.
Dal 1998 ad oggi sono stati pubblicati 5 dischi da studio realizzati negli studi più rinomati e sofisticati del mondo con la complicità di musicisti come Vinnie Colajuta, Lee Sklar e Tony Levin.
Non sono forse tra i suoi migliori lavori, Buoni o Cattivi forse è il migliore di questi, ma una cosa è certa; Vasco è cambiato.
Dopo una breve apparizione a capelli corti e vestito elegantemente con camicia e pantaloni neri nel periodo di Canzoni per me (1998), il suo periodo musicalmente non troppo bello di certo, e la storica data del Jammin Festival di Imola alla sua prima edizione davanti ad 100.000 persone, Vasco diventa un marchio, una moda, un simbolo ed è l’apoteosi e la conferma che dura tuttora.
Il Vasco dell’ultimo decennio è ben diverso da quello dei precedenti anni ’80 e ’90 non solo dal punto di vista musicale ma anche delle composizioni. I testi cattivi scompaiono e torna in auge in diversi casi quell’ironia dei primi lavori che tanto facevano sorridere e riescono a farlo ancora oggi.
Il tema rimasto molto caro è la vita di coppia e l’amore, che più volte appariranno tra i suoi testi che saranno i cavalli di battaglia del nuovo Vasco idolo delle nuove leve, del suo popolo, delle folle oceaniche.
A tirare le somme Vasco Rossi è un personaggio che piace oppure no. Molto difficilmente si troverà qualcuno nella fascia centrale del”insomma…..”. E’ arrivato nel momento giusto in un paese come l’Italia, dove si creavano dei cloni di tutto quello che i paesi anglosassoni offrivano di dolce, carino  e adorabile; lui ha proposto il rock. Lo ha fatto per trentanni e lo ha proposto a modo suo. In questi tre decenni è passato attraverso le mode e gli stili musicali del momento tenendo il passo con i tempi. Ha abbandonato le sonorità e i cori degli inizi per passare agli anni ’80 inserendo i fiati e la chitarra basso suonata in “slap”, per poi invadere in ritardo l’ultima decade del secolo scorso con le sonorità da rock duro e mantenerle solo in parte per poter poi inserire batterie elettroniche e programmazioni del nuovo millennio. Quindi ha raccolto diverse generazioni al suo seguito; generazioni che hanno vissuto e vivono con lui, generazioni che sono cresciute con le sue canzoni e queste ultime che con le sue canzoni sono nate. Ha saputo correre con loro nonostante tutto il suo fulcro delle canzoni sia sempre stata la vita e non sempre raccontata in maniera semplice.
Pure con la moda ha saputo tener il passo e dare una regola fino a creare quasi uno stile costituito da maglietta attillata con strisce colorate lungo i lati, cappellino militare, occhiali da sole, jeans  e stivali. Mai come in questo periodo i suoi fan hanno subito l’influenza nel vestire.
Ha addirittura saputo anticipare i tempi adoperando i mezzi del progresso come internet trasmettendo i suoi concerti del 1999 via rete, mettendo a disposizione il video de Gli Angeli (diretto da Roman Polanski e costato 600 milioni delle allora lire) nel 1997, fino all’apertura del portale vascowelovesyou.it dello scorso maggio, tramite il quale si potevano scrivere messaggi di ringraziamento al sig. Rossi oppure fare dediche sia video che audio di propria realizzazione a chi si voleva tramite l’upload del sito.
Se prima non era accettato nelle trasmissioni televisive, ora fanno a botte per averlo e lui non sempre accetta di partecipare. Le sue canzoni sono divenuti spot pubblicitari e colonne sonore di film.
I riconoscimenti non si sono mai sprecati e sono addirittura aumentati; le collaborazioni come autore di testi per altri cantanti sono innumerevoli e ciò dimostra la sua affermazione (Patty Pravo, Ladri di biciclette, Paola Turci, Irene Grandi, e sono solo alcuni) e possiede una scuderia motociclista la Vasco Rossi Racing.
Oramai il suo nome e il suo marchio fanno parte della società italiana, è entrato nell’italianità di ogni uno di noi che lo vogliamo o no, perché come detto e coniato da lui stesso per se stesso il termine “sempre scomodo” oppure “provocautore”.
Chiamiamolo Vasco Rossi, chiamiamolo il Blasco o più semplicemente Vasco, ma come riportato sull’ultima pagina del suo debutto bibliografico Diario di Bordo del 1996 “Vasco Rossi è l’unico cantautore rock italiano. E non c’è altro da dire”!

Nessun commento:

Posta un commento