mercoledì 15 febbraio 2012

Una vita progressivamente…Rock! Incontro con Maurizio Giugovaz (novembre 2011)

di Cristiano Pellizzaro

www.myspace.com/latanadeigechi

Tutti noi inseguiamo un sogno, io stesso ne ho uno che rincorro ogni giorno, ma c’è qualcuno che pur rimanendo nel nostro piccolo, è diventato un grande nel suo ambito e ha dato vita a qualcosa per cui tutta la vita ha continuato a percorrere la stessa strada perfezionandosi di giorno in giorno.
Maurizio Giugovaz è il curatore della Fiera del Disco usato e da Collezione che per due volte ogni anno a Trieste, nell’ambito delle iniziative dell’Associazione Musica Libera, da la possibilità agli appassionati e non solo, di ampliare la loro conoscenza mediante incontri e scambi di opinioni, oltre che ricercare e poter trovare un disco al quale si tiene particolarmente.
Seduti al tavolo di un bar, all’inizio della serata di sabato 1 ottobre 2011, iniziamo a chiacchierare.

C.P.: Sei pronto?
M.G.: Assolutamente. Quando vuoi si parte!

C.P.: Le prime domande saranno di quelle brevi dalla risposta veloce.
M.G.: Va bene.

C.P.: Il primo disco o i primi dischi che hai comprato e l’anno. Se non ti ricordi di preciso data e titoli, puoi anche andare a memoria.
M.G.: Ricordo due 45 giri: Future Woman dei Rockets, e Radioactivity dei Kraftwerk, molto vicino al genere da me tutt’ora seguito. Avevo 12 anni ed era il 1976. Sicuramente li ho comprati in Viale XX settembre o da Raifon Music o da CentroDisco.
Dei Rockets ricordo pure il concerto di alcuni anni dopo a Borgogrotta Gigante.

C.P.:  A detta di chi c’era, lo spettacolo è iniziato al buio per evitare di far vedere i musicisti, ma il chiaro di luna piena illuminava molto bene e la luce si rifletteva sulla pelle  argentata dei musicisti che quindi si vedevano perfettamente. Qualcuno ricorda anche che uno dei musicisti, che salendo le scale del palco deve essere inciampato e cadendo si è sentito un gran rumore di chitarra.
Proseguiamo con il nostro lavoro ora. I dati: quanto materiale pensi di possedere complessivamente?
M.G.: La mia collezione oggi si è ridotta a 900 Lp e 4500 cd. Gli Lp sono presenti in minor numero in quanto ho effettuato una scrematura. Poi ci sono le varie riviste e fanzine che possiedo; di quelle ne ho a quintali. Inquantificabili! Per non parlare dei varii dvd, pubblicazioni monografiche e generali, libri su singoli artisti ed enciclopedie, guide al collezionismo, in italiano ed inglese, da agevoli manuali "quasi tascabili" a ponderosi volumi da trauma cranico se gettati in testa a qualcuno...hai voglia…!


C.P.: La tua più grossa soddisfazione intesa come acquisto di un Lp o di un Cd; il disco che hai voluto e che hai cercato senza mollare un attimo.
M.G.: Si tratta di un disco pubblicato dalla Liberty Label; un lavoro degli High Tide del 1969, dal titolo Sea Shanties. L’ho trovato non tanti anni fa e ti dirò di più, ne ho prese due copie; una di edizione americana e un'altra di edizione inglese.
Gli High Tide, sono un gruppo conosciuto non da molti, ma comprende di tutto; dal rock al folk. Lo cercavo da molto tempo e soprattutto lo ricercavo in ottime condizione. Poi  tramite un amico di Trieste ho scovato una copia e l’altra ad una fiera del disco. Nel giro di pochi mesi ne ho trovati addirittura due. Il tutto non più di 4 anni fa. Non è che sia introvabile, ma la ricerca si era fatta difficile perché lo cercavo intonso. Ne ho prese due copie perché l’edizione inglese ha la copertina confezionata con carta rugosa e facilmente deteriorabile, quella americana invece è realizzata in carta patinata e si conserva molto meglio.
Lo considero uno dei 5 dischi da isola deserta, se non addirittura il primo.

C.P.: Ok, con la domanda successiva ti puoi lasciare andare.
La tua specializzasione è il Progressive Rock.
M.G.: Il Progressive Rock è un genere per il quale la gente ancora oggi si chiede cosa sia effettivamente. E’ un genere apparso alla fine degli anni 60 che fondeva le sue radici nella musica Classica, nel Folk, nel Blues e altri generi già esistenti, ma cambiò le cose del tutto con il suo avvento. All’epoca però era avanguardia e precisamente non si può definire quale sia il primo disco progressive in assoluto. Tanti citano i King Crimson come pionieri del genere, anche se già i Beatles avevo fatto qualcosa che volendo si potrebbe definire Progressive. Lo stesso vale anche per i nomi delle band che vengono inserite sotto l’etichetta del genere Progressive. Ad esempio Frank Zappa; per certe cose era pure lui Progressive, ma era anche Rock e Jazz. Lui è difficile da etichettare. Il Progressive rock è un genere vasto che sconfina in altri generi. Per quanto mi riguarda i migliori di questo ambito, il primo gruppo che  ho amato e che si possono ricondurre nella corrente sinfonico-classica sono stati i Genesis del periodo Peter Gabriel. Quindi fino al 1975.

(Da questo momento in poi Maurizio sarà come un fiume in piena, e sarà un piacere ascoltarlo!)

C.P.: Come mai questo genere così particolare?
M.G.: Premetto che non ho fratelli maggiori che mi hanno iniziato alla musica e nemmeno mio padre può centrare perché a lui piace suonare la fisarmonica.
Ovviamente i primi dischi che ho ascoltato non erano Progressive. Dovevo ancora centrale il bersaglio. Quanto inizi ad ascoltare tanta musica, diventi selettivo e inizi a fare una scrematura di quello che ti interessa veramente. Posso dire che tutto è iniziato nel 1977, quando ero un ragazzino che non era stato toccato dal Punk. Ricordo i vicini di casa più grandi di me di tre o quattro anni, che organizzarono una festa a casa loro. La disco music stava appena nascendo ed era il periodo in cui ancora si organizzavano le feste a casa per ascoltare musica rock sul giradischi. Si invitavano a casa gli amici per ascoltare l’ultimo successo o novità che si erano comperati. Si toglievano i cellophanne dalle copertine…
I due ragazzi miei vicini di casa, fratello e sorella, al termine della serata mi consegnarono un pacco di dischi tra i quali c’erano Pink Floyd (Meddle e Ummagumma), Genesis (Seconds Out Live appena uscito) e Tangerine Dream. Roba che per me al momento era inusitata. Con quella roba mi avevano shoccato. Fino al giorno prima ascoltavo pop e tutto quello che ascoltavano i miei amici e coetanei. Quindi non è che sono stato “illuminato sulla via di Damasco”. Erano cose difficili da capire e ascoltare. E’ stata una cosa a scoppio ritardato. Quel pacchetto di dischi però mi ha forgiato. In poco tempo ho iniziato a mettere da parte le sonorità pop per passare a quelle più complesse. Iniziavo a fare da solo le traduzioni dei testi con il vocabolario. All’epoca non si trovavano dentro i dischi le traduzioni delle canzoni. E poi tradurre i testi dei Genesis scritti da Gabriel, con tripli sensi, così criptici che nemmeno gli inglesi riuscivano a capire. Non era facile tradurli.
Insomma sto pacchetto di dischi: la sera della festa, quando tutti vanno via, la ragazza mi trova ad origliare e mi passa la musica della loro serata.
Al primo momento mi faceva strano ma pian piano iniziai ad appassionarmi e ad effettuare una ricerca. Cosa difficile all’epoca in quanto libri, enciclopedie e soprattutto internet non esistevano.
In questo modo è nata anche la mia passione musicale dal punto di vista enciclopedico, quindi fare ordine nella discografia, studiare le formazioni delle band e vivere la musica anche dal punto di vista del cambio della line-up cercando di capire il motivo per il quale un musicista decideva di abbandonare la band, e cercare di capire i testi e i loro significati. Non era facile reperire quelle informazioni. A tal proposito ricordo che in quegli anni era molto conosciuta una rivista italiana che si chiamava Ciao2001.
Ricordo anche che per la festa di compleanno dei 15 anni, ho ricevuto in regalo dagli amici L’Enciclopedia del Rock, edizione italiana dell’originale The Illustarated New Musical Express Encyclopedia of Rock.
 L’ho divorata in brevissimo tempo. Era la traduzione italiana di qualcosa uscito alcuni anni prima. Se non ricordo male, alla fine, c’era anche una pagina dedicata alle rock band italiane che per noi al momento non esistevano; dovevamo iniziare ad ascoltare ancora quelle americane. I nomi del Banco o della Pfm li avevo già sentiti sì, ma eravamo nel 1979 quindi il Progressive, soprattutto quello italiano, erano un articolo mortis. In quel periodo lì le nostre band facevano cose per le quali si erano dovute adeguare alle esigenze di mercato. La discografia aveva foraggiato e sfruttato le band fino a che era il momento giusto. Poi le ha abbandonate.


C.P.: Passiamo ad un argomento più recente; La Fiera del Disco. Com’è nata l’idea di organizzarla?
M.G.: Cominciamo dall’inizio allora. Per molto tempo ho frequentato varie fiere del disco come acquirente sia in Italia che all’estero, in Europa, spendendo un bel po’ di soldi. Poi ho iniziato a fare l’espositore alle varie kermesse alle quali avevo la possibilità di partecipare. All’ultima edizione della fiera di Trieste svoltasi alla Stazione Marittima, non ancora organizzata da noi e di cui non ricordo l’anno in cui si è svolta, alla fine della giornata si avvicina al mio banco una persona che non conoscevo e che non conosceva nulla di Progressive. Questa persona non era a digiuno perché partiva dal basso ma perchè le sue basi musicali erano Luciano Berio, Stockhausen, John Cage e Zappa. Voleva quindi conoscere qualcos’altro, approfondire le proprie conoscenze e capire chi e cosa fossero gruppi come i Genesis e i Van Der Graaf Generator. Non era mia intenzione spennare quel tale come fanno certi espositori al loro banchetto vantandosi della loro merce. Mi chiede dunque un consiglio su qualcosa di esposto sul mio banco, io gli parlo di una decina di titoli e lui li comprati tutti senza esitare.
Quella persona era Davide Casali, maestro in clarinetto, direttore d’orchestra e ora presidente dell’Associazione Musica Libera.
Mi faceva strano che si fosse interessato a quel genere in quanto lui arrivava da una formazione classica, quindi dal top della musica e faceva il percorso inverso che fanno gli altri. Solitamente uno parte dalla musica pop e passa poi verso generi e ambiti più ricercati.
Dopo quell’incontro durante il quale ci siamo scambiati i numeri di telefono, mi contatta per organizzare la fiera nell’ambito degli eventi di Musica libera. Non era ancora stato realizzato ancora alcun concerto, ma da lì a poco ci sarebbe stato il primo di una lunga serie e fu quello delle Orme in Piazza Unità. Era il luglio del 2004.
Le prime edizioni della Fiera del Disco da noi organizzate si svolsero alle Torri d’Europa, al piano ristoro con un buon successo di pubblico. Forse troppo disertate dei collezionisti, perché chi cerca un disco raro evita la fiera presa d’assalto delle masse per evitare di doversi trovare davanti al banchetto fianco a fianco con  uno con il cane a passeggio che quel giorno non sa cosa fare. A Tal proposito ti dirò che in Inghilterra esiste una formula di pre-admission, ovvero paghi un po’ di più ed entri alla fiera prima del pubblico generico così hai più possibilità di effettuare una determinata ricerca con tutta calma. Ovviamente questa è un’iniziativa che si rivolge esclusivamente ai ricercatori. Cosa che vorremmo fare anche noi qui a Trieste.
Il passo successivo è il 23 aprile del 2006, in abbinamento con il concerto del Balletto di Bronzo, la prima Fiera del Disco si svolge a Chiarbola.
Diciamo quindi che da quell’incontro tra cliente-acquirente si sono incontrate due persone giuste nel momento giusto. Davide, come già detto è Presidente dell’Associazione Musica libera e per  quanto riguarda la Fiera del Disco cura gli aspetti amministrativi, contrattuali e manageriali; io sono il curatore e mi occupo degli aspetti tecnici, quindi contatti con gli espositori, reperibilità dei banchi da esposizione, disposizione degli espositori e quant’altro concerne la qualità logistica e di svolgimento della fiera in generale.
Due mentalità: quelle imprenditoriale di Davide e quella mia “fieristica” maturata negli anni prima durante i quali avevo comperato e poi venduto. Senza parlare di tutti i contatti e canali di cui ero in possesso oltre alla conoscenza del mondo del collezionismo.




C.P.: Cosa significa organizzare una fiera del disco?
M.G.: E’ una cosa per nulla facile. Considera che abbiamo circa 70 espositori non soltanto italiani, che tra l’altro sono molto validi, ma anche sloveni, croati e ungheresi. Di qualità sono quelli austriaci e tedeschi che sono lo zoccolo duro e fanno la differenza alla nostra fiera che non è azzardato definire internazionale e giunta alla decima edizione. E gli espositori stranieri stanno aumentando. Già così con questi dati per quanto riguarda l’organizzazione dell’evento ti lascio intendere cosa voglia dire “…organizzare una fiera del disco”.
Poi c’è la promozione, quindi poster da stampare e da distribuire tra Trieste, Udine e il resto della Regione. Da non dimenticare le tasse per affiggerli.
Ricordo ancora la promozione che avevo fatto per la nostra prima fiera; alcune settimane prima ero andato a Milano dove si teneva la consueta manifestazione, solamente per distribuire volantini e convincere gli espositori e venire da noi a Trieste. Massacrante! Tutto fatto in giornata. Tra il viaggio e il raggiungimento del posto della fiera, tra gli espositori ci sono rimasto in tutto soltanto un paio d’ore.
La Fiera del Disco comunque è una compravendita-scambio di qualsiasi genere musicale audio visivo. La gente non viene solamente per cercare il pezzo raro, ma anche per vendere qualcosa che vuole eliminare o anche per ricercare un cd pubblicato tre mesi prima e per trovarlo quindi a metà prezzo. Poi ovviamente ci sono quelli che vogliono avere un pezzo solamente per il gusto di averlo senza capirne nulla. Ma questo accade anche nella filatelia o nella numismatica.


C.P.: Il materiale, l’informazione e l’aggiornamento per portare avanti la tua passione…
M.G.: Sono iscritto alle mailing list di mezzo mondo, vengo contattato da un numero imprecisato di persone che chiedono informazioni per poter esporre. Per non parlare delle mail inerenti agli eventi progressivi e delle novità discografiche. Non riesco stare dietro a tutto purtroppo.
Tanti mi contattano solamente per chiedere informazioni per sapere a chi rivolgersi per avere una valutazione del materiale in loro possesso. Questa gente però si presenta anche personalmente alla fiera, e qui si va a toccare un tasto dolente perchè una volta le persone chiedevano informazioni sul valore del materiale che avevano a disposizione e facilmente potevano essere gabbati dall’ipotetico acquirente collezionista o conoscitore. Oggi invece, con le riviste specializzate e soprattutto internet, la gente segue quanto pubblicato senza tenere conto dei parametri di valutazione che vengono considerati e resi noti con delle sigle apposite che definiscono il valore sulla base dello stato del disco così come te lo ritrovi in mano in quel momento. I parametri potrebbero essere “mai ascoltato”, “ancora sigillato”, completo di fascicolo interno”, o ancora “perfetto” (copertina non sgualcita, senza scritte a penna), tanto per citare alcuni esempi. Quindi chi possiede e vorrebbe avere una valutazione, non tiene conto di questi fattori ed è convinto di avere in mano una fortuna che però in molti casi è stata deturpata.


C.P.: Un obbiettivo che vorresti raggiungere con la fiera?
M.G.: Ovviamente aumentare il numero di espositori e di pubblico.
Ti faccio un esempio: la più grossa fiera del disco al mondo si tiene a Utrecht in Olanda. Dura tre giorni, ci sono concerti e 700 espositori. La seconda al mondo invece si tiene a Milano e si chiama Vinylmania. Nelle ultime edizioni gli espositori giapponesi e americani l’hanno disertata, quindi significa che sta un po’ perdendo, ma a parte questo, l’ho tirata in ballo perché mi piacerebbe avere degli espositori come quelli citati da altri continenti, ma non è facile. Uno che fa moltissimi chilometri deve avere un riscontro. E al momento non è facile.
Altra cosa che avevo pensato di fare, sarebbe una mostra basata su di una collezione di una band o di un musicista. Quindi una cosa a tema dove la gente non solamente compra ma anche ammira soltanto qualcosa che non è in vendita. Quindi una mostra.
Altra cosa che mi piacerebbe poter realizzare sarebbe quella di portare a Trieste espositori specializzati esclusivamente in Jazz. Quelli però sono una “classe” difficile da convincere a partecipare a questi eventi. Eppure la richiesta da parte del pubblico c’è.

Cose interessanti e altri aneddoti, Maurizio ne avrebbe tanti da raccontare; come del periodo passato a fare lo speaker a Radio Fragola dal 1998 al 2003 assieme all’amico Mr Frank. I due curavano una trasmissione dal nome Babylon Train dedicata al Progressive e all’Hard Rock. Oppure di quella volta che i due hanno vissuto assieme in prima linea il Monsters of Rock nel 1992 e proprio durante una delle giornate hanno incontrato un altro amico triestino che si trovava alla manifestazione per lo smontaggio e l’assistenza del palco. Quest’ultimo regalò agli amici due braccialetti per poter assistere ai concerti direttamente sotto il palco nel corridoio di sicurezza oltre le transenne. Eh sì, anche l’Hard Rock è una gran passione per Maurizio, ma questa è un’altra storia.



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